TRAME POPOLARI - COSA SPINGE ABRAMO BAZOLI E ROBERTO MAZZOTTA AD APPOGGIARE A SORPRESA IL DECRETO DI RENZIE SULL’ABOLIZIONE DEL VOTO CAPITARIO? - NON SARÀ CHE LAVORANO DIETRO LE QUINTE PER LA FUSIONE TRA BPM E UBI BANCA?

Andrea Giacobino per http://andreagiacobino.wordpress.com

 

MAZZOTTAMAZZOTTA

La bozza di autoriforma delle banche popolari italiane sarà domani sul tavolo del consiglio d’amministrazione di Assopopolari, il potente organismo associativo degli istituti di credito che si sono visti colpiti a morte e all’improvviso dal recente decreto legge varato in fretta e furia dal governo di Matteo Renzi e che le obbliga a trasformarsi in società per azioni, abolendo di fatto il principio del voto capitario, base stessa dell’essere banca popolare.

 

Al di là degli attacchi politici al decreto e delle obiezioni di metodo sull’operato di Palazzo Chigi fatte filtrare persino da Banca d’Italia, ciò che più ha colpito i banchieri popolari è stato il “tradimento” di due esponenti di spicco di quella finanza cattolica in cui molti di essi si ritrovano per convenzione e storia.

 

GIOVANNI BAZOLI SI RIPOSA FOTO LAPRESSE GIOVANNI BAZOLI SI RIPOSA FOTO LAPRESSE

I due “traditori” sono Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo e nume tutelare dell’operazione che ha portato alla nascita della popolare bergamasco-bresciana Ubi Banca, e Roberto Mazzotta, già presidente storico della Banca Popolare di Milano.

 

Con accenti diversi, infatti, sia Bazoli sia Mazzotta hanno approvato il decreto Renzi, sostenendo fosse venuto il momento della trasformazione delle banche popolari in società per azioni, tenuto conto che questi istituti non sono stati capaci di autoriformarsi. Il bello è che entrambi i “traditori” sono stati protagonisti di alcuni incidenti di percorso che li hanno visti fare ampio ricorso a quel voto capitario che oggi disconoscono.

 

UBI BANCA BRESCIAUBI BANCA BRESCIA

Bazoli, ad esempio: dalla primavera scorsa è indagato per ostacolo all’attività di vigilanza (cioè Bankitalia) perché nel luglio 2013 l’Associazione Banca Lombarda e Piemontese da lui presieduta insieme all’Associazione Amici di Ubi avrebbe messo in campo, senza che le autorità di vigilanza ne avessero conoscenza, un sistema di regole tale da predeterminare i vertici della popolare.

 

E così l’Associazione Amici di Ubi, risultata vincente in base al voto capitario, aveva ottenuto 18 consiglieri nella banca (tra cui il presidente Andrea Moltrasio), contro i 5 della lista giunta seconda. Si è detto che Bazoli, schierandosi oggi a sorpresa col decreto, possa usare l’11,4% della banca, controllato dall’Associazione da lui presieduta, per consegnare l’istituto – una volta trasformato in spa – alla componente bresciana. Ma forse non è proprio così.

FRANCESCA BAZOLIFRANCESCA BAZOLI

 

E veniamo a Mazzotta. Diceva nel dicembre 2006, da presidente Bpm. “Si può cancellare il voto capitario??Sarebbe un grosso errore nelle popolari. Io posso dire che si possono rivedere alcuni aspetti della normativa. Sono sempre stato dell’opinione che lo strumento di?tutela del meccanismo di voto fosse utile per favorire la creazione di ?operazioni industriali efficaci nella realtà delle grandi banche? cooperative quotate del Centro Nord”.

