1- A QUESTO PUNTO L’ALTERNATIVA È SEMPLICE: SE L’INPS DEL DIRETTORE NORI E DEL PLURISIPENDIATO MASTRAPASQUA HANNO MENTITO, ALLORA È RESPONSABILITÀ DELLA FORNERO INDICARE LA PORTA E SOSTITUIRLI NELLE CARICHE. SE INVECE LA MINISTRA DALLE LACRIME FACILI HA NASCOSTO I NUMERI NEL CASSETTO SARÀ COMPITO DI MONTI CONVOCARLA A PALAZZO CHIGI PER DARLE IL BIGLIETTO DI RITORNO ALL’UNIVERSITÀ DI TORINO 2- A PREOCCUPARE MONTI NON CI SONO SOLTANTO I “CASI” FORNERO E CATRICALÀ, BRILLA ANCHE IL CASO GRILLI, IL 55ENNE ECONOMISTA CHE PIACE MOLTO ALLE DONNE (IN CAUSA CON L’EX MOGLIE ALLA QUALE NON SBORSA UN EURO DOPO VENT’ANNI DI MATRIMONIO) 3- APPENA SCAMPATO IL PERICOLO DI UN’AUTHORITY GOVERNATA DAGLI SABELLI SMONTEZEMOLATI, MAURO MORETTI SI È ECCITATO E HA LANCIANTO UN ULTIMATUM AL GOVERNO MINACCIANDO IL GRANDE ADDIO DELLE FERROVIE DAI TRENI DEI PENDOLAR 4- GIOVANNINO MALAGÒ, PER GLI AMICI MEGALÒ SENTE PROFUMO DI CONI (PETRUCCI MOLLA)

1- L'ALTERNATIVA DELLA FORNARINA
Chi li ha visti entrare ieri sera prima di cena dentro gli uffici di via Veneto della ministra Fornero, dice che i due massimi responsabili dell'Inps avevano il colore del marmo.

Per quanto riguarda il presidente Antonio Mastrapasqua questa non è una novità perché nonostante le 25 cariche che porta sulle spalle e uno stipendio da 1,2 milioni, il suo volto ossuto non è mai attraversato da un altro colore. E questo succede anche a Cortina dove Mastrapasqua trascorre le vacanze d'agosto farfalleggiando tra le damazze che partecipano agli incontri organizzati dal tandem Enrico e Jole Cisnetto.

Ieri sera comunque il più terreo dei due manager era sicuramente il direttore generale Mauro Nori, il 51enne romano che dal gennaio 2010 dirige la macchina previdenziale alternando il suo lavoro con la passione per il rugby.

Salendo sull'ascensore che porta nell'ufficio della Fornero, il povero Nori sentiva il rumore del tuono che poi si è scatenato intorno al tavolo della ministra dopo la pubblicazione da parte dell'Ansa della relazione tecnica preparata dall'Inps in cui si legge che gli esodati sono poco meno di 400mila.

Dal punto di vista giornalistico quello dell'Ansa (la prima agenzia di informazione italiana che si avvale anche dei contributi della Presidenza del Consiglio) è stato senza dubbio uno scoop, ma sotto il profilo politico ha creato un enorme casino, una sconfessione clamorosa delle cifre fornite dalla ministra piemontese sui lavoratori che rischiano di rimanere senza alcun reddito.

E' facile immaginare che cosa sia successo davanti alla scrivania della Fornero dietro la quale come per tutti i membri del Governo, sono piazzate la bandiera italiana ed europea.

Secondo i giornali la professoressa di San Carlo Canavese alla quale Monti ha affidato le chiavi del Lavoro e delle Politiche Sociali, avrà messo da parte il bon ton sabaudo per ricoprire di male parole il direttore generale Nori e il marmoreo Mastrapasqua. Questa versione è francamente poco attendibile perché non è immaginabile che la relazione tecnica dell'Inps datata al 22 maggio scorso sia rimasta nei cassetti dell'Istituto previdenziale e non sia stata trasmessa al ministero competente.

Quale interesse infatti avrebbero avuto i due alti dirigenti a nascondere la verità su un tema così delicato che tocca quasi mezzo milione di persone?, e per quale ragione, dopo le opportune verifiche, non avrebbero dovuto comunicare tempestivamente all'economista dalle lacrime facile il dato esatto definitivo sugli esodati?

Al termine della riunione la Fornero ha definito "deplorevole" la diffusione del documento attraverso l'agenzia Ansa, poi ha aggiunto che la diffusione parziale di informazioni provoca disagio sociale.

Questa autodifesa è indirizzata in primo luogo nei confronti dell'Ansa che ha diffuso la relazione, ma ha come obiettivo il vertice dell'Inps rappresentato plasticamente e tragicamente dai due maggiori responsabili dell'Istituto.

