SIM SALA BIM - COME PER MAGIA DOPO 30 ANNI RIECCO LA BANCA INTERMOBILIARE, BOUTIQUE FINANZIARIA DEI RICCONI DEL NORD - CON LA REGIA DI D’AGUÌ, DUE PARTNER STRANIERI E UN PIANO FIRMATO MCKINSEY
Daniela Polizzi per “Il Corriere della Sera”
E’ un flashback di oltre trent’anni. Con le famiglie Segre e Giovannone e, dal 1991, quando Banca Intermobiliare si quotò in Borsa, anche Carlo De Benedetti. Tutti nuovamente riuniti sotto la guida di Pietro D’Aguì, l’inventore della boutique finanziaria specializzata nel gestire il patrimonio di imprenditori e ricche famiglie del Nord Italia. Oggi si ricomincia.
Gli ex soci fondatori si stanno per ricomprare da Veneto Banca la loro Bim. Il nuovo assetto azionario ha ancora l’aspetto del salotto finanziario ricompattato dalle dinastie torinesi. Ma il progetto è in realtà di ben altra caratura. Basta guardare i due nomi stranieri che, con il 10% a testa, accompagneranno la compagine verso l’acquisto per 289 milioni del 51,4% da Veneto Banca e l’Opa successiva, fino a un investimento complessivo (dipenderà dalle adesioni all’offerta) fino a 540 milioni.
Il primo, Serendip equity è un fondo di private equity del Delaware, il secondo è Duet group, ha sede a Londra e gestisce patrimoni per 5,5 miliardi di sterline attraverso fondi hedge lanciati dai fondatori Henry Gabay e Alain Schibl. A traghettare i due manager inglesi a Torino è stato D’Aguì che per dare respiro alla nuova Bim ha voluto guardare ben oltre Torino. E che in questi anni ha tessuto una fitta rete di rapporti con i grandi asset manager inglesi e americani.
Il suo piano è ambizioso: fare della ex boutique un polo aggregante nel private banking ampliando il numero di consulenti (ora 200) e raddoppiando le attuali masse gestite (15 miliardi), con la convinzione che le gestioni private abbiano ancora molto spazio per le realtà indipendenti da gruppi bancari e anche margini più alti. Il piano industriale lo sta mettendo a punto con McKinsey, il consulente più vicino, dal cui vivaio dovrebbe uscire anche il futuro direttore generale di Bim che avrà tutti i poteri gestionali. Mentre D’Aguì rimarrà vice presidente non esecutivo.
Con questi argomenti il private banker, i cui esordi professionali sono stati all’Istituto bancario della famiglia Pesenti, è andato dagli amici di un tempo che in realtà, anche sotto le insegne di Veneto Banca, non hanno mai smesso di essere suoi clienti. Ha cominciato a esporre il progetto un anno fa quando l’istituto guidato da Vincenzo Consoli aveva arruolato l’advisor Rothschild per dismettere la banca torinese nell’ambito di una manovra di rafforzamento patrimoniale che includeva anche un aumento di capitale da 490 milioni.
Alla chiamata di D’Aguì hanno risposto tutti. Un po’ perché la gestione patrimoniale è un business attraente ma soprattutto grazie alla sua mediazione, servita anche a riavvicinare la famiglia Segre, dopo le frizioni provocate dalle disavventure con l’immobiliarista Danilo Coppola. Dissapori che avevano rotto l’asse tra i grandi soci. Tutti presenti, quindi, tranne la famiglia Scanferlin, anch’essa ex azionista storica della banca, con la quale lo strappo non è stato ricucito.
La nuova compagine sarà guidata da D’Aguì, i Giovannone, i due nuovi partner anglosassoni, ciascuno con il 10% a testa, più i Segre con il 5%, tutti uniti in un patto di sindacato e rappresentati in cda. Non ne faranno parte la Romed di Carlo De Benedetti e Luca di Montezemolo, che con il 2% a testa hanno il ruolo di investitori finanziari (nonché grandi clienti, amici di vecchia data ed ex azionisti).
Poi ci sarà il costruttore torinese Pietro Boffa (2,5%), Alessandro Federici, Valentina Nasi e, outsider, l’imprenditore veneto Eugenio Piovesana. Bim rimarrà a Piazza Affari e la sfida sarà scalare la classifica degli attori indipendenti del private banking. Veneto Banca, che rimarrà con una quota del 20% (ha opzioni put e call su un altro 10% con Serendip Equity), avrà un buon beneficio patrimoniale: circa 73 punti base in termini di Common Equity Tier 1.