1. CALTAGIRONE SEMPRE PIU’ CALTARICCONE! SALPA CON IL SUO MAXI-YACHT COL VENTO IN POPPA: DA GENERALI A UNICREDIT, DA CEMENTIR ALL’ACEA, UN MARE DI PLUSVALENZE 2. SE VUOLE RIMETTERE A POSTO I CONTI DI FINMECCANICA, A PANSA NON BASTA METTERE LE MANI SUI 400 MILIONI DI IMMOBILI, MA HA BISOGNO DI RICAPITALIZZARE E DI VENDERE UNA QUOTA RILEVANTE DELLA CONTROLLATA AMERICANA DRS (E DI UN DIRETTORE GENERALE CHE CONTROLLI NON SOLO LA HOLDING MA ANCHE LA GESTIONE DELLE AZIENDE) 3. TORINO? BARI? NAPOLI? ROMA? VATTELAPESCA? OGGI DOVREBBE FINIRE AL SENATO LA PENOSA TELENOVELA GEO-POLITICA SULLA SEDE DELL’AUTHORITY PER I TRASPORTI 4. BERNABÈ È PRONTO ALLO SCORPORO DELLA RETE MA NON DIMENTICA DI TENERE FAMIGLIA

1. FINMECCANICA HA BISOGNO DI RICAPITALIZZARE E DI VENDERE UNA QUOTA RILEVANTE DELLA CONTROLLATA AMERICANA DRS
Gli uscieri di Finmeccanica si stanno scambiando smorfiette furbe da venerdì sera quando l'ufficio stampa controllato dal mite Marco Forlani ha smentito con un comunicato di una riga che non è allo studio alcuna operazione sul capitale.

La secca presa di posizione è la risposta alle voci riprese con grande evidenza dal settimanale "Il Mondo" secondo le quali il super-ragioniere Alessandro Pansa starebbe preparando una "cura choc" per rimettere in sesto i conti del Gruppo che domani saranno enunciati nella semestrale.

Secondo queste voci, peraltro già anticipate da alcuni analisti, l'azienda di piazza Monte Grappa avrebbe bisogno di una robusta manovra per alleggerire l'indebitamento che ,oltre all'aumento di capitale, dovrebbe prevedere anche la cessione di alcuni asset importanti.

Questa tesi secondo la quale la ricapitalizzazione si aggirerebbe tra 1 e 1,5 miliardi è condivisa anche dal settimanale "MilanoFinanza" dove la giornalista Luisa Leone ha scritto sabato un articolo meno euforico di quelli dei colleghi che si sono sempre interessati di Finmeccanica. In particolare, nel testo si evidenzia l'atteggiamento critico dei report pubblicati dalla banca svizzera Ubs e si ricorda che due agenzie di rating hanno già declassato a spazzatura il debito del Gruppo.

A questo punto gli uscieri si scambiano smorfiette ironiche perché ritengono che le terapie anticipate dai giornali siano scontate da tempo. Se vuole rimettere a posto i conti al povero Pansa non basta mettere le mani sui 400 milioni di immobili che il Gruppo possiede in giro per l'Italia, ma ha bisogno di un colpo di reni che passa attraverso precise scelte industriali. A questo proposito l'articolo de "Il Mondo" ipotizza la creazione di un polo dei trasporti e di un polo per l'energia, ma questa strategia entra in rotta di collisione con la politica delle dismissioni sulla quale Pansa ha ottenuto l'appoggio prima di Vittorio Grilli, poi di una parte del governo.

A questa ipotesi si aggiungerebbe l'idea di vendere una quota rilevante della controllata americana Drs, la società acquistata da Guarguaglini a peso d'oro e nella quale pare che il management italiano non riesca a mettere bocca. Eppure è proprio da Drs che si può articolare una politica di alleanze con i colossi mondiali della Difesa, Eads (franco-tedesco) e Bae Systems (inglese), che secondo le ultime notizie del "Financial Times" sarebbero ben lontani da quel matrimonio che metterebbe Finmeccanica definitivamente fuori dal grande business internazionale.

In questo quadro è arrivata stamane la buona notizia di una gara vinta da Ansaldo Sts per la metropolitana di Riyad all'interno di un consorzio che consentirà la società italiana di portare a casa 680 milioni di dollari. È una boccata d'ossigeno che dimostra come le attività civili di Finmeccanica siano ancora competitive sui mercati internazionali e non debbano essere svendute a mani straniere. Questo ramo industriale continua a tirare a dispetto di chi come lo stesso Pansa si è affannato in questi mesi a cercare un acquirente in giro per il mondo.

In questo scenario c'è da risolvere uno degli ultimi tasselli della governance e gli uscieri pensano che al tandem De Gennaro-Pansa serva assolutamente un direttore generale in grado di controllare non solo la holding ma anche la gestione delle varie aziende. Per loro il candidato ideale era Giuseppe Zampini, l'amministratore di Ansaldo Energia che si è ritirato dietro le quinte e aspetta di riaffiorare tra sei mesi, quando si ricomincerà a parlare del rinnovo cariche al vertice del Gruppo.

