“CI PUNTAVANO LE PISTOLE ALLA TESTA…” – MARCHISIO RACCONTA LA “DISAVVENTURA” DELLA RAPINA IN CASA: "PAURA PER MIA MOGLIE MA SONO RIMASTO LUCIDO. CHE TRISTEZZA I COMMENTI SUI SOCIAL. SE DA UNA STORIA SIMILE TUTTO QUELLO CHE RIESCI A RICAVARNE È UNA BATTUTA IDIOTA O UNA DISCRIMINAZIONE TERRITORIALE DI QUALSIASI TIPO, SEI UN POVERETTO…”
Giampiero Timossi per il “Corriere della Sera”
Esiste la giusta distanza anche dalla paura. Claudio Marchisio ha 33 anni, è stato centrocampista della Juve e della Nazionale e il 3 ottobre ha dato l' addio al calcio. Marchisio ha cuore e cervello ed è partito per nuove avventure.
Ora però racconta una «disavventura» e misura le parole, ricorda che «è stata tosta, perché due pistole vere non le avevo mai viste e stavolta le avevamo puntate alla testa, ma siamo riusciti a restare lucidi». Martedì «cinque uomini sono entrati in casa nostra a Vinovo, mi chiedevano della cassaforte, ma noi non ce l' abbiamo.
Non ci credevano, ma è davvero così. Allora hanno preso tutto ciò che potevano e sono andati via. Avevo paura per me, per mia moglie Roberta e ringraziavo il cielo che in casa non ci fossero i nostri figli. Erano a giocare a pallone, dovevano rientrare alle 8 accompagnati dal nonno e l' allenatore è stato il primo a insospettirsi perché non rispondevamo al telefono.
Quando i rapinatori l' hanno capito hanno fatto in fretta, è stata la nostra fortuna».
Ieri pomeriggio la scientifica stava rilevando alcune impronte, sono partite le indagini e la famiglia sta ritrovando serenità. Marchisio crede nel valore socialmente utile dei messaggi: 2,1 milioni di persone lo seguono su Twitter, più di 4 milioni su Instagram.
Uno dei suoi ultimi tweet parla del libro postumo di Nadia Toffa: «L' ho rituittato alla sera, quando il peggio era passato». Poi un altro messaggio: «Se entri nella casa di una persona per derubarla sei un delinquente. Se punti la pistola al volto di una donna sei un balordo. Se da una storia simile tutto quello che riesci a ricavarne è una battuta idiota o una discriminazione territoriale di qualsiasi tipo, sei un poveretto. A tutti gli altri un sentito grazie per la vostra vicinanza».
Perché non ha socializzato la sua paura?
«Non voglio che quanto accaduto possa esser strumentalizzato».
Anche politicamente?
«Anche, sono cose che accadono, in tutti i quartieri di Torino, in Italia, nel mondo.
Stavolta è capitata a noi, per fortuna possiamo raccontarla, nessuno si è fatto male.
Delle cose materiali mi importa meno, conta che stiamo tutti bene».
Cosa le lascia questa brutta esperienza?
«Il ricordo dei momenti di paura, quando neppure sai cosa accada nel tuo corpo, ma riesci a restare tranquillo, anche con una pistola puntata contro. Poi tanti altri pensieri che si rincorrono».
Riesce a metterne in fila qualcuno?
«Non giustifico chi fa questo, ma penso: chi sta male, chi ha fame, non ha paura e può anche arrivare a fare ciò.Sono cose che accadono da tutte le parti, perché la differenza tra ricchi e poveri è ovunque».
ROBERTA SINOPOLI MOGLIE DI MARCHISIO
Dicono che dopo la rapina vogliate cambiare casa.
«Sono anni che con Roberta pensiamo di trasferirci, ma non per motivi di sicurezza.
Vogliamo vivere in centro città, ma i problemi possono essere ovunque. Servono leggi che garantiscano più sicurezza, ma attenzione».
A cosa?
ROBERTA SINOPOLI MOGLIE DI MARCHISIO 1
«Garantire la sicurezza significa eliminare certe disuguaglianze, far rispettare le leggi, sostenere il lavoro delle forze dell' ordine, creare voglia di legalità».
Ha letto certi commenti ironici, altri vergognosi, sui social?
«Si commentano da soli. Io esprimo le mie idee nel rispetto di quelle altrui. I social possono essere un modo anche per capire meglio le nostre abitudini, dove e come viviamo, forse i rapinatori li hanno usati per questo. Altri se ne servono per offendere.
Non penso solo a me o alla mia famiglia. Io preferisco socializzare la nostra voglia di un mondo migliore».
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