LE BANCHE ITALIANE POSSONO SCHIATTARE, LA DEUTSCHE BANK SI DIFENDE FINO ALLA MORTE: IL GOVERNO MERKEL INTERVIENE E FERMA IL TRACOLLO DEL GIGANTE, PIENO DI DERIVATI E CREDITI MARCI - WEIDMANN, SCHAEUBLE, E ‘INDISCREZIONI’ SUL ‘FINANCIAL TIMES’: UN TRIO DI INTERVENTI CHE VA CONTRO LE REGOLE EUROPEE. TANTO BERLINO FA COME GLI PARE - OCCHIO PERÒ: DEUTSCHE RESTA UN BIDONE
1. E ZITTA ZITTA LA GERMANIA DÀ UNA MANO A DEUTSCHE BANK
Gian Maria De Francesco per ‘il Giornale’
La ripresa delle quotazioni di Deutsche Bank ieri a Francoforte (+10% dopo aver segnato anche rialzi del 16%) dimostra ancora una volta come la Germania in Europa sia un po' più «uguale» rispetto agli altri Paesi.
Attraverso il Financial Times, infatti, è filtrata la notizia - che l'istituto tedesco però non ha confermato - di un maxiriacquisto di obbligazioni ordinarie che ha dissipato in un lampo i dubbi circa la solvibilità che erano emersi nelle ultime due sedute nelle quali si era registrato un calo complessivo del 13 per cento.
Gli investitori, infatti, erano preoccupati che Deutsche non riuscisse a rimborsare i 144 miliardi di debito complessivo in virtù dell'andamento negativo dei mercati nell'ultimo mese. L'istituto, infatti, è un operatore molto attivo nel trading (anche di derivati) e le Borse sospettavano che i crolli dell'azionario ne avrebbero minato la liquidità.
E così prima il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann (sì, proprio lui che ha sempre da ridire ogniqualvolta vi sia il sospetto che la Bce stia aiutando l'Italia), si era speso personalmente martedì scorso e lo stesso aveva fatto il ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble. Di qui il sospetto che l'indiscrezione filtrata sul Financial Times avesse una matrice politica più che finanziaria. Come ha spiegato benissimo l'ex numero uno di Morgan Stanley, John Mack, a Bloomberg. «Non ho dubbi: è una banca buona fino all'ultimo centesimo e il governo di Berlino non le permetterebbe mai di non onorare una scadenza delle proprie obbligazioni».
Si tratta di affermazioni che gettano un'ombra sul ruolo della stessa Bce. Dinanzi alle reazioni negative provocate dalle nuove misure europee sul bail in, c'è qualcuno - nella fattispecie la signora Merkel - che è in grado di bypassare e di condizionare le regole stesse: la moral suasion di Berlino sulla solidità di Deutsche Bank equivale a imporre di fatto una moratoria.
Un altro fattore che ha contribuito ai rialzi dei titoli bancari è stato un rumor di provenienza germanica diffuso da LiveSquawk, una piattaforma di trading, secondo cui la Bce sarebbe pronta ad acquistare anche i titoli azionari delle banche nell'ambito del Quantitative Easing. L'Eurotower non si è peritata di smentire, tuttavia non si può non notare come un simile cambiamento di strategia (di cui peraltro beneficerebbero anche gli istituti italiani) venga prospettato proprio quando è la Germania ad accusare difficoltà sul versante del sistema bancario.
i credit default swap di deutsche bank dal 2011 a oggi
Ultimo ma non meno importante è l'obbligo di domandarsi se la Germania abbia la possibilità e la legittimazione per sostenere uno dei suoi principali istituti bancari a dispetto delle normative europee da lei sempre tanto invocate. Sulla possibilità economica non vi è ombra di dubbio alcuno: nel 2015 la Germania ha registrato un surplus commerciale di circa 250 miliardi di euro, superando i parametri Ue per l'ottavo anno consecutivo senza che Bruxelles abbia aperto una procedura di infrazione. Circostanza che di per sé legittima Berlino a fare come le pare.
