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DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - TORNA IN ALTA DEFINIZIONE PER SWITCH QUEL CAPOLAVORO INFERNALE DEL “PLATFORM” CHE È “DONKEY KONG COUNTRY RETURNS”, UNA SFIDA MICIDIALE CHE SI ESEGUE COME FOSSE UNA COMPLESSA PARTITURA MUSICALE DOVE SBAGLIARE UNA NOTA SOLA SIGNIFICA IL DISASTRO. MA NON TEMANO I MENO VIRTUOSI, CI SONO FACILITAZIONI OPZIONALI PER RENDERE L’AVVENTURA DEL CELEBRE SCIMMIONE NINTENDO GODIBILE DA TUTTI NELLA SUA SOVRABBONDANZA DI IDEE E BELLEZZA… - VIDEO
Federico Ercole per Dagospia
È un’ascesa quella compiuta in Donkey Kong Country Returns dallo scimmione che nacque nel 1981 per tirare barili dalla cima di un grattacielo ad un ancora innominato Super Mario, nel celeberrimo e seminale videogame diffuso in milioni di sale gioco. La salita verso la vetta vulcanica dell’isola tropicale in cui il primate risiede, sulla quale si trova la base dei nemici e ladri di banane che hanno occupato giungle e spiagge.
Ma si tratta di un’ascesa che coincide con una dantesca discesa verso il Cocito per chi gioca questo coloratissimo “platform”, un viaggio verso un fondo di punizioni sempre più estreme, di asperità micidiali, di difficoltà travolgenti. Perché non inganni la sua bellezza panoramica bidimensionale, l’aspetto buffo e Da giocattolo dei suoi personaggi: Donkey Kong Country Returns è un gioco dalla severità micidiale, un capolavoro infernale.
Rimasterizzata in alta definizione per Switch, dopo la prima versione per Wii del 2010 e quella per 3DS del 2013, quest’opera d’arte dello struggimento di Retro Studios è ancora più deliziosa da osservare dopo il suo restauro e perfetta come meccanismo ludico, ma giocarla è un’esperienza assai simile a quella dell’esecuzione di una partitura laddove sbagliare una nota significa il collasso dell’edificio sonoro.
Donkey Kong Country Returns , forse più o forse meno di altri episodi di questa serie, è impietoso e non concede margini per errori e indecisioni; ma ciò non significa che sia frustrante nel suo ostico crescendo, perché si “suona” su uno strumento accordato ad arte da un grande liutaio ma, appunto, bisogna avere il talento e la pazienza per saperlo suonare, per giungere fino alla fine del suo sempre stupefacente spartito.
Non temano tuttavia i giocatori meno abituati al virtuosismo, Donkey Kong Country Returns include innumerevoli e opzionali facilitazioni che permettono di godere delle sue meraviglie scenografiche e delle sua sovrabbondanza di idee, anche se completarlo senza nessuna agevolazione regalerà infine una sensazione di appagamento e trionfo che pochissimi altri videogiochi sanno offrire.
PER LE ASPERITÀ DELL’ISOLA KONG CI CONDUCE UN DOLCE AMORE
Ci vuole l’amore, proprio solo quello, per andare avanti in Donkey Kong Country Returns, che sia il sentimento che nasce per la soddisfazione di chi lo esperisce con successo o quello per la qualità artistica e ludica del gioco. La passione necessaria per superare le sfide continue con le quali questo videogame continua a tempestare il giocatore. Si vuole proseguire per necessità, dolcemente rapiti dal sentimento anche se stravolti, per scoprire cosa si sono inventati i Retro Studios per il prossimo livello. Ce ne sono circa novanta divisi in otto mondi, più uno opzionale sbloccabile alla fine.
La tipologia di azioni si ripete: si salta, ci si appende, si eliminano nemici con due o tre possibilità offensive, ogni tanto si pilota un carrello da minatore o un barile-razzo. Tuttavia sono proprio i palcoscenici su cui compiere queste azioni che propongono in continuazione sfide originali e diverse connesse alla loro architettura e alla fauna che li popola. Soffiamo su nemici infuocati per spegnerli e renderli inoffensivi, saltiamo da una liana all’altra evitando aracnidi, fuggiamo da un pipistrello gigante che abbiamo incautamente risvegliato, rimbalziamo su meccanismi-tamburo colossali, voliamo sbilenchi tra ingranaggi letali.
Alla fine di ogni mondo c’è un “boss” da affrontare, la cui sconfitta si rivela comunque una sfida più facile rispetto al superamento di certi livelli. Inoltre non si tratta solo di giungere alla fine di ogni ambientazione, ma di raccattare ogni segreto che questi nascondono, frammenti di puzzle o le lettere che compongono la scritta KONG. Volendo si possono tralasciare, ma…
Talvolta si trova il piccolo Diddy nascosto in un barile per aiutarci nell’impresa (si può addirittura interpretare la scimmietta giocando in due) e la vita appare più semplice perché la sua presenza raddoppia i cuori vitali del protagonista, ma è assai facile perderlo.
Durante questo viaggio straziante e delizioso chi gioca è accompagnato da musiche tribali, sinfoniche e misteriose di notevole pregio che contrappuntano i suoni del giocatore e della “natura”.
DALLA GIUNGLA AL VULCANO
Si comincia da una fitta e amena selva attraverso fronde pendenti e binari equatoriali, poi oltre per una spiaggia di lidi scompigliati e risacche risucchianti, fino a cavalcare una balena. Dopo ci si si ritrova tra rovine di ruderi pungenti e acquedotti sbilenchi, tra i pozzi bui di caverne affollate di nemici, di nuovo in una foresta ma questa volta assai cupa. Arriviamo dunque tra secche scogliere abitate da fossili di dinosauri tornati in vita fino si meccanismi di una tremenda fabbrica che prelude alle definitiva fiamme vulcaniche.
I livelli e i mondi di Donkey Kong Country Returns possiedono una fantasiosa potenza che si rinnova uno dopo l’altro, e anche quando sembra ripetersi riserva invece il colpo di scena di una sorpresa o di una novità. Gioco per tutti, da “suonare” come si può secondo la propria volontà e talento fino all’apice di un virtuosismo da campioni, Donkey Kong Country Returns anche nella sua massima difficoltà è un fenomenale scacciapensieri, fonte spassosa e “letale” di concentrazione e astrazione. Un “platform” esemplare.