1. IL SISTEMA STA CROLLANDO E PER ABRAMO BAZOLI E INTESA SONO IN VISTA MESI DIFFICILI 2. LUNEDÌ SERA MILENA GABANELLI HA SOLLEVATO LA QUESTIONE DEI PAZZESCHI FINANZIAMENTI CHE SONO STATI CONCESSI AL COSTRUTTORE ZUNINO E A ROMAIN ZALESKI CON PIETRO MODIANO CHE SI E’ GIOCATO LA POLTRONA DI TASSARA RIBADENDO A “REPORT” CHE ZALESKI CONTINUERÀ A PERDERE QUALCOSA COME 600-700 MILIONI L’ANNO 3. A SEGUIRE NAGEL CHE DICHIARA: “LA DIFESA DELL’ITALIANITÀ È UNA FESSERIA”, DOPO AVER RIFOCILLATO CON MEDIOBANCA AGNELLI, PIRELLI, BERLUSCONI, PESENTI, LIGRESTI 4. AVEVA RAGIONE CESARE GERONZI CHE NELLE SCORSE ORE SI È CHIESTO: “ESISTE UN’AZIENDA IN DIFFICOLTÀ SOTTOPOSTA ALLE CURE DI MEDIOBANCA CHE ALLA FINE SI SIA SALVATA?”

Ai piani alti di IntesaSanPaolo mostrano indifferenza rispetto alla rissa da cortile tra Carletto De Benedetti e Tronchetti Provera.

Per il presidente Abramo-Bazoli ,che il 18 dicembre compirà la bellezza di 81 anni, l'unico rammarico è rappresentato dall'assenza di qualche personalità che con attributi autorevoli sappia mettere un po' di pace nelle divisioni che sfiorano la volgarità e dimostrano il tramonto del capitalismo italiano.

Per il banchiere bresciano ci vorrebbe qualcuno come Nino Andreatta, il ministro bolognese della Dc che nell'82 lo chiamò per salvare il Banco Ambrosiano, ma oggi sulla scena non ci sono figure così autorevoli e le polemiche degenerano a livello di mercato rionale dimostrando che il sistema sta franando.

Lui stesso ha dovuto difendersi ed esternare controvoglia sulle colonne di "Repubblica" con un'intervista al giornalista Giovanni Pons, che pochi giorni prima aveva dato largo spazio allo scarparo marchigiano Della Valle. Anche in questa occasione ,dove al centro del colloquio avrebbe dovuto esserci la sorte del patto che lega i soci di Rcs, Dieguito ha ripetuto la litania ormai consunta del Bazoli "banchiere sempre più imbarazzante", e ha auspicato che il capo di BancaIntesa si faccia da parte lasciando spazio a "ottimi manager pronti a sostenere lo sviluppo di una grande banca".

Adesso ai piani alti di Intesa si chiedono se la risposta di Bazoli sia stata esauriente e corretta. Qualcuno infatti ha scritto in maniera un po' frettolosa che l'arzillo vecchietto nella sua intervista avrebbe "sbattuto al muro i furbetti di via Solferino", l'allusione a Della Valle appare a distanza di qualche giorno un atto dovuto rispetto al quale valgono di più gli omissis e i vuoti di memoria che Abramo-Bazoli ha manifestato nella sua intervista.

Poco convincente è apparsa soprattutto la difesa di Colao Meravigliao, il manager oggi a capo di Vodafone, che per due anni ha guidato il Gruppo editoriale Rcs per conto dello stesso Bazoli e del suo vice Corradino Passera. E mentre appare del tutto sbagliato caricare sulle spalle di Colao la disastrosa operazione di acquisto della spagnola Recoletos ,che in realtà fu gestita dal successore Antonello Perricone, l'anziano banchiere non dice che cosa lo stesso Colao ha combinato in poco meno di due anni. Continua a difenderne la memoria senza capire che il manager bocconiano ex-McKinsey stava all'editoria come la panna sulla pizza.

Ai piani alti di Intesa hanno però altri motivi per guardarsi intorno con una certa preoccupazione.

