IL PALLONE COL BUCO - LA SERIE A PERDE 200 MILIONI ALL’ANNO MA NE SPENDE 800 PER IL MERCATO. L’INCHIESTA AREL-PWC - A BERLUSCONI IL MILAN È COSTATO MEZZO MILIARDO DI PERDITE IN 10 ANNI, MENTRE I MORATTI SEGNANO -900 MILIONI. LA ROMA NON CHIUDE UN BILANCIO IN UTILE DAL 2009. L’UNICA CHE FA UTILI? OH, YES: LA JUVE…
Fabio Pavesi per www.ilsole24ore.com
Quando c'è da aprire il portafoglio (e perché no, anche quando c'è da incassare) i presidenti dei nostri club calcistici non si tirano mai indietro. Anche quest'anno il calcio mercato estivo ha rispettato il copione. Non siamo ai livelli stellari della compravendita da oltre 200 milioni di Neymar ma nell'insieme il mercato dello scambio dei calciatori ha toccato cifre ragguardevoli.
Secondo i dati raccolti da ThomsonReuters a conclusione dei trasferimenti estivi i soli club della Serie A italiana avrebbero movimentato la bellezza di 798 milioni di euro.
Vista così dice poco. Dice di più se confrontato con il resto d'Europa. Quei quasi 800 milioni di controvalore tra acquisti e cessioni sono meno della metà di quanto speso dalla Premier League inglese che ha mosso 1,5 miliardi di euro. Ma la nostra Lega maggiore batte di gran lunga le altre Serie A del Continente.
Come va nelle altre nazioni europee
La BundesLiga tedesca si è fermata nel mercato estivo a 550 milioni di euro. La Liga spagnola dei potenti club del Real Madrid e del Barcellona ha totalizzato scambi per 540 milioni, mentre la Ligue francese ha movimentato 640 milioni.
Dopo l'Inghilterra patria del football, l'Italia ha speso molto più di altri paesi dove il calcio è blasonato quanto se non più che da noi. È il mercato, bellezza, si dirà. Vero ma fino a un certo punto. Se si guarda alla sostenibilità finanziaria dell'ex campionato più bello del mondo, allora i conti non tornano.
Se la Premier muove un mercato da 1,5 miliardi forse se lo può pure permettere. I loro club principali, dal Manchester United in giù grondano di profitti, hanno debiti sotto controllo e rendono profittevoli quelle campagne acquisti.
Idem per la Spagna. Basti pensare ai conti brillanti di Real Madrid e Barcellona. E che dire della potenza finanziari di Bayern e Borussia?
Se si guarda ai conti della Serie A italiana, il panorama cambia radicalmente. Come documenta puntualmente lo studio di Arel Pwc sul calcio del Belpaese, negli ultimi 5 anni il filotto delle perdite è stato ininterrotto. Nella stagione 2011-2012, i 20 club della massima serie hanno cumulato perdite nette per 281 milioni di euro su un monte ricavi di 2,1 miliardi.
13 euro di perdite ogni 100 di incassi
Ogni 100 euro incassati almeno 13 euro si sono tramutati in perdite. Il rosso nei conti aggregati è di una costanza millimetrica. 202 milioni persi nel campionato 2012-2013 e via così fino a cumulare un buco nei bilanci delle 20 squadre per la cifra di 1,3 miliardi nel quinquennio.
Per molti club è quasi un destino inesorabile. I costi operativi spesso superano i ricavi e i diritti Tv, che sono ormai la principale fonte di incassi, spesso non bastano a coprire i costosi ingaggi di calciatori e tecnici. Non solo, ma la salute precaria viene anche dagli alti livelli di indebitamento che tende tra l'altro a crescere nel tempo. Nella stagione ultima censita da Arel-Pwc, quella del 2015-2016, il livello del debito della Serie A ha superato i 3 miliardi di euro. Quella montagna di debiti superano ampiamente il fatturato aggregato di un buon mezzo miliardo e valgono quasi 10 volte il margine industriale dei club.
Se fosse un'azienda normale, il business del calcio sarebbe sull'orlo del crac. Ci si salva solo in parte con il turn-over dei calciatori a fine stagione, sempre che non ti ritrovi anche lì con delle minusvalenze.
Un costo per i presidenti
Oppure si sopravvive con il “sacrificio” personale dei vari presidenti di club. Al solo Berlusconi, che ha passato la mano, il Milan è costato mezzo miliardo nell'ultimo decennio. Per non parlare dell'Inter, anch'esso ceduto. Ai Moratti è costato di sole perdite cumulate oltre i 900 milioni in un decennio.
Non che gli altri big se la passino granché bene. La Roma non chiude un bilancio in utile dal 2009 e si è ritrovata alla fine della scorsa stagione, a giugno del 2016, con un patrimonio netto negativo che superava i 100 milioni. Pallotta è dovuto intervenire ricapitalizzando e indebitandosi con le banche.
Di fatto solo la Juve tra le grandi ha i numeri per sostenersi. È tornata a fare utili da 3 anni, è ben capitalizzata e ha debiti sotto controllo. Come rileva uno studio di Kpmg, la Juventus è l'unico club per cui le performance sportive sono strettamente correlate al trend dei ricavi e del Valore d'Impresa. Il valore d'impresa (capitale + debiti) della Juve è più alto della somma di Milan, Inter e Lazio messe insieme.
Non basta però un club in salute a fare della Serie A un business competitivo e che può permettersi di spendere così tanto per i suoi calciatori a ogni stagione.