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SUL CASO DI DOPING DELLA TENNISTA MARIA SHARAPOVA S’ACCENDE UNA NUOVA GUERRA FREDDA TRA RUSSIA E OCCIDENTE. PUTIN NON CREDE ALLA BUONA FEDE DELLA WADA, L’AGENZIA MONDIALE ANTI-DOPING: A MOSCA SI PARLA CHIARAMENTE DI “COMPLOTTO”

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1 - SHARAPOVA, TUTTI I BUCHI DELLA DIFESA CON LEI SOLO QUATTRO RICERCATORI LITUANI

Marco Bonarrigo per il “Corriere della Sera”

 

Il volto contrito della conferenza stampa di lunedì ha ceduto il passo agli ampi sorrisi esibiti ieri sulla spiaggia di Los Angeles, immortalati dai «vecchi cari paparazzi che mi seguono sempre». Maria Sharapova cambia faccia e non solo nelle fotografie. Sulla spiaggia è in short neri e top azzurro, impegnata in un match di racchettoni. Da Facebook arringa i suoi 15 milioni di seguaci: «Sono decisa a continuare a giocare a tennis e spero di avere la possibilità di farlo».

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Lo stuolo di consulenti che non ha saputo spiegarle i rischi del famigerato mildronate - il principio attivo proibito rilevato nel controllo antidoping dell' Australian Open - prepara la strategia difensiva anche sul piano mediatico. Obiettivo: convincere opinione pubblica e tribunale antidoping federale (prima del Tas di Losanna) della buona fede dell' atleta. Sul piano legale la battaglia è ardua.

 

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Guido Valori, professore di Diritto Sportivo alla Lumsa (Libera università degli studi), consulente del Coni ed ex procuratore antidoping: «Il meldonium è inserito nella classe S4 dei prodotti proibiti, ormoni e dei modulatori metabolici. Il Codice Wada è chiaro: 4 anni di squalifica già alla prima infrazione. Il tribunale internazionale del tennis, fino a oggi sempre rigoroso, ha le mani legate. La Sharapova è fortunata se se la cava con 2 anni».

 

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I buchi nella tesi difensiva sono tanti (tranne per la Head, l'industria di racchette che ha fatto un articolato comunicato per annunciare che continuerà a sponsorizzare la campionessa russa). Il meldonium non cura il diabete, di cui la Sharapova dice di essere malata in una fase iniziale.

 

Gli unici a sostenerlo sono quattro ricercatori dell'Istituto Lituano di Ricerca Farmaceutica in tre articoli nemmeno tradotti in inglese, pubblicati su una rivista di secondo piano. Il sospetto che si tratti di ricerche (peraltro testate solo sui ratti) costruite per «spingere» le vendite del farmaco (che già fattura 70 milioni l'anno) è forte: nell' Istituto lavora Ivars Kalvin, l' inventore della molecola.

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La sostanza è proibita sia negli Usa che in Europa. La Sharapova dice di assumerla da dieci anni, ma la posologia prevede cicli di 4-6 settimane per due volte l anno in chi ha problemi d' ischemia grave. Richiesto di spiegare se il farmaco veniva inserito nella lista di quelli assunti regolarmente (ogni atleta la compila prima del controllo antidoping e Maria ne ha subiti 5 in competizione e 8 fuori gara nel 2015), lo staff della tennista ha risposto con un eloquente no comment.

 

Come sperare nello sconto?

Guido Valori: «Vedo pochi appigli. Gli avvocati potrebbero puntare sui dieci casi scoperti in tre mesi per cercare un alibi collettivo e accusare la Wada di aver pubblicizzato male il divieto. Provare a far valere un' autorizzazione all' uso terapeutico retrodatata o ipotizzare uno smaltimento tardivo da parte dell' organismo del farmaco assunto nel 2015, quando non era ancora vietato.

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L' ipotesi di sconto più realistica (e quindi improbabile) è una piena confessione sulla rete di fornitori del farmaco e sui motivi reali dell' assunzione che faccia far valere lo sconto destinato ai "pentiti"».

