C'E' CHI DICE NO - LA FONDAZIONE MPS, SOCIA AL 33,4%, POTREBBE BOCCIARE L'AUMENTO DI CAPITALE DA 3 MILIARDI - LO SCONTRO TRA MANAGEMENT ED ENTE APRE UNO SCENARIO DI INCERTEZZA SUL FUTURO DEL LA BANCA
Gianluca Paolucci per "La Stampa"
La Fondazione Mps, primo azionista di Monte dei Paschi di Siena, potrebbe decidere di votare «no» all'aumento di capitale da 3 miliardi di euro varato dalla banca che sarà sottoposto ai soci alla fine del mese. Secondo varie fonti interpellate, sarebbe questo l'orientamento emerso dopo una verifica sugli aspetti legali della vicenda, pur in mancanza ancora di una decisione formale sul punto. Il muro contro muro tra banca e Fondazione innescato dalla decisione dei vertici dell'istituto di procedere con l'aumento all'inizio del 2014 - probabilmente già in gennaio, prima finestra utile - aprirebbe così uno scenario di incertezza per il futuro dell'istituto.
Le fonti interpellate sottolineano che la volontà dell'Ente sarebbe però piuttosto quella di arrivare all'aumento in tempi più lunghi rispetto a quelli prospettati dal management, ad esempio alla successiva finestra di primavera, una volta approvato il bilancio.
L'assemblea, convocata per il 27, 28 e 30 dicembre prossimi, dovrà deliberare sull'aumento di capitale imposto dalla Commissione europea tra le condizioni per dare il suo via libera al piano di ristrutturazione dell'istituto. La decisione della Commissione prevede un anno di tempo per realizzare l'aumento, con una possibile proroga fino a marzo 2015.
La Fondazione guidata da Antonella Mansi ha sottolineato più volte che, ai sensi della decisione Ue, non sussiste la necessità di realizzare l'aumento in tempi così rapidi. In realtà , la Fondazione si trova chiusa in un angolo. Votare sì all'aumento, che non potrebbe sottoscrivere data la cronica mancanza di risorse finanziarie, significherebbe infatti vedersi diluire nel capitale fin quasi ad azzerare di fatto il valore della partecipazione.
Votare no preserverebbe il valore della partecipazione - missione statutaria della Fondazione - ma aprirebbe presumibilmente una fase d'incertezza che l'istituto potrebbe non riuscire a sostenere senza il sostegno statale. Angolo nel quale peraltro la Fondazione si è messa da sola: una cessione sul mercato di parte della partecipazione, come sostenuto da più parti nei mesi scorsi, avrebbe evitato all'Ente di trovarsi in questa situazione adesso. Un tema sul quale, secondo quanto ricostruito, non sono mancati i dissidi anche all'interno della deputazione amministratrice dell'ente.
Aumento che, va ricordato, per 2,5 miliardi dovrà essere destinato al rimborso dei Monti bond e per 500 milioni servirà a pagare le cedole 2013 degli stessi Monti bond, scongiurando così il pagamento in azioni e l'ingresso da subito del Tesoro nel capitale.
Sul versante giudiziario, ieri è stata la giornata della deposizione dell'ad Fabrizio Viola al processo, in corso a Siena, sull'operazione Alexandria che vede imputati l'ex presidente Giuseppe Mussari, l'ex dg Antonio Vigni e l'ex capo della finanza Gianluca Baldassarri per ostacolo alla vigilanza per aver occultato il mandate agreement con Nomura a Bankitalia.
Un'operazione che «non esiste in natura», come ha detto l'ispettore di Bankitalia Gianpaolo Scardone, anche lui tra i testi. Una giornata di dibattimento che non ha comunque chiarito i dubbi sulla data del ritrovamento del documento nella sua completezza né sul suo «occultamento» a Bankitalia.






