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MENDINI FOREVER – VIAGGIO NELL’ATELIER MILANESE A UN MESE DALLA MORTE DEL GRANDE DESIGNER. A FAR FIORIRE LE IDEE DEL FONDATORE CI PENSANO LE FIGLIE FULVIA ED ELISA. L’ULTIMO PROGETTO? UN DISEGNO DI UN ALBERO STILIZZATO PER UN MERLETTO – IL TESTO PER LA PERFORMANCE “ARCHITETTURA ADDIO”: “CHI NON HA DUBBI È UN BAMBA. OGNI PROGETTO PER DEFINIZIONE È UN ATTO DI VIOLENZA. IL COMPITO DELL’ARTE È…”
1 – MENDINI, NELL' ATELIER, UN MESE DOPO L' ADDIO, NASCONO I PROGETTI DEL «TRASCINATORE»
Silvia Nani per il “Corriere della Sera”
ALESSANDRO MENDINI CON LE FIGLIE FULVIA (SINISTRA) ED ELISA
Lo studio apparentemente è quello di sempre. Non è passato nemmeno un mese dalla scomparsa di Alessandro Mendini, eppure, malgrado il silenzio che avvolge l' ambiente, il fervore sui progetti in corso si tocca con mano. Sette collaboratori - c' è chi segue il design, chi le mostre, chi i temi artistici - e le due figlie, Fulvia ed Elisa a tirare le fila, per proseguire e completare quello che era già in corso, e iniziare a costruire il futuro.
L' Atelier Mendini quest' anno compie 30 anni: qui, in uno spazio ex industriale della prima periferia milanese trasformato da lui con il colore, i quadri che dipingeva, i suoi oggetti e i prototipi, Mendini passava tutto il suo tempo, in una dimensione totalizzante in cui il lavoro si intrecciava alla vita, senza confini. Aiutato dalla topografia del luogo, un open space sovrastato da un grande ballatoio dove si trova il suo ufficio, dal quale si prosegue su, verso l' abitazione.
Non c' era orario, né fine settimana: Mendini, anche quando non era presente qui fisicamente, immaginava, disegnava, creava. Fino all' ultimo, come raccontano i suoi collaboratori, che il venerdì, due giorni prima di andarsene, erano saliti in casa a discutere con lui alcuni dettagli della sua grande retrospettiva prevista per il prossimo ottobre al Museo di Groningen.
alessandro mendini Peter-Halley
Ogni postazione di lavoro ha accanto una sedia in più, dove Mendini si metteva, e peregrinando a turno di scrivania in scrivania, spiegava, si confrontava su ciascun progetto, disegnava schizzi semplici ma nitidi nel trasferire una visione chiarissima. Gli bastava una parola per capirsi con quel gruppo di collaboratori storici, molti dei quali arrivati fin dagli inizi dell' Atelier.
Allora giovanissimi, cresciuti con lui quasi fossero dei figli, ma impostati a lavorare in gruppo sotto la sua regia: sono note le sue capacità di catalizzatore, di saper creare coesione tra le persone, di diventare un consigliere per chi andava da lui ma anche di infondere energia. E trarne lui stesso, con uno sguardo analitico ma nello stesso tempo empatico nel cogliere l' essenza e le sfumature delle persone.
Un esempio è un progetto tra quelli che si vedranno alla prossima Design week, un disegno - un albero stilizzato - creato da Alessandro Mendini per un merletto. Un lavoro nato sull' onda lunga di una relazione di simpatia e stima per le «signore» del Comitato per la promozione del merletto di Cantù, con quella inesauribile curiosità di voler entrare in mondi a lui sconosciuti, aprirsi a scenari più delicati rispetto ai suoi abituali. E quel pizzico di leggerezza e divertimento che una committenza insolita come questa sapeva infondergli.
Poi c' erano gli amici, con i quali i progetti nascevano conversando durante una cena, e le istituzioni, come l' università di Kookmin a Seul (in Corea era idolatrato), che gli chiese un monumento simbolico - appena inaugurato - per la piazza della facoltà di architettura, o il museo di Groningen, arrivato direttamente nel suo studio a commissionargli una grande retrospettiva.
Dagli schizzi, e poi nei disegni esecutivi, traspare il lampo della visione a cui seguiva il rigore della sua traduzione. Una dualismo che era anche stile di vita, creatività unita a una sobrietà quasi calvinista: la ginnastica, la cura nell' alimentazione, niente fumo né alcol. Quella disciplina che l' ha portato a poter seguire instancabilmente ogni progetto, ovunque fosse. É quello che i suoi, in primo luogo le figlie, chiamano «metodo Mendini», grazie al quale l' Atelier prosegue oggi nel suo solco.
Il suo ufficio è rimasto intatto, con i quadri e i suoi oggetti di affezione, come se fosse pronto ad accoglierlo. Solo sulla scrivania, al suo posto, si è aggiunto un cuore di boccioli di rose. Semplice, ma a colori.
2 – IL MIO TEMPO, GEHRY E I DUBBI CHI NON CE LI HA É UN BAMBA
Testo di Alessandro Mendini dalla performance Architettura Addio di Antonio Syxty, aprile 2018, pubblicato dal “Corriere della Sera”
Lunedì - Che cos' è per te il tempo? «Il mio tempo è quello del ricordo nella sua tridimensionalità fatta di percorsi, di ritorni, di incognite e di sicurezze. Su e giù e avanti e indietro.
Oppure assomiglia a una freccia lanciata a caso di notte verso una direzione sconosciuta»
Martedì - Cosa pensi di Frank Gehry «Ha ucciso il trilite e liberato l' architettura dalle colonne. Con lui è nata una nuova era».
Mercoledì - Le forme hanno un' anima? «La stessa forma infinita, immensa dell' intero universo è una grande anima: l' anima delle anime. E gli oggetti? Un frullatore con la sua forma tecnica, una automobile con la sua durezza, una rivoltella con la sua morte: esiste una loro anima? Sì, esiste».
Giovedì - Con la tua progettazione come combatti la violenza? «Ogni progetto per definizione è un atto di violenza. Pro-Gettare, ovvero buttare avanti. Il progetto è fatto di materia, di denaro, di occupazione del suolo. Tutte cose pesanti. Occorre redimerle con una specie di salvazione che le traduca in presenze positive per l' umanità. É questo il compito dell' arte».
Venerdì - Cosa pensi di Santiago Calatrava? «È un funambolo delle strutture, trattate come bianchi scheletri di dinosauri moderni. Con un eccesso di arbitrarietà surrealista e di esagerazione formale».
Sabato - Moralità e etica hanno guidato il tuo lavoro?
«Spero e tento di agire nella moralità e non nel moralismo. La differenza è sostanziale. Significa sapere agire al di fuori della retorica».
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Domenica - Quanto è importante per te avere dubbi? «Chi non ha dubbi è un bamba».
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il cavatappi anna g di alessandro mendini
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