 

2 - TANTI FINTI INFORTUNI E SCUSE INVEROSIMILI QUANDO SOTTO RETE SI PREFERIVA NON VEDERE

Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”

 

Maria Sharapova non è una prima volta. Anche lo sport dei gesti bianchi non sempre è stato immacolato. Oggi i controlli ci sono. Tanti, a sorpresa, fatti dalla severa e temutissima Wada. A partire dal 2010 i giocatori hanno l'obbligo di dare la propria reperibilità almeno un' ora al giorno, per 365 giorni all' anno. Se salti un test, sei squalificato, come accaduto di recente a Victor Troicki, numero 22 del mondo. Proprio in questi giorni Fabio Fognini, attualmente infortunato, ha raccontato la visita a casa sua dei «tecnici» addetti ai vari prelievi. C'è il problema che i controlli costano, la Federazione internazionale del tennis non investe ancora così tanto nel settore.

Sergey Lavrov Sergey Lavrov

 

Ma prima, e certo non tanto tempo fa, era peggio, molto peggio. E se non altro il caso Sharapova indica la fine del «bando silenzioso», ovvero la squalifica travestita da infortunio, una specie di beneficio che viene applicato soprattutto ai nomi famosi. Nel 2013 ci vollero 6 mesi per capire che il croato Marin Cilic non aveva affatto male al ginocchio, ma stava scontando una sosta ai box causata dall' assunzione di un farmaco proibito. Poi tornò, vinse subito uno Us Open giocando come non mai, ma questo è un altro discorso, che riguarda il sospetto, pratica molto usata nel circuito Atp.

 

PUTIN OBAMA PUTIN OBAMA

Nel luglio del 2011, in forma stellare dopo aver vinto il torneo di casa a Bastad lasciando pochi games a Thomas Berdych e David Ferrer, lo svedese Robin Soderling si ritirò dalla tappa seguente a causa della mononucleosi. Non tornò più.

 

Ha annunciato il proprio ritiro ufficiale nel 2015, quasi in contemporanea alle dichiarazioni del collega francese Gilles Simon, uno piuttosto linguacciuto ma anche sincero, che rese pubblico un sentimento diffuso, e mai verificato fino in fondo, ovvero che quel ritiro fosse una specie di accordo tra gentiluomini per evitare la gogna da una parte e lo scandalo dall' altro. Maria Sharapova non ha avuto questa specie di lasciapassare.

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E non ha potuto inventarsi le scuse da fantascienza che finora sono state una caratteristica dei dopati del tennis, nessuno dei quali, questa è il tratto comune, ha mai ammesso di esserci cascato. Anche in questo, la tennista russa, seppur con mille distinguo, è stata invece costretta a una parziale ammissione e assunzione di responsabilità.

 

Richard GasquetRichard Gasquet

In rapida carrellata, ecco un rapido riassunto delle migliori giustificazioni. L'argentino Mariano Hood arrivò a dire che il Finasteride, farmaco nella lista nera in quanto considerato un agente mascherante, era contenuto in una lozione contro la perdita dei capelli. Nel suo periodo nero dal punto di vista esistenziale, Andre Agassi disse che il Crystal Meth che gli avevano trovato in corpo, una specie di cocaina dei bassifondi, era contenuto in una bibita che gli aveva passato il suo assistente. Trovò giudici disposti invece a bere questa surreale spiegazione, e venne perdonato.

 

L' americano Robert Kendrick attribuì alle pastiglie contro il jet lag la sostanza proibita che gli avevano trovato in corpo, e in questo caso non venne creduto. Andrò meglio all' argentino Mariano Puerta, già recidivo, che beccato nuovamente al Roland Garros del 2005 disse di avere bevuto per sbaglio da un bicchiere che conteneva le medicine contro la nausea della moglie incinta.

