ECLISSI DI LUNA ROSSA - GLI AMERICANI CAMBIANO LE REGOLE, IL TEAM ITALIANO MOLLA LA COPPA AMERICA -BERTELLI: “BUTTATI NEL CESSO 20 MLN. AVEVAMO IL MIGLIOR PROGETTO E UN GRANDE EQUIPAGGIO. QUESTO FORSE C’ENTRA QUALCOSA"

1. BOICOTTATI PERCHÉ ERANO I MIGLIORI

Emanuela Audisio per “la Repubblica”

 

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Lo sport è fatto di regole. Servono a far giocare tutti in maniera diversa, ma uguale. Altrimenti Dorando Pietri a Londra nel 1908 avrebbe vinto la maratona (fu aiutato, era proibito). Luna Rossa abbassa le sue ali. Anzi le ritira dalla 35esima Coppa America. Erano forti, facevano volare. Ma un nuovo regolamento mette quel tipo di imbarcazione fuori gioco.

 

Gli americani, detentori della Coppa con Oracle, con un gesto di furbo imperialismo, hanno cambiato le regole in corsa. Si sa, la vela è fatta di pirati. Luna Rossa filava bene, troppo bene. Ottimo il suo lavoro di preparazione, gli studi e la strumentazione.

 

Stava diventando molto più di un avversario, anzi il probabile vincitore. E all’America questo non piaceva. Così sfruttando ogni angolo di vento permesso, spostando la rotta molto al limite, l’America ha ottenuto scafi più piccoli dell’AC 62 (19 metri di lunghezza), inizialmente previsto. È come se alla maturità cambiasse un mese prima materia scelta e programma da portare. Per volere di uno studente, il migliore della classe, che non si trova a suo agio su quei temi. Rimboccarsi le maniche? Forse, ma intanto vediamo di annullare il vantaggio dei concorrenti e di sfruttare bene ogni procedura.

 

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Patrizio Bertelli, armatore di Luna Rossa, ha detto che lui a questo gioco stravolto non ci gioca più, che non ne può più di compromessi e che la manovra degli americani è solo un sabotaggio. Così ritira il team azzurro. Lo aveva già minacciato: «Se fate la modifica, usciamo». Anche i neozelandesi, finalisti nel 2013, erano ostili al cambio di regole, votate per alzata di mano da un consorzio di squadre che doveva garantire almeno ufficialmente una scelta democratica.

 

Mentre Luna Rossa forse avrebbe fatto bene a ricorrere all’istituto del challenger of record, essere cioè il sindacato che lancia per prima la sfida, firma con il defender il protocollo dell’edizione da disputare e rappresenta tutti gli altri eventuali sfidanti che si aggiungeranno. Così il piccolo legale colpo di stato non sarebbe potuto avvenire.

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Non si sa se Luna Rossa ci ripenserà. Se ci sono margini. Certo andrebbe ripensata questa Coppa America: chi la capisce e chi la segue più? Era la Formula Uno dei mari. Una sofisticata avventura da cime tempestose. Ora di burrascoso ci sono solo le polemiche, i trucchi, la confusione. E una credibilità affondata.

 

2. BERTELLI: COSTRETTO ALL’ADDIO

Marco Mensurati per “la Repubblica”

 

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Questo giochino ci costa un anno e mezzo di lavoro e venti milioni di euro. Tutto buttato nel cesso».

 

Un colpo durissimo, Patrizio Bertelli.

«Sì, ma sia chiaro. La decisione è stata condivisa da tutto il team. Gente seria che adesso sarà costretta ad andare a lavorare in qualche altra squadra, perché i ragazzi sono dei professionisti, e si deve pur mangiare. Ma che quando ho letto loro il comunicato con cui ce ne andiamo, mi hanno applaudito, con le lacrime agli occhi. Se la Coppa America ha ancora un futuro, non ho dubbi: questo comunicato ne sarà l’inizio».

Per ora è la fine. Farete causa?

«Non possiamo nemmeno fare causa. Abbiamo scoperto che ancora non hanno nominato la commissione arbitrale. E nei regolamenti è previsto che di sei giudici ne nominino quattro loro e due noi».

 

Qualcuno dice che siete stati un po’ ingenui… 

«Ma quale ingenui! Un protocollo è un protocollo. Il vincente di una competizione lancia la sfida, propone un regolamento. Gli sfidanti lo accettano e firmano un documento. Tutti. Poi quello a un certo punto prende e cambia il regolamento».

È sempre successo così in Coppa America: “chi vince decide la musica, chi perde balla”.

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«È sempre successo che decidesse il protocollo non che lo modificasse. Le modifiche di classe, e vorrei vedere, si sono sempre fatte all’unanimità. Stavolta le hanno fatte a maggioranza. Per quanto mi riguarda l’America’s Cup finisce qui. Per sempre. Irrevocabilmente. Mi spiace perché le altre volte avevamo sempre sbagliato qualche cosa. Stavolta avevamo il miglior team progettuale della nostra storia e un grande equipaggio. E forse questo c’entra qualcosa con la mossa di Allison e i suoi. Eravamo avanti e non ci riagguantavano più».

 

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Ha sognato per tutta la vita la Coppa e ora… 

«Sì lo so ma non si può più stare ai loro giochini… pensano solo ai cazzi loro».

Un sacco di soldi buttati. Di questi tempi… 

«Sarà difficile anche che ci rendano i soldi dell’iscrizione».

In molti si augurano che ci possa ripensare.

«Non se ne parla. Certo la voglia di restare e dimostrare a questi americani che la Coppa in acqua si può vincere, è tanta. Ma non è cosa. Così no».

 

Ce l’ha con gli americani?

«Non voglio fare commenti sul punto. Certo l’atteggiamento è sempre il solito, da imperialisti. Tutto ‘sto casino del terrorismo è nato da una guerra in Iraq organizzata con una scusa».

Secondo lei stavano studiando la mossa da tempo?

«Non lo so, ma la tempistica è strana. Loro navigano con barche simili a quelle prefigurate da almeno tre mesi. Ne aggiunga cinque di progettazione. Arriviamo a otto… Dodici mesi fa hanno annunciato il protocollo dei 62 piedi…».

 

Una trappola.

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«La chiami come crede. Ma sa qual è la cosa più beffarda di tutte? Che noi di Luna Rossa quando ci hanno fatto vedere il primo protocollo, quello al quale ci siamo adeguati e sul quale abbiamo investito, dicemmo, anzi, urlammo al mondo intero che era sbagliato e che costava troppo e proponemmo una Coppa fatta con barche di 55 piedi. Loro tirarono dritto, costringendoci a investire su questi progetti che ora ci vogliono far buttare nel cesso. Non è gente seria. Non voglio averci niente a che fare».

 

Dicono che così attirano più concorrenti.

«Senza di noi gli resta il Team New Zealand e Ben Ainslie. Poi vediamo chi altri trovano. In bocca al lupo. Il problema non ci riguarda più».

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