In realtà sarebbe meglio che la Fornero ponesse fine una volta per tutte alla sequenza di gaffe che ha collezionato dopo quella riforma delle pensioni con la quale il Governo Monti ha cercato di mettersi in regola con la famosa lettera della BCE.

Negli ultimi mesi la professoressa, che ha scritto libri insieme a Monti, al marito economista Mario Deaglio e ad altri economisti come Sergio Ricossa e Onorato Castellino, ha collezionato una serie impressionante di scivoloni che hanno oscurato le benemerenze iniziali. A marzo se ne è uscita con la "paccata" a proposito dei soldi necessari per la copertura degli ammortizzatori sociali e nello stesso mese ha avuto parole infelici sugli italiani che con il salario minimo "si siederebbero a prendere il sole e mangiare pasta al pomodoro".

E a proposito degli esodati è intervenuta a Reggio Calabria durante un convegno della Fondazione Bellisario (la stessa che l'ha premiata nel 2011 insieme alla Tarantola e alla Camusso) assicurando che ci sarebbe stata una soluzione per tutto. In quella occasione ha precisato: "abbiamo sentito cifre che non sono pervenute ufficialmente. Il ministero le cifre le ha date a seguito di un lavoro tecnico preciso".

A questo punto l'alternativa è semplice: se l'Inps del direttore Nori e del pluridecorato Mastrapasqua hanno mentito, allora è responsabilità del ministro indicare la porta e sostituirli nelle cariche. Se invece la ministra dalle lacrime facili ha nascosto i numeri nel cassetto sarà compito del Professore di Varese convocarla a Palazzo Chigi per darle il biglietto di ritorno all'università di Torino.

Durante la festa dei carabinieri che si è svolta pochi giorni fa alla caserma Cernaia di Torino pare che la Fornero si sia dimenticata di dare il "riposo" alle truppe schierate sotto un sole implacabile. Adesso quella parola potrebbe pronunciarla Monti per mettere fine allo scaricabarile tra l'Inps e il ministero, una vicenda penosa che dimostra per l'ennesima volta l'abisso tra le presunte competenze dei tecnici e la realtà degli italiani disgraziati.

2- A PREOCCUPARE MONTI NON CI SONO SOLTANTO I "CASI" FORNERO E CATRICALÀ, BRILLA ANCHE IL CASO GRILLI
A preoccupare Mario Monti che considera i giornali dei poteri forti alla stregua dei topi che vogliono ingozzarsi di formaggio, non ci sono soltanto i "casi" della Fornero e di Tonino Catricalà, il magistrato che Dagospia ha battezzato Catricaletta ormai con un piede più fuori che dentro.

Attraverso le finestre di Palazzo Chigi il Professore percepisce le vibrazioni sottili che arrivano dal ministero dell'Economia e delle Finanze. Qui il protagonista è Vittorio Grilli, un altro bocconiano che ha messo la sua vita a disposizione dello Stato dopo aver ricoperto incarichi importanti come Ragioniere Generale e direttore del Tesoro con Siniscalco, Tommaso Padoa Schioppa e Giulio Tremonti.

Nell'omelia di domenica sui poteri forti di Eugenio Scalfari il nome di Grilli non è mai pronunciato. Al suo posto vengono chiamati in causa il capo di gabinetto del Tesoro, Vincenzo Fortunato, il Ragioniere Generale, Mario Canzio, e il sottosegretario alla Presidenza, Tonino Catricalà.

I tre personaggi appartengono a quella casta di alti burocrati che è in grado di attraversare la politica conservando inalterate le proprie funzioni.

Qualche storico potrebbe divertirsi a spiegare che la loro "continuità" affonda nelle radici di quel patto stipulato nel dopoguerra tra De Gasperi e Togliatti per il quale non si è mai voluto tagliare le gambe ai veri poteri forti dell'amministrazione pubblica.

Adesso però non serve perdersi in queste analisi quanto piuttosto valutare l'imbarazzo in cui si trova un uomo come Grilli che dopo aver servito Giulietto Tremonti sembrava in pole position per diventare a tutti gli effetti ministro del'Economia e delle Finanze. Per dimostrare la sua ritrovata fedeltà il bocconiano milanese si è rimboccato le maniche sin dall'inizio dell'incarico e ha prestato la faccia nei salotti di "Ballarò" e in altri programmi televisivi per difendere la causa del Governo.