 

LA SEDE DELLA BPM - BANCA POPOLARE DI MILANO - A PIAZZA MEDA A MILANOLA SEDE DELLA BPM - BANCA POPOLARE DI MILANO - A PIAZZA MEDA A MILANO

E un anno prima, al meeting ciellino di Rimini: “Il vantaggio di stabilità delle popolari è determinato dal voto capitario, che determina, anche per le banche quotate in borsa, un regime di più difficile scalabilità”. Nel 2009, però, proprio il voto capitario venne usato con più astuzia da Massimo Ponzellini, forte anche della sponsorship dell’allora ministro del tesoro Giulio Tremonti, per scalzare Mazzotta dalla presidenza dell’istituto. “Il voto capitario – disse il neoeletto Ponzellini – è un bene prezioso e non lo tradirò”. Poi, però, anche Ponzellini salta.

 

ANDREA BONOMI ANDREA BONOMI

Due anni dopo arriva alla presidenza il finanziere Andrea Bonomi che per la prima volta parla esplicitamente di trasformare la Bpm in spa. E, guarda caso, Mazzotta, con buona pace del voto capitario da lui cavalcato per anni, si mette al lavoro sostenendo Bonomi: convince il principe Giberto Borromeo-Arese (padre di Lavinia, moglie di John Elkann) a unirsi in cordata col defunto re della sanità milanese Giuseppe Rotelli.

 

Insieme comprano pacchetti di Bpm sperando di ottenerne una lauta plusvalenza, una volta che la banca si trasforma in società per azioni. Ma nel 2013 salta anche Bonomi e presidente di Bpm viene nominato Dino Piero Giarda. Che a Bazoli è vicinissimo, non foss’altro perché entrambi devono importanti passi della loro carriera al defunto méntore Beniamino Andreatta e alla vicinanza di entrambi con Romano Prodi. E al professore bresciano deve molto anche Giuseppe Castagna, oggi guida operativa della popolare milanese, che in Intesa ha fatto una lunga carriera.

Bona e Gilberto Borromeo Bona e Gilberto Borromeo

 

Ecco così che, letto in filigrana, il tradimento dei due banchieri cattolici al voto capitario nasconde, molto probabilmente, un disegno più ampio una fusione tra Ubi e Bpm. E Mazzotta? Qualche settimana fa, mentre filtravano voci di un nuovo interesse di Bonomi per Bpm, è diventato consigliere dell’Immobiliare Porta Volta dei Borromeo-Arese.

 

Ma nel 2013, appena uscito da Bpm, era stato fatto presidente del Mediocredito Italiano, guarda caso controllato da quell’Intesa di cui Bazoli è “dominus”. Il tandem Bazoli-Mazzotta, insomma, composto da due cattolici di sinistra sintonici al neopresidente della Repubblica Sandro Mattarella, allineandosi col decreto Renzi e dimenticando i tanti vantaggi che ha avuto dal voto capitario, marcia diviso per colpire unito e creare la Superpopolare del Nord. Naturalmente solo con soci amici e eccellenti.

 

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – PUTIN NON PERDE MAI: TRUMP ESCE A PEZZI DALLA TELEFONATA CON “MAD VLAD”. AVEVA GIÀ PRONTO IL DISCORSO (“HO SALVATO IL MONDO”) E INVECE HA DOVUTO FARE PIPPA DI FRONTE AL NIET DEL PRESIDENTE RUSSO ALLA TREGUA DI 30 GIORNI IN UCRAINA – ZELENSKY COTTO E MANGIATO: “SE NON SEI AL TAVOLO DEL NEGOZIATO, SEI NEL MENÙ” – LE SUPERCAZZOLE DEL TYCOON SU IRAN E ARABIA SAUDITA E LA PRETESA DELL’EX AGENTE DEL KGB: ACCETTO IL CESSATE IL FUOCO SOLO SE FERMATE GLI AIUTI ALL’UCRAINA. MA TRUMP NON POTEVA GARANTIRE A NOME DELL’EUROPA – DOPO IL SUMMIT A GEDDA DI DOMENICA PROSSIMA CI SARÀ UNA NUOVA TELEFONATA TRA I DUE BOSS. POI L’INCONTRO FACCIA A FACCIA…

