carige malacalza

LA MALACALZA DELLA BEFANA - CARIGE HA BISOGNO DI UNA RICAPITALIZZAZIONE O DI UN PARTNER INDUSTRIALE DOPO AVER CHIUSO IL BILANCIO 2018 CON UNA PERDITA DA 189 MILIONI DI EURO - CON IL COMMISSARIAMENTO, PER LA PRIMA VOLTA LA BCE E’ ENTRATA NELLA GESTIONE DI UN ISTITUTO - IL TEMPO STRINGE E QUELLA CHE FU LA QUINTA BANCA ITALIANA DEVE RESTITUIRE UN PRESTITO, A TASSI ALTISSIMI, OTTENUTO DAGLI ALTRI ISTITUTI…

Ferruccio De Bortoli per “L’Economia - Corriere della Sera”

 

FERRUCCIO DE BORTOLI

Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così, che abbiamo noi prima di andare a Genova... Le parole della celebre canzone di Paolo Conte Genova per noi, cantata per la prima volta da Bruno Lauzi, si attagliano perfettamente, anche a mo' di parodia, all'infinita vicenda della Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, commissariata dalla Bce il 2 gennaio scorso e affidata a tre commissari, i vertici uscenti Pietro Modiano e Fabio Innocenzi e l'esperto del settore Raffaele Lener, vicino alla Banca d'Italia.

 

Le parole di Conte, il cantautore - poi ci saranno anche quelle del suo omonimo presidente del Consiglio - sono adatte non solo per l'omaggio alla bellezza della città. Anche se Genova avrebbe voluto tanto avere i giorni tutti uguali, come malinconicamente si dice nel testo. E, dunque, risparmiarsi la tragedia del ponte Morandi e il declino della sua più grande banca. Ma soprattutto per gli azionisti di maggioranza relativa dell' istituto Ligure, i Malacalza, Vittorio e i figli Davide e Mattia. Accomunarli alla poesia di Conte forse li nobilita un po' troppo. Ma vengono anche loro da fuori.

 

vittorio malacalza

La famiglia Malacalza approdò nel capoluogo ligure dall'entroterra, da Bobbio in provincia di Piacenza. E ora si domanda se quel posto dove andiamo non c'inghiotte e non torniamo più. Hanno investito 420 milioni di euro in quella che, fino a poco tempo fa, era la quinta banca italiana. Carige in Borsa nel 2007 valeva 6 miliardi. Prima dell'amministrazione straordinaria e della sospensione del titolo, appena 80 milioni.

 

La quota dei Malacalza si è ridotta a una ventina di milioni. È comprensibile che la famiglia piacentina, arricchitasi vendendo agli ucraini le proprie attività siderurgiche, abbia avuto qualche problema nel sottoscrivere il previsto aumento di capitale (400 milioni ) che pro quota le sarebbe costato 120 milioni circa. Ma ha impedito, con la sua astensione nell'assemblea straordinaria del 22 dicembre, che la banca si aprisse a nuovi investitori, mantenendo i propri ratios patrimoniali.

 

Carige ha ottenuto un prestito temporaneo e subordinato, da parte di altri istituti riuniti sotto lo Schema Volontario del Fondo interbancario, di 320 milioni a un tasso del 13 per cento che salirà al 16 in caso di mancata ricapitalizzazione. Le dimissioni di diversi consiglieri hanno agevolato l'intervento, per la prima volta, della Bce. E l'applicazione, d'intesa con la Banca d'Italia, dell'istituto dell'amministrazione straordinaria, come previsto dal Tub, il testo unico sull'attività bancaria. Il nuovo capo della vigilanza europea Andrea Enria ha fatto il suo debutto commissariando un'azienda di credito italiana. Quasi una nemesi.

vittorio malacalza

 

La vicenda Carige - come abbiamo scritto su L'Economia del 27 novembre scorso - è esemplare perché racchiude in sé molte delle malattie del sistema bancario italiano. La sindrome del padre padrone, assai sviluppata nelle popolari e nelle ex casse di risparmio. Giovanni Berneschi nel 2013, dopo le perdite e le ispezioni della Banca d'Italia, è costretto a lasciare. Sarà condannato in appello a 8 anni e sette mesi per la truffa del ramo assicurativo.

 

I legami incestuosi con la politica, gli Scajola, Grillo ( Luigi, ex dc, non il comico genovese guru dei Cinque Stelle), Bonsignore. I crediti facili ai clienti privilegiati, agli industriali amici (che a differenza dei Malacalza ci hanno solo guadagnato), agli immobiliaristi un po' spregiudicati. Un concentrato delle peggiori abitudini italiche. Ma nonostante ciò la banca ha tenuto nel rapporto con la propria clientela più affezionata. Carige rimane un simbolo della Liguria del lavoro e del risparmio.

