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VENI, VIDI E PARAI: LA RIVINCITA DI JULIO CESAR - IERI CACCIATO DALL’INTER, OGGI EROE DEL BRASILE: HA FATTO DUE MIRACOLI IN PARTITA E ALTRI DUE AL MOMENTO DEI RIGORI

Fabio Monti per Corriere.it

 

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È nei momenti (calcisticamente) drammatici che Julio Cesar, 35 anni da compiere il 3 settembre, offre il meglio. Il 24 gennaio 2010, con l’Inter ridotta in nove (espulso Sneijder e poi Lucio, mani e rigore) anche se avanti di due gol, il portiere della Seleçao aveva parato il rigore a Ronaldinho (47’ s.t.) e Mourinho alla fine aveva detto: «Non sono contento, ma preoccupato, perché ho capito come tira il vento. Se Julio Cesar non avesse preso quel rigore, l’arbitro avrebbe prolungato il recupero chissà per quanto e il Milan avrebbe pareggiato».

 

Quattordici trofei con l’Inter

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A Belo Horizonte, l’uomo che ha vinto 14 trofei con l’Inter (2005-2012), prima di essere congedato perché costava troppo di ingaggio e non si era curato mentre era in vacanza, come da promessa, per i problemi al gomito, ha vissuto un pomeriggio tremendo, portando sulle spalle le speranze di una nazione che non ha ancora perdonato dopo 64 anni il povero Moacir Barbosa, il portiere del Maracanazo.

 

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Julio Cesar ha fatto due miracoli in partita e altri due (Pinilla e Sanchez) al momento dei rigori (forse avrebbe preso anche il terzo, quello di Jara, se la palla non avesse colpito il palo). Il 30 giugno 2013 aveva vinto la Confederations (3-0 alla Spagna) al Maracana, ma, al ritorno, era stato messo fuori rosa dal Qpr, che non gli aveva perdonato il fatto di essersi cercato un’altra squadra, dopo la retrocessione del club in seconda divisione.

 

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Soltanto il 14 febbraio 2014 è tornato a giocare, ripartendo dal Toronto (in prestito) e dopo aver cercato disperatamente una squadra per non saltare il Mondiale: «E’ stato un brutto momento, perché non stavo giocando per problemi contrattuali. Andavo al parco da solo per allenarmi e mi ero anche comprato dei guanti, perché non volevo che il club lo sapesse».

 

«Una pressione tremenda»

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Come spiegò Moratti, dopo la vittoria dell’Inter contro il Bayern negli ottavi di Champions League 2010-2011 (3-2 all’Allianz Arena), «Julio Cesar può anche sbagliare qualcosa, come tutti i portieri, ma poi riesce sempre ad essere decisivo quando conta. E’ un fenomeno».

 

In carriera ha preso gol imparabili e gol prendibili (pochi), ma mai che abbiamo dato la colpa a un compagno o si sia lasciato andare a scene isteriche. Dopo aver eliminato da solo il Cile, ha sciolto la tensione in un lungo pianto: «Solo la mia famiglia sa che cosa ho passato e che cosa sto passando, perché in questo Mondiale abbiamo addosso una pressione tremenda».

 

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Si è ricordato dell’eliminazione al Mondiale 2010, nei quarti con l’Olanda, dove i suoi compagni ne avevano combinato di tutti i colori; ha ripensato agli ultimi due anni di carriera tutti in salita, lui che pensava di chiudere la carriera a Milano e che, sotto la curva Nord, nell’agosto 2012, salutando i tifosi, non era riuscito a non piangere. Stavolta ha fatto vedere che Scolari non ha puntato su di lui per affetto o per un debito di riconoscenza, ma perché è sempre il migliore. Anche se gioca in Canada.

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