FATE LARGO ALLA VECCHIA GUARDIA: CON MOURINHO E (FORSE) SPALLETTI IN SERIE A SI RIVEDONO I 60ENNI IN PANCHINA – GLI ESPERIMENTI DEI GIOVANI PIRLO E GATTUSO SONO FALLITI. IN ITALIA TIRA ARIA DI RESTAURAZIONE PALLONARA. NEL FRATTEMPO IN EUROPA VEDIAMO ESATTAMENTE L’OPPOSTO: IL 35ENNE NAGELSMANN E’ APPRODATO AL BAYERN MONACO, MENTRE AVANZA LA NOUVELLE VAGUE DEI TUCHEL, SOLKSJAER E POCHETTINO...
Mourinho è un effetto collaterale di Pirlo. Il quale si prese tutti i calembour dei giornali sportivi dell’estate scorsa, fino a indigestione, per arrivare un anno dopo al rigetto dello stesso tema: “Pirlolandia”, ve la ricordate? Mourinho è la reazione avversa a quel circo prefabbricato, artefatto a priori.
È la restaurazione che avanza sulle panchine della Serie A, trascinandosi dietro come una cometa una coda di detriti. L’ancien régime, la gavetta, il blasone, la riscoperta della terza età dell’oro.
De Zerbi non l’aveva previsto Mou. Italiano e Juric nemmeno. Fonseca, figurarsi. A Gattuso lo domanderemmo ma è barricato in silenzio stampa, fino a quando la Fiorentina (o forse no) arriverà a dargli un’altra occasione nello stesso calcio che in un solo anno passa da giovane a vecchio.
Dal “loro calcio”, “nuovo” per etichetta coercitiva, a quello degli altri: Mou, certo, ma anche Pioli, Conte, e magari – chissà – Spalletti, Allegri, Sarri, Castori dalla Serie B con furore. I soliti sospetti, con una bacheca grande quanto una residenza per anziani.
Quando ancora i fratelli Coen non avevano sputtanato quel titolo meraviglioso di McCarthy che era No Country for Old Men, la parafrasi dell’Italia che non è un Paese per giovani e mai lo sarà avrebbe aderito perfettamente a questa riesumazione di tecnici ingombranti. Con la nouvelle vague a rendere gentile omaggio, rintuzzando.
Travolti dal Bagaglino che questi uomini di calcio riporteranno sui nostri schermi, di qui a breve. Dalla consistenza del loro materialismo tattico: la difesa, l’opportunismo, la noncuranza per i blocchi ideologici, l’adattabilità. La furbizia, anche. Fino all’oltraggio più grave e temuto: il ripudio per la costruzione dal basso come vangelo ineluttabile. Una parabola quasi cristiana: il calcio italiano è in via di redenzione, aveva preso un abbaglio e ora rimedia.
Allegri non ha ancora firmato il suo ritorno in campo ma lo diede per scontato una notte di qualche settimana fa, mentre distillava lezioni di calcio pane-e-salame al club di Caressa.
Mourinho se l’è vista brutta ultimamente in Inghilterra, dove gli rinfacciavano il tic della difesa spasmodica e poca attenzione agli schemi offensivi. L’hanno scartato e da noi hanno preso a intitolargli strade, piazze e colli (a breve).
Spalletti, che pure – oltre a una imbarazzante parodia televisiva – qualche impronta in Italia ha lasciato, ha un ego che fa provincia. A Salerno è rinato Castori, anni 66, totem del pragmatismo e della concretezza. Non è ancora un fiume in piena, ma il trend pare segnato.
Conte ha vinto uno scudetto sfottendo chi lo accusava di induzione al suicidio televisivo per noia, piantando anzi la bandiera dell’io sono io e voi non siete eccetera eccetera. Pioli e Simone Inzaghi, sono veterani, mestieranti, sanno come si fa. Come quel gentiluomo d’altri tempi di Ranieri. O come, più in basso, Semplici, Ballardini.
E uno dei capisaldi per dimostrarlo e non dirlo, fare gli gnorri. La falsa modestia, profumo di casa. Gasperini, un alieno in questo contesto, non conta. E’ un apolide. Eccezione e regola, contemporaneamente.
Se all’estero si svenano per Nagelsmann, 33 anni e 25 milioni di clausola, in Italia abbiamo ancora nostalgia del calcio patriarcale. Del polso di uomini che abbiano già solcato il mare. Pirlo, poverino, fallendo alla Juventus non sa di aver affondato se stesso e colleghi, condannandoli ad un nuovo limbo di poca credibilità.
Pompare il suo arrivo in bianconero come apostolo di una nuova verginità tattica ha prodotto l’effetto contrario: i giovani facciano un passo indietro, grazie. Largo ai senatori, in questo presente fragile. Sono cambiate le priorità. Il ritorno degli Jedi.
De Zerbi sono anni che da Sassuolo deve decollare e resta incolato – volente o nolente – a terra. Juric, Italiano, Pippo Inzaghi, hanno perso appeal col passare della stagione: la salvezza non basta, se non inneschi effetti speciali h24.
Gattuso ha compiuto il percorso inverso, rimontando nel finale, a rapporto col Napoli già logoro. Dalla B, con Castori, sale Dionisi il quale non ha ancora avuto modo di rifarsi il trucco per la A: alla prima difesa altissima contrabbandata per “mio calcio” finirà a ravanare nel purgatorio con i coetanei, pagando magari colpe altrui.
O semplicemente le asprezze e i borbottii d’un campionato che non può fare a meno delle sue stesse incrostazioni.
Da Pirlolandia a Roma Caput Moundi, in un anno. Vuoi mettere?