Una soluzione provvisoria potrebbe portare sulla poltrona della direzione generale Giovanni Soccodato, un manager di 52 anni che dopo la laurea all'università di Pisa è entrato nell'86 in Alenia Spazio e oggi dirige le strategie del Gruppo. Su questa nomina De Gennaro pare che non abbia alcuna intenzione di mettere bocca. Dopo aver rimosso dalla sua scrivania i modellini degli elicotteri che il mite Marco Forlani gli aveva piazzato accanto alla tastiera dei telefoni (per dimensioni ha la meta' dei pulsanti rispetto a quella utilizzata quando era Capo della Polizia), il neopresidente si è calato nella parte e studia i dossier.

Secondo gli uscieri il suo atteggiamento è perfettamente in linea con la volontà di apparire un vero manager, ma pensano che la carica sia una soluzione-ponte in vista di un obiettivo più alto che lo porterebbe a diventare Segretario Generale del Quirinale.

2. OGGI DOVREBBE FINIRE AL SENATO LA PENOSA TELENOVELA SULLA SEDE DELL'AUTHORITY PER I TRASPORTI
Oggi dovrebbe finire al Senato la penosa telenovela sulla sede dell'Authority per i Trasporti dove sono scesi in campo i sindaci e gli esponenti politici di molte città.

A Palazzo Madama si voterà sull'emendamento "piemontese" che i sabaudi Fassino e Cota hanno spinto per portare l'Authority sotto la Mole. Da parte loro il sindaco di Salerno De Luca spinge per Napoli, mentre la deputata Savino del Pdl preferirebbe Bari. Per caldeggiare la sede torinese è sceso in campo anche l'economista Gian Maria Gros Pietro, il collezionista di cariche dalle cravatte di seta che sostiene Torino come scelta vincente.

Il fortunato studioso sembra vivere in un mondo diverso e ignora il costo di un decentramento, ma con motivazioni poco plausibili continua a dire che la città della Fiat "per la sua storia può garantire rigore, capacità professionali, efficienza e produttività". Accanto a lui si è schierato anche Roberto Formigoni, ma è probabile che i tre membri dell'Authority (Camanzi, Marinari e Valducci) sosterranno il baricentro romano.

3. CALTARICCONE IN VACANZA COL VENTO IN POPPA (DA GENERALI A UNICREDIT, CON PLUSVALENZE)
Dopo il consiglio di amministrazione di domani in Acea, Francesco Gaetano Caltagirone potrà sciogliere gli ormeggi dal suo ufficio di via Barberini e partire per le vacanze a bordo dello splendido maxi-yacht Perini di 60 metri.

Prima di bagnarsi i lombi il costruttore-editore-finanziere romano tirerà giù i conti delle società che fanno parte del suo impero. Sono conti positivi perché nonostante la crisi che ha infiacchito le attività editoriali, il resto degli investimenti e delle partecipazioni gli sta portando plusvalenze di rilievo.

La sola Acea, dove Caltariccone possiede il 16,3%, da inizio anno ha guadagnato in Borsa il 57,2% e negli ultimi tre mesi il 30,6. E stamane una pioggia di report positivi è caduta su Cementir, la società guidata dal figlio Francesco Junior. La stessa musica vale per Vianini Industria che è ritornata in utile, ma chi lo ha seguito negli ultimi due anni sa che le operazioni più succulente le ha fatte entrando in Unicredit e Generali.

In un'intervista a Massimo Mucchetti il Calta ammise di avere azioni delle Generali tra i 13 e i 14 euro di media: oggi si ritrova i titoli del Leone che viaggiano verso i 15 euro. Ma l'operazione più furba è stata sicuramente quella di uscire da MontePaschi prima del crollo e comprare a mani basse i titoli della Banca di piazza Cordusio guidata dal roseo Ghizzoni.

Secondo gli analisti è entrato in Unicredit con un suo 2% insieme a Del Vecchio e Della Valle quando il valore del titolo era sotto i 3 euro. Oggi ne vale più di 4.
A Generali invece a mordersi le mani sono i vari Pelliccioli, Drago e Boroli della De Agostini che dopo la cessione della compagnia Toro alle Generali hanno investito 900 milioni di euro di liquidità senza immaginare che la loro partecipazione due anni fa si sarebbe svalutata di 551 milioni. In quell'epoca il direttore generale di De Agostini, Paolo Ceretti, disse: "Caltagirone è stato più abile".

E a quanto pare lo ha dimostrato anche se per lui come per Del Vecchio (altro socio di Generali) il vero business da trattare con il capo del Leone di Trieste, Mario Greco, è rappresentato dalla valorizzazione dell'immenso patrimonio immobiliare.

4. BERNABÈ È PRONTO ALLO SCORPORO DELLA RETE MA NON DIMENTICA DI TENERE FAMIGLIA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Franchino Bernabè è pronto allo scorporo della Rete ma non dimentica di tenere famiglia.

Nei giorni scorsi lo ha dimostrato facendo entrare la figlia più giovane Lucia nel consiglio di amministrazione della sua holding personale, Fb Group. Quest'ultima non ha una grande attività e ha chiuso il 2012 con un utile modesto di 9mila euro comunque superiore alla perdita di 1,3 milioni dell'anno precedente.

Secondo il giornalista Andrea Giacobino che da anni si diverte a spigolare negli affari privati di Bernabè, questo piccolo regalo alla figlia è un modo di coinvolgerla negli interessi della famiglia. Nel dicembre scorso la giovane Lucia era già entrata con un 20% nella società Bera srl, costituita insieme al fratello Marco Norberto per operare nel business del salute e dello yoga".

 

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