AVANTI BIENNALE! – OKWUI ENWEZOR, IL CURATORE DELLA PROSSIMA BIENNALE DI VENEZIA, PROMETTE DI PORTARE MARX IN LAGUNA – “IL CAPITALE È UNA PARTE FONDAMENTALE DEL NOSTRO DRAMMA CONTEMPORANEO, PERCHÉ NON METTERLO IN SCENA?”
Francesco Bonami per “La Stampa”
Okwui Enwezor è insieme ad Harald Szeeman l’unico curatore ad aver fatto il grande slam dell’arte contemporanea dirigendo sia Documenta a Kassel, nel 2002, che la Biennale di Venezia che aprirà il prossimo 9 Maggio. È l’unico africano, nato in Nigeria ad aver diretto le due grandi kermesse dell’arte in Occidente oltre alla Biennale di Johannesburg in Sud Africa e la Biennale di Gwanju in Corea. Vive fra Monaco di Baviera dove è direttore del Haus der Kunst e New York. Questa conversazione è avvenuta al bancone del ristorante Il Buco a Manhattan e nel suo ufficio a Monaco prima dell’inaugurazione della mostra curata da Enwezor di David Adjaye, l’architetto britannico che ha disegnato l’installazione della prossima Biennale. ?
Mi ha chiesto di non parlare della lista degli artisti, parliamo allora del ruolo dell’artista, di quello del curatore e di quello dello spettatore.?
«Con una mostra della scala, dell’importanza e dell’influenza della Biennale di Venezia c’è sempre il rischio di trasformare la lista dei partecipanti in un gioco frenetico di speculazioni. Capisco perfettamente la logica di questa cosa ma alla fine una lista di artisti ti racconta solo le scelte del curatore, i suoi limiti, i suoi pregiudizi, le sue curiosità e i suoi interessi. Non fa altro che creare un anticipazione sul tipo di arte che apparirà in mostra senza però dirti molto sulla mostra stessa o sull’esperienza che offrirà. Una lista di nomi non dice nulla delle relazioni che sono costruite all’interno dell’esibizione, delle sue contraddizioni, dei rapporti fra l’intensità visiva di certe opere e lo spiazzamento che altre potranno creare». ?
Come si ottiene questo risultato?
?«Creando una coreografia e orchestrando i diversi punti di accesso alle opere dei vari artisti, sperando di creare connessioni fra i vari pezzi della mostra che possano aiutare lo spettatore ad afferrare sia il significato che il piacere delle opere».
Questa edizione della Biennale sarà abbastanza speciale, ha focalizzato l’attenzione sugli scritti di Karl Marx. Perché crede che siano cosi contemporanei, in particolare il18 di Brumaio??
«Il 18 Brumaio che racconta e analizza la contro rivoluzione dell’alta borghesia in Francia che porterà al colpo di stato del 1951 e alla concentrazione di tutto il potere nelle mani di Luigi Bonaparte è un testo strano da leggere oggi. Rileggendolo recentemente non ho potuto fare a meno di notare quanto simile quel periodo sia al momento storico che stiamo vivendo oggi in molte parti del mondo.
Dall’atteggiamento anti liberale di Putin in Russia a quella che potremmo definire la contro rivoluzione del capitalismo finanziario, dove sempre più risorse vengono concentrate non tanto nelle mani di coloro che hanno i mezzi di produzione ma in quelle di chi è capace di maneggiare in modo magico e sintetico i capitali. Chiaramente chi osa sottolineare questa situazione viene tacciato di essere “marxista”, che in America è il bacio della morte. Basta vedere gli attacchi della destra conservatrice contro il libro di Thomas Piketty Il capitale nel XXI secolo». ?
Secondo lei, quindi, Marx oggi è più importante che mai??
«Sì, ma sia chiaro: ho scelto di mettere al centro della Biennale Il Capitale non perché sia un esperto di Marx o di Marxismo, posso a malapena comprendere solo alcune delle astruse teorie dell’opera, ma perché non c’è un singolo pensatore oggi le cui idee ci perseguitino ancora come quelle di Marx. Il capitale è una parte fondamentale del nostro dramma contemporaneo perché allora non metterlo in scena? Cosi tanti artisti hanno rivisitato Marx nel corso degli ultimi anni. Che uno consideri o condivida l’idea che il marxismo sia la panacea per i mali del capitalismo contemporaneo non è al centro delle mie preoccupazioni».
Il Palazzo Enciclopedico la Biennale di Venezia Foto F Galli
?Allora perché questa audace provocazione in una mostra d’arte?
?«Perché secondo me la natura di questo libro con la sua densità epica si presta ad essere letto come un’oratorio ogni giorno, una cosa che potrebbe aggiungere una dura ma maestosa dimensione alla natura di mostra di un’istituzione come la Biennale». ?
Quale è la funzione di una mostra come la Biennale al mondo d’oggi. Può veramente fare qualche differenza e provocare qualche cambiamento o si riduce solo ad un esercizio intellettuale??
«Nel costruire la mia idea per la Biennale mi sono imbattuto negli archivi della Biennale in un libro incredibile Annuario 1975-Eventi del 1974. È un libro pubblicato in occasione della mostra del 1975 e che documenta tutti gli eventi di quella edizione, mostre, performance, programmi paralleli etc. Sono rimasto stupefatto dalla nuda e cruda natura politica della Biennale sotto la direzione di Carlo Ripa di Meana e Wladimiro Dorigo. È incredibile che tutto il programma fosse dedicato al Cile in solidarietà con il popolo Cileno oppresso dal colpo di stato di Pinochet. Questo gesto mi ha veramente commosso e fatto capire quanto l’archivio della Biennale sia una vera miniera».?
Il Palazzo Enciclopedico la Biennale di Venezia Foto F Galli
Dopo quello che è accaduto a Parigi e in Danimarca troveremo nella mostra qualcosa che parla della libertà di espressione?
«Non credo che avessimo bisogno di quello che è accaduto a Parigi o in Danimarca per avere la scusa di parlare della libertà di espressione. Siamo circondati da ogni genere di apparati repressive e censori, dalla famiglia, alla Chiesa, ai media, alle agenzie governative. La lotta per la libertà di espressione fa parte dell’aria che respiriamo. E’ un problema molto complicato che non voglio introdurre opportunisticamente dentro la Biennale».
L’arte ha una responsabilità nel definire i propri limiti??
«Ogni azione umana è una costruzione, non importa quanto intelligente o trascendente essa sia. Viene naturalmente con i propri limiti. Gli artisti non sono dei, né le opere d’arte hanno responsabilità o doveri». ?
Mi disse una volta che una mostra dovrebbe ogni volta creare una differenza. Quale differenza creerà la sua Biennale??
Il Palazzo Enciclopedico la Biennale di Venezia Foto F Galli
«Prendere in mano un progetto come la Biennale in questo momento storico richiede una serietà che consenta di metterla in contatto con il contesto sociale e politico del momento. Non è detto che così facendo creerà anche una differenza. Una mostra è un palcoscenico dove ci esibiamo. Se gli artisti sono dalla tua parte e credono in te e nelle tue idee, cose sorprendenti ed eccitanti possono accadere. Ma questo non è possibile programmarlo».
?Dopo questa edizione sarebbe disposto a curare anche quella del 2017??
«La prima frase di Marx nel 18 di Brumaio ??di Luigi Bonaparte è questa: “Hegel dice da qualche parte che i grandi eventi storici e i personaggi ritornano sempre due volte. Si è dimenticato di dire: una volta come tragedia e la seconda come farsa”».