 

vittorio malacalza

Un'eventuale aggregazione con un altro istituto - strada che appare oggi obbligata - potrebbe essere favorita da almeno 1,5 miliardi di valore inespresso, in sintesi crediti d'imposta (1,2 miliardi di cui 500 immediatamente utilizzabili), requisiti di capitale inferiori, benefici derivanti da nuovi modelli di valutazione dei crediti, licenze bancarie acquisite in precedenza, un costo di funding dimezzato. Favorito è un grande gruppo. Non dovrebbe ricorrere a un aumento di capitale dedicato, come accadrebbe per l'aggregazione con un istituto di medie dimensioni.

 

Innocenzi aveva affidato la ricerca del partner all'Ubs. Forse non la scelta più appropriata avendo lavorato nel gruppo bancario svizzero fino a qualche mese fa. I commissari dovranno lavorare sodo per preparare un piano industriale, abbattere di almeno altri 2,5 miliardi il peso dei crediti deteriorati (già ridotti nelle scorse settimane di 1,7). Rendere cioè la banca pulita e appetibile. Carige era già in sicurezza con le prime mosse della nuova gestione.

 

famiglia malacalza

Il no dei Malacalza ha mandato all'aria tutto. Modiano, Innocenzi e Lener dovranno poi trattare uno «sconto» con le banche che hanno concesso un prestito che definire caro è un eufemismo. Ma c'è l'ostacolo del voto capitario. E non è escluso che il bond si trasformi in azioni. Se non convertito, durerebbe dieci anni. Costo: 51 milioni l'anno su un conto economico assai precario.

 

Ma quella faccia un po' così, quell' espressione un po' così, che abbiamo noi mentre guardiamo Genova.. Prima dell' assemblea del 22 dicembre, quella che ha fatto precipitare tutto, accade che Vittorio Malacalza abbia detto, in una occasione pubblica, di «non conoscere Innocenzi» che come gli altri precedenti amministratori delegati (Bastianini e Fiorentino) ha scelto lui. E ha colpito i presenti all' assemblea l'applauso riservato dal principale azionista all'intervento di un socio che si chiedeva come mai «un manager bancario (Innocenzi ndr) che guadagnava quattro milioni l'anno sia venuto a prenderne solo 800 mila. Che cosa c'è sotto?».

CARIGE

 

Alla decisione del commissariamento si arriva a cavallo del Capodanno. E qui entra in campo l'altro Conte, Giuseppe, presidente del Consiglio, il quale ribadisce che lo Stato, a differenza di quello che è accaduto con il Monte Paschi, non ci metterà un euro. Chiama Malacalza ma non riesce a convincerlo a mutare atteggiamento e a non mettere a repentaglio il futuro della banca. Il commissariamento non toglie alla famiglia il diritto di voto. Qualche ripensamento sembra far breccia nelle ultime ore.

 

carige

C'è sempre il rischio che venga riconosciuto, in un'eventuale causa, il controllo di fatto dei Malacalza sulla banca (hanno il 27,55 per cento), cosa che li costringerebbe a consolidarla con la loro holding. Una sciagura per Carige che non potrebbe valorizzare le sue minorities. Si staglia all'orizzonte un' altra battaglia legale. Non è un caso che lo yacht della famiglia, dal quale spesso partivano i messaggi per amministratori e presidenti poi decapitati in serie, si chiami «Mai domo». No, Genova non è stata, come scrive Conte, il cantautore, un' idea come un' altra. E circospetti ci muoviamo, un po' randagi ci sentiamo noi. Sull'umore di altri azionisti, ma soprattutto di clienti e risparmiatori, il testo della canzone non ci aiuta. Ma non è difficile immaginarlo.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni donald trump - immagine creata con grok

DAGOREPORT – CHE FINE HA FATTO IL FANTOMATICO "PONTE" CHE MELONI SOGNAVA DI CREARE TRA USA E UE? PRIMA DEL VERTICE BY MACRON, LA DUCETTA AVREBBE AVUTO LA TENTAZIONE DI CHIAMARE TRUMP, MA POI CI HA RIPENSATO. PERSINO LEI HA CAPITO CHE DALL'"IMPERATORE DEL CAOS" AVREBBE RICEVUTO SOLO ORDINI, VISTO CHE CONSIDERA I PAESI EUROPEI SOLO DEI VASSALLI - DAVANTI A UN PRESIDENTE AUTORITARIO CHE DIFFONDE MENZOGNE E RIBALTA LA REALTÀ (“ZELENSKY È UN DITTATORE MAI ELETTO. L’UCRAINA NON DOVEVA INIZIARE LA GUERRA. L'EUROPA HA FALLITO”), SIAMO SICURI CHE L’ANTIPATICO GALLETTO FRANCESE MACRON E L’EUROPA MATRIGNA (CHE COMPRA BTP E DA' 209 MILIARDI DI PNRR) SIANO PEGGIO DI UN INAFFIDABILE AFFARISTA TRAVESTITO DA PRESIDENTE?

donald trump bin salman zelensky putin xi jinping

DAGOREPORT - CHE COSA FRULLA NEL CAPOCCIONE DI DONALD TRUMP? QUAL E' IL SUO PIANO PER UN NUOVO ORDINE MONDIALE, A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA? - L'AFFARISTA FATTOSI PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI È CONVINTO CHE RILEGITTIMANDO LA RUSSIA DI PUTIN COME POTENZA MONDIALE, MOSCA SI SLEGHI DALL’ABBRACCIO COL SUO NEMICO N°1, LA CINA, E MOLLI L’IRAN AL SUO FATAL DESTINO - MA IL TRUMPONE LA FA TROPPO FACILE, AL PUNTO DA PROVOCARE PERPLESSITÀ IN UN ALLEATO DI FERRO COME IL SAUDITA MOHAMMED BIN SALMAN (NON E' UN CASO CHE RIAD OSPITI IL VERTICE PER LA PACE IN UCRAINA, ANZICHE' NELLA NEUTRALE SVIZZERA) – IL DIALOGO IMMAGINARIO TRA IL PRINCIPE EREDITARIO SAUDITA E “THE DONALD” E TUTTE LE VARIABILI CHE TRUMP NON PRENDE IN CONSIDERAZIONE: DALLA REAZIONE CINESE ALLA DEPORTAZIONE DI DUE MILIONI DI PALESTINESI, DALLE SPACCATURE NELL’ISLAM A TAIWAN, PASSANDO PER L'EUROPA...

mediaset matteo salvini marina berlusconi piersilvio giorgia meloni paolo del debbio mario giordano nicola porro

DAGOREPORT – MATTEO SALVINI ATTACCA MARINA BERLUSCONI, REA DI AVER LIQUIDATO TRUMP COME "BULLO", PERCHÉ A MEDIASET NON SE LO FILANO PIÙ: IL CLUB DEGLI ''AMICI DI GIORGIA'' (PORRO-DEL DEBBIO-GIORDANO, CAPITANATO DA SALLUSTI) LO HA ESTROMESSO DAI TALK DI RETE4 – L’INTERVISTA RILASCIATA DALLA CAVALIERA AL ''FOGLIO'' È UN MANIFESTO PER LA FORZA ITALIA GUIDATA DALL'INETTO TAJANI, MARCANDO COSI' LA SUA DISTANZA DA MELONI. E ANCHE DA CHI IN MEDIASET, SUONA OGNI SERA LA GRANCASSA ALLA DUCETTA (E INFATTI LE PAROLE DELLA FIGLIA PREDILETTA DI SILVIO BERLUSCONI HANNO INDISPETTITO IL POCO CORAGGIOSO PIER SILVIO…)

giorgia meloni vertice parigi eliseo emmanuel macron

DAGOREPORT- PER CAPIRE COSA È SUCCESSO AL VERTICE PARIGINO DI MACRON, BASTA VEDERE IL VOLTO INGRUGNITO DI GIORGIA MELONI - PER DARE UN SEGNALE A TRUMP DEL SUO STATO D’ANIMO ALLA ‘’CONVOCAZIONE’’ DEL PRESIDENTE FRANCESE, È ARRIVATA ALL’APPUNTAMENTO CON UN’ORA DI RITARDO, PER POI PRODURSI IN UNA FIGURA BARBINA QUANDO HA AFFERMATO DI NON ESSERE D’ACCORDO SULL’IDEA DI PROPORRE UNA VIA EUROPEA AL CESSATE IL FUOCO IN UCRAINA: L’UNIONE DA SOLA NON VA DA NESSUNA PARTE, QUINDI OCCORRE ‘’RAGIONARE’’ CON TRUMP. A QUEL PUNTO, LA PREMIER MUSK-ERATA SI È RITROVATA ISOLATA, CON I PRESENTI CHE IN CORO LE HANNO FATTO PRESENTE CHE, FINO A PROVA CONTRARIA, È IL PRESIDENTE AMERICANO CHE NON INTENDE “RAGIONARE” CON L'EUROPA (VEDI LE TRATTATIVE RUSSIA-USA IN CORSO A RIAD...)

giorgia meloni donald trump emmanuel macron

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI NON AVEVA ALCUNA VOGLIA DI VOLARE A PARIGI AL VERTICE ORGANIZZATO DA MACRON PER L’UCRAINA (E SI VEDEVA), MA HA DOVUTO ABBOZZARE – IL TOYBOY DELL’ELISEO HA APPARECCHIATO UN TAVOLO CON TUTTI I PRINCIPALI LEADER EUROPEI (PIÙ IL BRITANNICO STARMER, PRIMO CONTRIBUTORE DI KIEV, DOPO GLI USA) E LA DUCETTA NON POTEVA DISERTARE – A CONVINCERLA È STATO ANCHE IL PRESSING DELLA "FIAMMA MAGICA", CHE LE HA FATTO NOTARE CHE NON PRESENZIARE L’AVREBBE ISOLATA COMPLETAMENTE. MEGLIO PARTECIPARE, E MARCARE LA PROPRIA DISTANZA AGENDO COME “DISTURBATRICE” TRUMPIANA. E COSÌ È STATO – IL PIANO DI TRUMP: RIAVVICINARE PUTIN ALL’ORBITA EURO-ATLANTICA PER LASCIARE SOLO XI JINPING...