“NESSUNA FORZATURA: IL CONGELAMENTO DEGLI OVULI È UNA GRANDE CONQUISTA” - PER UNA GIOVANE GIORNALISTA, “FACEBOOK E APPLE FANNO BENISSIMO: LE GRAVIDANZE LE RIMANDIAMO COMUNQUE, TANTO VALE AVERE OVOCITI PIÙ GIOVANI” (A GRATIS)
Michela Dell’Amico per www.wired.it
Con le donne funziona così. Siamo giustamente pronte a far notare le ancora voraginose divergenze che ci dividono dagli uomini, nel lavoro e nelle vita, ma poi nei fatti abbiamo paura dell’uguaglianza di diritti e doveri.
Si vede bene parlando di maternità tra le lavoratrici dipendenti, specie da noi, dove in poche scelgono di tornare al lavoro – potendo – prima di un anno, dove più spesso rispetto al resto d’Europa si “soffre” di gravidanza a rischio e dunque ci si astiene dal lavoro ben prima dell’ottavo mese e dove – di conseguenza? – pochissimi padri chiedono il congedo parentale (retribuito per un vergognoso 30%, mentre il congedo di paternità è stato solo da poco introdotto dalla Fornero, con un solo, ridicolo giorno, che va contro, ad esempio, i 4 mesi per genitore concessi dal Belgio all’80% del salario).
Insomma, quando si tratta di rivendicare il nostro diritto-dovere al lavoro – quando si tratta di fare lo stesso che fanno o farebbero gli uomini – ci tiriamo indietro e gridiamo allo scandalo: non vorrete mica mettere in discussione la sacralità del nostro utero?
Così è andata con le reazioni più o meno velatamente scandalizzate alla notizia di Apple e Facebook che aggiungono ai benefit aziendali la possibilità, per le donne, di congelare e conservare gratuitamente (per un valore che si aggira sui 20mila dollari) i propri ovuli. Invece, la cosa, semplicemente, agevola la volontà di procrastinare una eventuale maternità: gli ovociti femminili infatti, al contrario di quelli maschili, sono in numero finito, e tendono a diminuire e impoverirsi, deteriorandosi, dopo i 30 anni.
Dopo l’università ci aspetta la specializzazione, il tirocinio e il precariato. L’età media delle primipare, di conseguenza, ormai supera nei paesi industrializzati i 30 anni (dati Istat), con l’Italia seconda in Europa solo alla Svizzera per età delle neo-mamme, mentre il 60% dei parti avviene nella fascia 30-39 anni.
Questo è molto male per l’esito della gravidanza: aumenta progressivamente la probabilità di una malformazione nel nascituro e di complicanze per madre e figlio durante la gravidanza e al momento del parto. E succede perché gli ovuli (non la donna in sé) sono “vecchi”. Inoltre, il fatto che vogliamo figli più avanti negli anni porta ovviamente anche a una sensibile diminuzione della fertilità, ed è per questo motivo che oggi si ricorre, tanto spesso, alla fecondazione assistita, con il calvario che ne deriva in salute, tempo e denaro.
Con la congelazione, invece, la scienza fornisce la possibilità di prendersi una pausa dal proprio corpo, di non dover correre istericamente a decidere tra lavoro e famiglia, e di poter rimandare la gravidanza – come già, di fatto, facciamo – limitando però notevolmente i rischi (e i danni).
Quindi bene, benissimo, applausi, al congelamento degli ovuli che, non a caso, si sta diffondendo molto velocemente. La pubblicità di aziende che offrono il (costosissimo) congelamento è ormai un pop-up continuo sui social (almeno nei profili di noi donne) e riempie di spam le nostre cartelle mail. E benissimo se entrano a far parte dei benefit aziendali: non si tratta – come qualcuno ha scritto – di fare pressione sulla donna per “sottintendere” che una gravidanza non sarebbe desiderata.
facebook apple congelamento ovuli
Non avrebbe senso: il congelamento degli ovuli è inteso come un procedimento da fare tra i 25 e i 30 anni, ma la maternità non può certamente essere posticipata alla pensione, quindi non si tratta di non volere mamme in azienda. Al contrario, si tratta di aiutare e sostenere quella maternità ritardata che è già un fatto, un diritto, in tutto il mondo. E per scelta delle donne che vogliono, e devono, lavorare.