1- MA È CREDIBILE UNO SCAZZO TRA I DUE AMICI E SOCI COME DIEGUITO E LUCHINO? 2- DELLA VALLE È UN IMPRENDITORE ABBASTANZA RICCO DA POTERSI PERMETTERE LA LIBERTÀ DI INSULTO. LUCHINO È UN DIPENDENTE (PRECARIO) DELLA FIAT, A 5-6 MILIONI L’ANNO 3- COME UN'ELEMOSINA, LUCA HA RACIMOLATO DAL DUPLEX MARPIONNE-ELKANN, CHE NON LO STIMANO NE’ COME UOMO NE’ COME RETTILE, UN ALTRO ANNO DI FERRARI (SE NON SCENDE A OTTOBRE PROSSIMO IN POLITICA): IL J’ACCUSE DELLO SCARPARO CONCORDATO CON LUCA? 4- A TORINO SI MALIGNA: GLI INSULTI DI DELLA VALLE A MARPIONNE ISPIRATI DA UNA PARTE DEGLI AGNELLI CHE SI SONO ROTTI DEL ‘’FURBETTO COSMOPOLITA’’ CON PULLOVER 5- LO SMONTEZEMOLATO È STATO PRESIDENTE DELLA FIAT, PER GRAZIA DI SUNI AGNELLI, FINO AL GIORNO IN CUI “RAGAZZINO ELKANN” GLI HA DETTO DI FARSI PIÙ IN LÀ; E CHE IMPRENDITORE CON IL TRENO ITALO LO È PER MODO DI DIRE, VISTO CHE I SOLDI CE LI HA MESSI BANCA INTESA, CIOÈ QUEL PASSERA CHE OGGI GLI CONTENDE LO SPAZIO POLITICO AL CENTRO
Giorgio Meletti per "il Fatto quotidiano"
Diego Della Valle insulta Sergio Marchionne e John Elkann ("inadeguati furbetti cosmopoliti") e il suo amico e socio Luca Cordero di Montezemolo lo sgrida di brutto ("espressioni assolutamente inaccettabili"). Ma è subito evidente che la differenza non è tanto nel giudizio sui vertici della Fiat che stanno sbaraccando l'industria dell'auto in Italia. Il diverbio illumina una differenza troppo spesso dimenticata: la classe sociale di appartenenza. Della Valle è un imprenditore abbastanza ricco da potersi permettere la libertà di giudizio. Montezemolo è un dipendente (precario) della Fiat, anche se a 5-6 milioni l'anno.
E così, mentre l'inventore delle scarpe Tod's si lascia andare a un giudizio scostumato per gli standard dei "salotti ammuffiti", come li definisce il suo amico ed estimatore Clemente Mastella, il presidente della Ferrari si lancia nella zelante censura, come se a ciò l'avessero delegato le due parti offese, chiuse in un algido silenzio dopo l'invettiva dello scarparo marchigiano.
L'archetipo letterario è l'indimenticabile scena del ragionier Ugo Fantozzi, sorpreso a sorseggiare acqua gassata Bertier nel momento in cui il suo padrone, il duca conte Semenzara, vince una ricca mano al casinò. Automatico lo stentoreo ordine del duca conte di continuare a portargli fortuna tracannando 25 bottiglie di Bertier ("Beva! Beva! Beva!") fino a uno dei più giganteschi rutti della storia del cinema ("Il secondo tragico Fantozzi" , 1976, regia di Luciano Salce).
Non sappiamo se il duca conte Elkann o il megadirettore galattico Marchionne abbiano sollecitato la reazione di Montezemolo (Reagisca! Reagisca! Reagisca!) o se il primo dipendente della Ferrari si sia unito spontaneamente al coretto anti-scarparo con il sindacalista aziendale Roberto Di Maulo leader del Fismic. Ed è difficile valutare quale delle due ipotesi sia più umiliante per un uomo che sta valutando da sette anni se candidarsi alla guida del Paese.
Ma è certo che in un Paese dove gli imprenditori (tra grandissimi e minimi) sono quattro milioni, lo scontro tra i due amici e soci mette a nudo l'inconsistenza dell'ammorbante retorica sugli "uomini d'impresa che si misurano con il mercato", contrapposti a milioni di semplici lavoratori, dipendenti quando va bene, dipinti come pigramente accomodati nelle mollezze di una vita di garanzie, senza iniziativa e senza rischio.
Della Valle è la dimostrazione vivente che viviamo in un sistema dove il potere, e non il mercato, a dominare. Perché è lui stesso a denunciarlo dal pulpito dell'eccezione che conferma la regola. Veramente ricco, con la Tod's che gli sforna profitti per decine di milioni ogni anno, e con i soldi fatti in giro per il mondo, può permettersi di dire quello che pensa.
Il suo vero lusso non sono le scarpe che produce, ma il privilegio di poter definire Antonio Fazio "scandaloso", di dirgli "vergognati, vattene a casa" quando ancora tutta la classe dirigente (imprenditori, banchieri , politici) lo temevano; di chiamare i due uomini più potenti d'Italia, i banchieri Giovanni Bazoli e Cesare Geronzi, "arzilli vecchietti"; di definire Silvio Berlusconi all'apice del potere "uomo sull'orlo di una crisi di nervi"; di dare del "ragazzino" a John Elkann, intoccabile nipote dell'avvocato Agnelli.
Non si sa se l'amico Luca proprio non condivide o semplicemente lo invidi, lui che da sempre dipende da casa Agnelli per ogni ambizione, che già nell'83 non riuscì a elemosinare un seggio a Montecitorio da Ciriaco De Mita perché l'Avvocato glielo vietò; e che è stato presidente della Fiat, per decisione di Susanna Agnelli, fino al giorno in cui "ragazzino Elkann" gli ha detto di farsi più in là ; e che imprenditore con il treno Italo lo è per modo di dire, visto che i soldi ce li ha messi Banca Intesa, cioè quel Corrado Passera che oggi gli contende lo spazio politico al centro.
Ma si può essere amici appartenendo a classi diverse e anche con opposte visioni della vita. Nel rinomato quartetto di inseparabili, con Diego e Luca, c'è anche Enrico Mentana, una vita a Canale 5 con B. fino alla clamorosa rottura la notte in cui morì Eluana Englaro: proprio ieri ha detto che se per caso Mediaset comprasse La7 lui se ne andrebbe.
E poi c'è Carlo Rossella, una vita da giornalista con B., e oggi ancora suo dipendente (alla Medusa Film), che da direttore di Panorama pubblicò la celebre foto del padrone con il ritocco anti-calvizie. Impresa che gli valse da parte dell'Ordine dei Giornalisti una delle più offensive assoluzioni di sempre: "La piaggeria non è un illecito disciplinare, anche se è qualcosa di peggio sul piano morale".
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