donald trump dazi giorgia meloni

DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL SENATO LA TRUMPIANA DE’ NOANTRI, GIORGIA MELONI, HA SPARATO UN’ALTRA DELLE SUE SUBLIMI PARACULATE - DOPO AVER PREMESSO IL SOLITO PIPPONE (‘’TROVARE UN POSSIBILE TERRENO DI INTESA E SCONGIURARE UNA GUERRA COMMERCIALE...BLA-BLA’’), LA SCALTRA UNDERDOG DELLA GARBATELLA HA AGGIUNTO: “CREDO NON SIA SAGGIO CADERE NELLA TENTAZIONE DELLE RAPPRESAGLIE, CHE DIVENTANO UN CIRCOLO VIZIOSO NEL QUALE TUTTI PERDONO" - SI', HA DETTO PROPRIO COSI': “RAPPRESAGLIE’’! - SE IL SUO “AMICO SPECIALE” IMPONE DAZI ALLA UE E BRUXELLES REAGISCE APPLICANDO DAZI ALL’IMPORTAZIONE DI MERCI ‘’MADE IN USA’’, PER LA PREMIER ITALIANA SAREBBERO “RAPPRESAGLIE”! MAGARI LA SORA GIORGIA FAREBBE MEGLIO A USARE UN ALTRO TERMINE, TIPO: “CONTROMISURE”, ALL'ATTO DI TRUMP CHE, SE APPLICATO, METTEREBBE NEL GIRO DI 24 ORE IN GINOCCHIO TUTTA L'ECONOMIA ITALIANA…

donald trump cowboy mondo in fiamme giorgia meloni friedrich merz keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT: IL LATO POSITIVO DEL MALE - LE FOLLIE DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HANNO FINALMENTE COSTRETTO GRAN PARTE DEI 27 PAESI DELL'UNIONE EUROPEA, UNA VOLTA PRIVI DELL'OMBRELLO MILITARE ED ECONOMICO DEGLI STATI UNITI, A FARLA FINITA CON L'AUSTERITY DEI CONTI E DI BUROCRATIZZARSI SU OGNI DECISIONE, RENDENDOSI INDIPENDENTI - GLI EFFETTI BENEFICI: LA GRAN BRETAGNA, ALLEATO STORICO DEGLI USA, HA MESSO DA PARTE LA BREXIT E SI E' RIAVVICINATA ALLA UE - LA GERMANIA DEL PROSSIMO CANCELLIERE MERZ, UNA VOLTA FILO-USA, HA GIA' ANNUNCIATO L'ADDIO ALL’AUSTERITÀ CON UN PIANO DA MILLE MILIARDI PER RISPONDERE AL TRUMPISMO - IN FRANCIA, LA RESURREZIONE DELLA LEADERSHIP DI MACRON, APPLAUDITO ANCHE DA MARINE LE PEN – L’UNICO PAESE CHE NON BENEFICIA DI ALCUN EFFETTO? L'ITALIETTA DI MELONI E SCHLEIN, IN TILT TRA “PACIFISMO” PUTINIANO E SERVILISMO A TRUMP-MUSK...

steve witkoff marco rubio donald trump

DAGOREPORT: QUANTO DURA TRUMP?FORTI TURBOLENZE ALLA CASA BIANCA: MARCO RUBIO È INCAZZATO NERO PER ESSERE STATO DI FATTO ESAUTORATO, COME SEGRETARIO DI STATO, DA "KING DONALD" DALLE TRATTATIVE CON L'UCRAINA (A RYAD) E LA RUSSIA (A MOSCA) - IL REPUBBLICANO DI ORIGINI CUBANE SI È VISTO SCAVALCARE DA STEVE WITKOFF, UN IMMOBILIARISTA AMICO DI "KING DONALD", E GIA' ACCAREZZA L'IDEA DI DIVENTARE, FRA 4 ANNI, IL DOPO-TRUMP PER I REPUBBLICANI – LA RAGIONE DELLA STRANA PRUDENZA DEL TYCOON ALLA VIGILIA DELLA TELEFONATA CON PUTIN: SI VUOLE PARARE IL CULETTO SE "MAD VLAD" RIFIUTASSE IL CESSATE IL FUOCO (PER LUI SAREBBE UNO SMACCO: ALTRO CHE UOMO FORTE, FAREBBE LA FIGURA DEL ''MAGA''-PIRLA…)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO…