FAZIO ASSOLTO, VIVA FAZIO! ANZI NO - OTTO ANNI DOPO LA SUA DEFENESTRAZIONE PER MANO GIUDIZIARIA, SIAMO PASSATI ALL’ESTREMO OPPOSTO DELLA VISIONE PROVINCIALE E PAPALINA DELLO STREGONE DI ALVITO

1. IL FURBETTO DI PALAZZO KOCH
Bankomat per Dagospia

Prescritto o non prescritto, l'ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio non ha cospirato con i Furbetti del quartierino, con Calta-riccone e con gli ex vertici di Unipol per bloccare la scalata degli spagnoli di Bbva alla Bnl. Tutti assolti perché "il fatto non sussiste". Quindi, a distanza di otto anni, si può ben dire che lo Stregone di Alvito è innocente. Anche se una condanna a due anni e mezzo l'ha comunque presa per il fallito assalto all'Antonveneta da parte del suo protetto "Gianpi" Fiorani, quello della Popolare di Lodi.

Ma prima che parta il coretto dei rimpianti di tutta una classe dirigente bancaria e politica alla quale lo stile autocratico di Fazio piaceva molto, può essere utile ricordare alcune cosette. Che valgono per lui come per Nonna Pina Cancellieri. Non aver commesso reati non equivale per ciò solo al diritto di ricoprire cariche istituzionali di un certo livello. Il vostro preside delle Medie, che sicuramente era una brava persona e non ha mai frequentato nel tempo libero né i Ligrestos né Fiorani, non ha per questo ricoperto le cariche di governatore della Banca d'Italia o di ministro della Giustizia.

Se poi un diplomato assai studioso si laurea in economia e commercio e fa qualche mese di specializzazione ad Harvard non c'e' nulla di male, anzi. Si plaude giustamente, e una volta tanto, all'ascensore sociale. Se poi viene assunto in Via Nazionale e si occupa per anni di modelli macroeconomici, evviva! Ma se alla fine diventa Governatore e nella più delicata ed effettivamente utile attività di Bankitalia, ossia la vigilanza sugli intermediari creditizi e finanziari, ostenta uno stile arrogante e complice al tempo stesso, con frequentazioni non opportune e ingerenze varie spacciate per "moral suasion", allora è tutta un'altra storia.

Dai giornaloni Fazio venne omaggiato come grande studioso di San Tommaso e il popolo dei cosiddetti risparmiatori venne distratto dai racconti di questa o quella Messa alla quale il pio governatore partecipava. Nelle occasioni pubbliche parlava come un oracolo. A cena con i giornalisti si sedeva a capotavola, si accendeva un sigaro e avvolto nel proprio fumo pontificava sui massimi sistemi.

Ma anche qui, in tanti hanno letto libri come e più di Fazio, e molti vanno a Messa. Non per questo sono stati spacciati per adeguati banchieri centrali.

Nel giorno del giusto tributo a un'assoluzione penale, andrebbe anche ricordato che una certa Italia per bene, che pure esiste, non ha mai condiviso il modo di "fare banca" e gestire i grandi affari di un Fiorani, di un Geronzi e di un Berneschi. Da governatore, Fazio, a spese e per conto degli italiani, avrebbe dovuto controllarli. E invece ci teneva a farsi vedere amico loro, ovunque fosse possibile.

Con camminate in pubblico assai ostentate, infarcite di cardinali che Bergoglio avrebbe spedito a lavorare nelle missioni. Fazio ha protetto per anni le banche popolari, il Monte dei Pacchi di Siena e bocciò senza alcuna valida ragione la fusione tra il Sanpaolo di Torino, guidato da Luigi Arcuti, e la Banca di Roma dell'amico Geronzi. Lo stile Fazio, opaco e provinciale al tempo stesso (parlava anche un inglese maccheronico), ha poi creato l'effetto pendolo, con il celodurismo filo-anglosassone di un Draghi e di un Visco che oggi stressano irragionevolmente le banche italiane e favoriscono nuovi valzer graditi Oltralpe.

In ogni caso è sulla base di questo tipo di considerazioni, naturalmente opinabili, che si valuta una classe dirigente. Perché sulle banche e sui grandi affari, procure e tribunali arrivano tardi e spesso anche tecnicamente male.

2. SCALATA DI UNIPOL ALLA BNL ASSOLTI FAZIO E CONSORTE
L'APPELLO SULL'AGGIOTAGGIO: «IL FATTO NON SUSSISTE»
Luigi Ferrarella per il Corriere della Sera

In Tribunale condanna a 3 anni e mezzo e 900.000 euro di pena pecuniaria con 15 milioni di euro di risarcimenti, tutto poi ribaltato dall'assoluzione in Appello, quindi annullamento in Cassazione dell'assoluzione, e ieri nuova assoluzione in Appello, tra l'altro nel merito «perché il fatto non sussiste», e non solo per prescrizione dell'aggiotaggio maturata nel frattempo a distanza di più di 8 anni dai fatti: diversamente dalla coeva e riuscita scalata della Banca Popolare di Lodi di Giampiero Fiorani alla Banca Antonveneta (consegnata agli archivi giudiziari con condanne definitive tra le quali anche quella dell'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio a 2 anni e mezzo per aggiotaggio) esce giudiziariamente intonsa la tentata scalata alla Banca Nazionale del Lavoro sempre nell'estate 2005 da parte dell'Unipol amministrata all'epoca da Giovanni Consorte, Ivano Sacchetti e Carlo Cimbri.