2. MA DEUTSCHE BANK SPAVENTA LA MERKEL
Ugo Bertone per “Libero Quotidiano”
Sta a vedere che la vera fonte del malessere del credito che affligge i mercati in questo disgraziato avvio del 2016 non sta tanto (o solo) nelle sofferenze delle banche nostrane. Problemi seri, che richiedono un' azione energica ma che impallidiscono di fronte al macigno rappresentato dai problemi di Deutsche Bank.
La conferma c' è stata ieri, giornata del grande rimbalzo che ha consentito ai titoli europei bancari più bersagliati di risollevare la testa: Intesa +14% e Unicredit +12% hanno messo a segno recuperi record, davanti ai gruppi francesi e spagnoli. Ma ad innescare la grande corsa sono state le notizie in arrivo dal quartier generale di Deutsche Bank, già sotto assedio.
Il titolo dell' istituto è esploso +14% fin dalla prima mattina trainando tutte le altre banche leader europee. Merito delle rassicurazioni del ceo, John Cryant, che ha garantito ai dipendenti che «la banca è solida come una roccia». O, più ancora, dalle parole di Wolfgang Schaueble, che si è detto «per niente preoccupato» dalla situazione della prima banca del Paese.
Ma, al di là delle parole, a rendere possibile il gran ribaltone che ha resistito per l' intera seduta (Deutsche ha chiuso a +10%) è stata la notizia che la banca è pronta a ricomprare 50 miliardi di euro di suoi debiti in scadenza nei prossimi anni, facendo ricorso ai 220 miliardi in cassa.
Grazie a questa mossa è rientrato per ora l' allarme sulla sorte del simbolo della finanza tedesca, già sotto il fuoco di fila dei mercati: prima l' aumento improvviso dei cds, la cosiddetta polizza contro il fallimento, schizzata a quota 242 a livelli che non si vedevano dal 2011, poi la perdita di valore dei Cocobond, obbligazioni che rendono di più a fronte del rischio di una conversione (obbligatoria) in azioni, scivolati a quota 84.
Intanto, più analisti mettevano in dubbio la capacità di far fronte alle prossime scadenze debitorie, un incubo per gli investitori in obbligazioni junior, più conosciute come additional tier one capital, preoccupati tanto quanto gli azionisti viste le nuove regole del bail in europeo. Di qui la necessità di tranquillizzare le Borse, ricordando la recente vendita della consociata cinese, che ha reso più di 3 miliardi di euro.
Fin qui la cronaca di una giornata finalmente positiva. Ma che non oscura alcune domande inquietanti, soprattutto per noi già chiamati in passato (vedi crisi greca) a pagare il conto per gli errori dei banchieri d' oltre Reno. Alla crisi di Deutsche Bank, infatti, concorrono in egual misura i problemi comuni alle grandi banche europee, così come gli errori di gestione e di scelte dell' istituto, che nel corso del recente passato è incorso in scorrettezze da manuale.
Non c' è stato scandalo, dalla manipolazione dei tassi sul libor a quelle sul mercato dei cambi, in cui non spicchi il nome dei vertici della banca di Francoforte. Un contezioso che, per ora, ha imposto la creazione di fondi per quasi 8 miliardi. Sono cifre molto alte, ma potrebbero non bastare.
Problemi più recenti, relativi al riciclaggio di denaro in Russia, per esempio, potrebbero aumentare in modo significativo il conto. Un disastro, insomma, che getta una luce sinistra su possibili sviluppi delle scommesse in derivati che tanta parte hanno avuto nel conto economico dell' istituto fino al recente passato.
Solo da pochi mesi, del resto, sotto la spinta dei fondi azionisti, la banca sembra aver deciso di far piazza pulita affidando l' istituto a manager in arrivo dal mondo anglosassone a palese punizione di un management privo di controlli e deciso a compensare nei modi più bizzarri, compresi i casinò di Las Vegas, la perdita di profitto dall' attività bancaria tradizionale.
In questo senso, la crisi di Deutsche Bank segnala il tramonto definitivo delle ambizioni di far concorrenza agli Usa sul palcoscenico della finanza globale. Alla Germania l' onere di individuare una nuova formula. A noi una convinzione: Berlino è sempre più rigida sulle garanzie a tutela delle banche italiane o spagnole, perché conosce gli scheletri che stanno nei suoi armadi.