Dopo la partita persa per la poltrona di Governatore della Banca d'Italia, il pallido Grilli ha pensato che prima o poi l'amico Monti lo premiasse per i suoi sforzi facendogli fare il salto di qualità da viceministro a titolare del dicastero. Purtroppo questa attesa continua a rimanere delusa e Grilli con modi discreti e stile anglosassone continua a fare la parte del portatore d'acqua, uno sherpa di lusso rispetto a un Governo che di acqua ne perde da molti buchi.

Se potesse esprimere in pieno le sue qualità e le sue idee il 55enne economista milanese che piace molto alle donne (ma che all'ex moglie americana non sborsa un euro di alimenti dopo vent'anni di matrimonio), probabilmente avrebbe inaugurato una forte politica di privatizzazioni sulla quale ha appreso molte cose nella famosa riunione del '92 a bordo del panfilo Britannia dove si ritrovò accanto a Draghi e ai big della finanza mondiale.

Ma adesso di privatizzazioni non parla più nessuno, e nessuno parla di Finmeccanica dove Grilli sponsorizzava l'ascesa di Alessandro Pansa ma è stato messo in un angolo dall'arroganza di Giuseppe Orsi.

Per non parlare poi delle inutili e faticose missioni compiute in Asia per cercare di convincere gli investitori di Oriente a comprare i Btp italiani.

Adesso il pallido Grilli si trova in un autentico impasse e viene utilizzato come una specie di portavoce del Governo per difenderne la credibilità. Così è avvenuto ad esempio venerdì scorso a Santa Margherita Ligure durante il convegno dei Giovani di Confindustria dove ha detto: "servono nuove regole per la crescita".

Ma la crescita è il tema forte su cui dice di voler mettere la faccia anche Corradino Passera, l'ex-banchiere che Monti sopporta a stento anche a costo di mediazioni faticose con quel Grilli che è sempre stato un potere forte, ma oggi non riesce a conquistare la poltrona di ministro.

3- TENETE A BADA MORETTI
A distanza di pochi giorni Mauro Moretti ha ripreso a gorgheggiare. Lo ha fatto con voce garrula durante il convegno di ieri che si è svolto a Milano sul trasporto pubblico e nel quale l'ex-sindacalista di Rimini ha alzato la voce minacciando il grande addio delle Ferrovie dai treni dei pendolari.

Il problema su Moretti è che nessuno riesce a tenerlo a bada. Appena scampato il pericolo di un'Authority governata da personaggi che avrebbero potuto dargli fastidio, si è eccitato e ha ripreso vigore lanciando un ultimatum. Se il Governo non caccerà i soldi entro il 2013 circa 3 milioni di persone dovranno usare i piedi invece degli scalcinati e sporchi vagoni delle Ferrovie.

È un messaggio allarmante rispetto al quale nemmeno il lancio di nuove e interessanti tariffe sulla tratta Roma-Milano, riesce a diluirne la carica dirompente. Adesso Moretti aspetta di sapere chi sarà il nuovo direttore generale dell'Authority per i Trasporti dove alla presidenza è andata una sua vecchia conoscenza, il professor Sebastiani ex-consigliere di amministrazione di Ferrovie e Grandi Stazioni.

Se quella poltrona sarà ricoperta da una persona a lui vicina, allora si scatenerà con altri messaggi polemici nei confronti del Governo e della concorrente Ntv.

D'altra parte si può permettere questo atteggiamento perché il vuoto del Governo consente ai grandi manager delle aziende pubbliche di alzare la voce. È quanto Moretti sta facendo nel silenzio più assoluto del presidente delle Ferrovie, Lamberto Cardia, che sembra letteralmente sparito dalla circolazione.

Di fronte alla prospettiva devastante di 3 milioni di pendolari privi del servizio pubblico universale, il ministro Corradino Passera (infastidito per aver perso la partita sull'Authority in favore di Rocco Sabelli) si è limitato a dire che del problema "ce ne stiamo occupando".

4- GIOVANNINO MALAGÃ’, PER GLI AMICI MEGALÃ’ SENTE PROFUMO DI CONI
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Giovannino Malagò, per gli amici Megalò, oggi è radioso. Appena entrato al circolo Canottieri Aniene di cui è presidente ha letto sul "Messaggero" che il presidente del Coni Gianni Petrucci chiederà al ministro dello Sport, Piero Gnudi, di anticipare il voto per il rinnovo delle cariche al vertice dell'ente che comprende 100mila società sportive.

Petrucci non vede l'ora di andarsene al Circeo dove è diventato sindaco e può riposare in nella sua grande villa. Se il Governo accetterà la proposta di anticipare il voto Malagò-Megalò ce la metterà tutta per intercettare le candidature di Raffaele Pagnozzi (l'avellinese braccio destro di Petrucci dal 1993) e di Renato Di Rocco, il potente presidente della Federazione del Ciclismo che gode dell'appoggio di altre federazioni sportive".

 

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