PALENZONA CAMBIA TAVOLO – LA FONDAZIONE CRT PENSA A USCIRE DA UNICREDIT (HA IL 2,5%) E DA ATLANTIA (BENETTON) E A RAFFORZARSI NELLE GENERALI. DOVE E' SEMPRE PIU' VICINO IL DIVORZIO COI VENETI DI FERAK

Gianluca Paolucci per ‘La Stampa'

Sarà pure - qualora dovesse verificarsi - una conseguenza indotta dei mutati assetti azionari in Unicredit, con la crescita di peso dei grandi fondi internazionali a scapito delle fondazioni italiane provate da anni di crisi.Ma le valutazioni avviate dalla Fondazione Crt sulle sue partecipazioni potrebbero portare, tra un anno, ad una piccola rivoluzione. Per l'ente torinese e per il suo peso nella banca.

I fatti sono ben riassunti nel comunicato con il quale Fondazione Crt, guidata da Antonio Maria Marocco, ha dato notizia dell'approvazione dei conti del passato esercizio. Un avanzo di esercizio di 42 milioni di euro, il debito drasticamente ridotto a 80 milioni di euro dagli oltre 200 di un anno fa, un patrimonio netto di oltre due miliardi che si confronta con un totale degli investimenti a valori di mercato che supera i tre miliardi. Ce n'è abbastanza per essere soddisfatti, in via XX settembre.

Certo, il «notevole sostegno patrimoniale fornito negli ultimi anni» a Unicredit continua a pesare sui conti. Così come la pulizia dei conti che ha portato 14 miliardi di perdite per la banca conferitaria, se da un lato soddisfa l'azionista in un'ottica di lungo periodo, dall'altro priva l'ente torinese delle cedole dei cashes, ovvero 14 milioni di euro di cassa in meno per l'esercizio in corso e altri 5 a valere sul prossimo. Così, in via XX settembre, si riflette su un ulteriore limatura della quota in Unicredit, che al momento porta con sé anche «una rilevante plusvalenza implicita»., come ricorda il segretario generale Massimo Lapucci.

Gli esiti dell'analisi avviata sulle partecipazioni e ancora, va detto, non terminata, avrebbero portato anche ad un altra considerazione. Dopo più di un anno, la trattativa per lo scioglimento di Effeti, il veicolo con i veneti di Ferak utilizzato per gestire la partecipazione in Generali, è vicina alla conclusione. Una partecipazione, quella nel Leone, che grazie alla cura di Mario Greco inizia a dare soddisfazione, con il prezzo dei titoli del Leone che si sta avvicinando a quelli di carico nel bilancio dell'ente, 18 euro per azione.

Così, mentre il 2,5% residuo in Unicredit viene sempre più messo in discussione, la quota in Generali non solo resta resterà ma potrebbe restare anche in futuro, come asset «stabile» della fondazione torinese. Altra possibile limatura, quella dell'altra «gamba» degli investimenti di Crt, ovvero Atlantia. Un rimescolamento «senza tabù», è il ragionamento che viene fatto, ma escudendo al tempo stesso operazioni «traumatiche».
In attesa che l'analisi della Crt venga terminata, c'è da prtendere atto dei fatti.

Nel consiglio attuale, forte del sostegno fornito negli anni più difficili, Crt esprime due consiglieri su 15, Giovanni Quaglia e il vicepresidente Fabrizio Palenzona. Nel frattempo però la sua quota si è ridotta al 2,5%. Con Cariverona al 3,5% e Carimonte al 2,9%, i «grandi azionisti» si chiamano ormai Aabar (6,5%), Pamplona (5%) e l'ultimo arrivato Blackrock (5,2%). Se questi dovessero chiedere una redistribuzione più equa della rappresentanza, sarà difficile mantenere lo stesso peso dei «torinesi».

 

 

Paola Severino Francesco Palenzona e Farnco Bernabe ALBERTO BRANDANI E FABRIZIO PALENZONA mario greco ANTONIO MARIA MAROCCOBlackRock

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