"LA MODA È ARTE" - LUCA BEATRICE: E’ GIUSTO ACCOSTARE GLI ABITI AI CAPOLAVORI. SE L'ARTE NON HA ALTRA FUNZIONE OLTRE SE STESSA, È ASSIMILABILE ALLA MODA E AL DESIGN IN QUANTO DICE DELLE COSE DI NOI: CIÒ CHE CI PIACE (E QUALCUNO SI PUÒ PERMETTERE DI COMPRARE) - ARTE E MODA, POI, SONO FENOMENI SOCIALI. ORA CHE LA GUERRA NON È PIÙ UN FILM, COSA NE FAREMO DELL'ABBIGLIAMENTO MILITARE TANTO IN VOGA NEGLI ANNI SCORSI?
Luca Beatrice per “Libero quotidiano”
Da alcune settimane, e fino al 29 maggio, sei musei di Parigi hanno aperto le porte alle creazioni di Yves Saint Laurent, celebrando così i sessant' anni della nascita della maison e del celeberrimo logo disegnato da Adolphe Mouron Cassandre. Pompidou, Louvre, Musée Picasso, Orsay e Art Moderne accostano alcuni abiti storici ad altrettanti quadri dai quali Yves trasse esplicita ispirazione, fedele al gusto modernista e raffinato che lo ha accompagnato per tutta la carriera.
Alla Fondazione omonima di avenue Marceau, aperta insieme al compagno Pierre Bergé, dove lavorava e produceva i suoi capolavori, la mostra ha un taglio più complesso e segue in particolare due strade: l'eccezionale disegnatore e l'intuizione di usare sistematicamente la polaroid, persino più del suo amico Andy Warhol. Il citazionista che si ispirò a Mondrian, Matisse, Braque, Picasso, Vasarely tra gli altri - si sovrappone dunque allo sperimentatore che introdusse nella moda femminile capi come lo smoking, il tailleur pantalone, il caban, la sahariana.
IL GERME DELLA CREATIVITÀ
È imminente al Victoria & Albert Museum la grande mostra dedicata alla moda per l'uomo: Fashioning Masculinities: The Art of Menswear apre il 19 marzo (fino al 6 novembre) in uno spazio che spesso dedica attenzione a un fenomeno così importante dei nostri tempi.
Dopo le personali di Alexander McQueen, lo stilista inglese reinventore del gothic, e di Mary Quant che negli anni '60 accorciò la gonna mostrando così le gambe delle donne, ora la riflessione tocca un ambito meno esplorato rispetto al femminile.
E non è affatto vero che la creatività più estrema è estranea all'abbigliamento maschile, anzi. Per avvalorare tale ipotesi ci soccorre ancora una volta la storia dell'arte, d'altra parte chi meglio di quadri e sculture hanno saputo raffigurare nei secoli tendenze e manie?
Pensiamo agli elegantoni eccessivi che popolavano le feste galanti nel '700, al preziosismo di certi tessuti - l'uomo almeno fino al XIX secolo ha avuto ben più occasioni mondane rispetto alla donna - al germe della creatività che si insinua nel necessario conformismo imposto dall'abito di lavoro.
Divisa in tre sezioni -Undressed, ovvero il corpo nudo e l'intimo, Overdressed, il guardaroba d'élite, Redressed, la dissoluzione del completo e le mode contemporanee - la mostra attinge a piene mani i propri riferimenti dall'arte: i dipinti pop di David Hockney, le videoinstallazioni di Isaac Julien, le sculture di Rodin e le performance di Cassils, i quadri rococò di Reynolds e dell'Anguissola, i disegni di Robert Longo e tanta fotografia. Accanto a opere così importanti non sfigurano i grandi creativi contemporanei, Alessandro Michele, Craig Green, Randi Rahm, Raf Simons, Donatella Versace, Rick Owens.
Artisti anche loro? Direi proprio di sì. La domanda sorge infatti spontanea: la moda è arte oppure siamo ancora una volta a una curiosa quanto necessaria invasione di campo, simile a quella del design con cui la moda condivide il destino della produzione e dell'utilizzo.
Se l'arte non ha altra funzione oltre se stessa, è assimilabile alla moda e al design in quanto dice delle cose di noi: ciò che ci piace (e qualcuno si può permettere di comprare), quello che ci rappresenta meglio nel vestirci, i pezzi con i quali arrediamo i nostri spazi.
GLI SCENARI
Come l'arte, la moda è fenomeno intrinsecamente sociale che non nasce per caso ma si sviluppa in un determinato contesto culturale. Pensiamo alla necessità di superare la logica binaria, anche se nella mostra di Londra la parola "masculinites" ancora campeggia nel titolo. Oppure alla costruzione collettiva che supera il concetto di genio solitario e mette in campo forza lavoro specializzata in più campi.
Certo, restano gli inventori solitari, gli innovatori che partono da semplici intuizioni formali, eppure arte, moda e design sempre di più camminano insieme nell'universo socio-economico del presente, a maggior ragione ora che i tempi sono davvero difficili. Oggi, ad esempio, è impensabile non considerare la questione etica riguardo alla produzione di oggetti, l'impatto ambientale che ne deriva, l'utilizzo di determinati materiali al posto di altri. Quali risposte della moda (e dell'arte) al lungo isolamento?
Avremmo opere e abiti che intercettino la voglia di abbracci oppure qualcosa che continuerà a tenerci a debita distanza? E ora che la guerra non è più un film, cosa ne faremo dei tessuti mimetici e dell'abbigliamento militare tanto in voga negli anni scorsi? Li indosseremo ancora con disinvoltura o meglio andremo a sottolineare la nostra distanza e il nostro dissenso?