La terza Corte d'Appello di Milano, presieduta da Arturo Soprano, ha infatti assolto il terzetto di manager Unipol (dove nel frattempo Cimbri è diventato il numero 1); l'allora governatore di Bankitalia; il costruttore ed editore del Messaggero-Mattino-Gazzettino Francesco Gaetano Caltagirone, vicepresidente di Generali e azionista di Unicredit; gli immobiliaristi Vito Bonsignore (eurodeputato pdl), Danilo Coppola, Stefano Ricucci e Giuseppe Statuto; i fratelli Ettore e Tiberio Lonati; il finanziere di Hopa, Emilio Gnutti, e il banchiere Bruno Leoni di Banca Popolare Emilia-Romagna.

In primo grado nel 2011 i giudici avevano ritenuto che nel maggio 2005 i tre dirigenti di Unipol avessero raggiunto, d'intesa con Fazio in Bankitalia, un accordo segreto con un gruppo di azionisti di minoranza di Bnl (il cosiddetto «contropatto» forte di un 24-25%), i quali da un lato si sarebbero impegnati a non aderire all'offerta pubblica di scambio (Ops) di azioni Bnl lanciata in marzo dagli spagnoli del Banco di Bilbao, e dall'altro avrebbero acquistato congiuntamente a Unipol un'influenza dominante su Bnl aggirando l'obbligo (una volta superato il 30%) di lanciare un'offerta pubblica di acquisto (Opa) contrapposta a quella del Banco di Bilbao.


Il 30 maggio 2012 il primo processo d'Appello (presidente Flavio Lapertosa) aveva ribaltato le condanne e assolto gli imputati, ritenendo non raggiunta la prova della manipolazione dei titoli. Ma il 7 dicembre 2012 la Cassazione aveva annullato l'assoluzione, ordinando a un nuovo Appello di verificare se l'aggiotaggio non potesse essere integrato anche dalla falsità dei comunicati ufficiali, dagli acquisti indiretti di azioni per interposta persona da parte delle banche alleate di Unipol, e dalle artificiose modalità di acquisto di azioni nel contestuale esercizio di opzioni put e call.

In ballo nell'Appello-bis ieri non c'era più la fedina penale (perché già il 19 dicembre 2012 sui reati era calata la prescrizione), ma piuttosto l'onore e il portafoglio degli imputati e delle tre persone giuridiche (Unipol, Hopa e Bper) che restavano in teoria esposti ai risarcimenti al Banco di Bilbao in caso sia di affermazione di responsabilità sia anche solo di prescrizione. Invece i giudici hanno deciso un'assoluzione piena, nel merito, «perché il fatto non sussiste», revocando sia le sanzioni pecuniarie a Unipol, Banca Popolare dell'Emilia Romagna e Hopa (il pg Felice Isnardi proponeva 720.000 euro), sia l'acconto di 15 milioni di euro alla parte civile Banco di Bilbao, ora condannata a pagare le spese processuali.

Legittima, in un processo tecnico come questo, la soddisfazione di difensori che, come Elisa Scaroina, Giovanni Maria Dedola, Ermenegildo Costabile o Giampiero Biancolella avevano battagliato per anni attorno a queste imputazioni: «È stata una battaglia processuale coronata dal successo», commenta Roberto Borgogno che ha difeso Fazio insieme al professor Franco Coppi. E a una tv che gli domanda se dopo questa assoluzione dell'ex governatore di Banca d'Italia (condannato però per la scalata Antonveneta) si possa dire che Fazio fu «costretto a dare le dimissioni per niente», il difensore risponde «che il governatore si è dimesso anche in forza del suo senso delle istituzioni».

In attesa dell'ultima Cassazione, dunque, per la scalata di Unipol a Bnl le uniche condanne definitive restano nel dicembre scorso quelle di Consorte e Sacchetti a 19 mesi e 18 mesi per ostacolo alla vigilanza di Consob in una lettera di Unipol il 23 maggio 2005; e quella di Consorte per insider trading, consistente non nell'aver lucrato in Borsa profitti su notizie sensibili, ma nell'aver comunicato al telefono riservate notizie sulla scalata (partecipanti, schemi, supporti finanziari) a due persone (i politici ds Fassino e Latorre) diverse da quelle legittimate dalla legge a riceverle per il loro ruolo. Per la scalata Antonveneta, invece, Consorte aveva già avuto 20 mesi per aggiotaggio e 10 mesi per appropriazione indebita e truffa.

 

 

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