Mariano PuertaMariano Puerta

 

Era stato squalificato per 8 anni, la bontà dei suoi argomenti gli fece avere uno sconto di sei anni. Il premio alla giustificazione più inverosimile va comunque a Richard Gasquet, talentuosissimo francese ancora oggi nei top 20, che nel 2009 fu trovato positivo alla cocaina. Scusate, disse, ma in un locale di Miami ho conosciuto una ragazza di nome Pamela, ci siamo dati tanti baci, e così ho ingerito involontariamente la droga che la mia partner aveva assunto. La sua versione dei fatti venne accettata. Il buon nome di Gasquet fu subito riabilitato. Con la reputazione dell'antidoping del tennis e il buon senso ci volle invece più tempo.

 

3 - RUSSIA, LA DIFESA VECCHIO STILE “COMPLOTTO DELL’OCCIDENTE”

Nicola Lombardozzi per “la Repubblica”

 

JOHN FAREY - WADAJOHN FAREY - WADA

Tutto sembra perduto, meglio buttarla in politica. Davanti all’ennesimo scandalo doping tra gli sportivi russi, Vladimir Putin ordina di rispolverare l’antica teoria del complotto: se la macchia si allarga sempre più, se sono quasi del tutto svanite le speranze di veder riammessi gli atleti alle Olimpiadi di Rio, tanto vale accusare il solito Occidente.

 

Succede così che anche un politico celebre per arguzia e buon senso, come il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, si sia trovato stamattina a interrogarsi sul «reale effetto dopante » del Meldonium. Il farmaco che ha messo nei guai nientedimeno che Maria Sharapova e un’altra decina di atleti celebri per prestazioni e medaglie.

 

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«Ho posto alla Wada domande professionali ed esigo risposte professionali». E giù una serie di considerazioni su un farmaco «innocuo» creato nella allora sovietica Lettonia e «assunto da atleti e militari sin dagli anni ‘80». Ma a parte il fatto che non si spiega un tale consumo di una medicina prescritta per disfunzioni cardiovascolari, il controsenso è un altro. E molti atleti, politici e giornalisti, rigorosamente anonimi, lo ammettono con un certo imbarazzo: giusto o sbagliato che sia, il veto all’uso del Meldonium è stato ufficializzato il 30 settembre dell’anno scorso e messo in vigore dal primo gennaio.

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Ma i teorici del complotto non possono perdersi in queste sottigliezze. Stamattina la speciale commissione della Duma, il Parlamento russo, discuterà le contromisure eventuali da prendere per provare a ripulire l’immagine dello Sport russo in contemporanea al vertice di Monaco della Iaaf da cui arrivano solo segnali pessimi.

 

Qualcuno pensa che l’unica carta da giocare per far riammettere gli atleti alle Olimpiadi sarebbe proporre una resa incondizionata e rinunciare a tutti i titoli sportivi dal 2009 ad oggi. Ma la maggioranza sente che anche questo non basterebbe e che tanto vale continuare a scaricare le colpe sugli altri. Il tutto con sfumature diverse. Elena Isinbaeva, saltatrice con l’asta, altra grande bellezza dello sport russo, insiste per esempio sulla linea Lavrov: «Mia nonna prende il meldonium da dieci anni e non ha ottenuto super poteri».

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Il ministro dello Sport Vitalj Mutko invece prova a buttarla sugli interessi: «Farmaci analoghi al Meldonium non sono stati proibiti. Segno che si vuol fare arricchire le aziende americane ed europee che li producono ». Ma esistono anche complotti più fantasiosi. Il presidente della federazione Pattinaggio veloce, Kravotsov, sostiene che il 5 volte campione del mondo Pavel Kulizhnikov «ha bevuto il Meldonium perché qualche invidioso glielo ha messo di nascosto nel bicchiere ». Tesi però contraddetta dal padre di Kulizhnikov: «Le provette che accusano mio figlio sono vecchie, risalgono a quando il farmaco non era proibito. Le hanno conservate apposta e usate al momento giusto». Bella gara a chi la spara più grossa, con i russi ormai preoccupati per l’appuntamento più atteso: i mondiali di calcio 2018.

 

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