Lunedì sera Milena Gabanelli, la Giovanna d'Arco dei poveri, ha sollevato la questione dei pazzeschi finanziamenti che sono stati concessi al costruttore Zunino e a Romain Zaleski, il finanziere italo-ungherese al quale Bazoli è legato da decenni in un intreccio che ha portato Intesa e altre banche (Unicredit, Mps, Ubi) a congelare i debiti di 2,1 miliardi della società Tassara.

Anche se un po' spuntati e ripetitivi gli strali della Gabanelli hanno attraversato le stanze della banca dimostrando agli italiani quali sono le logiche perverse che orientano il credito nella finanza cosiddetta creativa. E a dire il vero non è affatto piaciuto il modo con cui Pietro Modiano, il banchiere milanese di origini ebraiche e laureato alla Bocconi, ha ribadito davanti alle telecamere di "Report" che la Tassara, congelata nei debiti, continuerà a perdere qualcosa come 600-700 milioni l'anno.

È facile immaginare che di fronte alle affermazioni incaute pronunciate dal marito di Barbara Pollastrini (ministra nel secondo governo Prodi) sia Bazoli che gli altri top manager di Intesa abbiano fatto un salto sulla sedia,un sobbalzo identico a quello che ha portato a decapitare Cucchiani dopo lo sproloquio di Cernobbio.

Per loro Modiano è sempre stato un uomo molto discreto e riservato che non ha mai amato la vetrina dei media e preferisce evitare salotti per raggiungere la Riviera ligure. Negli ultimi tempi ha smentito il profilo basso sostenendo in più occasioni l'esigenza di una patrimoniale del 10% sui redditi più elevati, ma in nessuna occasione si era esposto con tanta leggiadria sulle vicende di Zaleski e di Bazoli. Adesso la sua permanenza al vertice della discussa Tassara è in discussione ed è probabile che debba alzare i tacchi dalla poltrona per emigrare definitivamente su quella di presidente della Sea, che gli è stata conferita nel giugno di quest'anno.

Ma i guai del mistico 81enne presidente bresciano non finiscono qui perché c'è un altro personaggio, oltre al solito Dieguito e al loquace Modiano, che sta scuotendo i pilastri della finanza milanese. È Alberto Nagel, il pallido amministratore delegato di Mediobanca che si è messo in testa di rivoltare come un calzino la storia e la mission di piazzetta Cuccia. Anche le madame che passeggiano insieme ai russi davanti alle vetrine di via Montenapoleone sono rimaste sorprese dalla determinazione con cui questo "alano" di Maranghi ,che ha iniziato la sua carriera nel '91 nel tempio laico della finanza, sta cercando di far saltare il tavolo nei salotti cosiddetti buoni dei poteri cosiddetti marci.

Nei giorni scorsi ha presentato i primi effetti della sua cura protesa ad abbandonare il profilo storico della merchant bank fondata da Enrichetto Cuccia e lo ha fatto con il sorriso a 32 denti perché l'utile del primo trimestre è cresciuto del 57% grazie alla riduzione di alcune partecipazioni che hanno avuto un impatto di 80 milioni. Oltre ad aver ceduto lo 0,49 di Rcs, il colpaccio del pallido Nagel è stata l'uscita dalla scatola di Telco con la vendita agli spagnoli di Telefonica della partecipazione di Mediobanca in Telco che rappresentava una palla al piede.

A stupire Abramo-Bazoli non sono soltanto queste decisioni, ma è soprattutto l'impudenza con cui il banchiere di piazzetta Cuccia difende le sue scelte fino al punto di dire che "la difesa dell'italianità è una fesseria". Che lo dica lui, soddisfatto per il pugno di euro pagato dagli spagnoli di Telefonica, c'è da rimanere davvero a bocca aperta. E qui bisognerebbe chiedere al solerte giornalista Giovanni Pons di intervistare al più presto questo 48enne banchiere per chiedergli quanto la difesa dell'italianità abbia inciso nella storia antica e recente di Mediobanca.

Prima di fare il rottamatore in polemica con le banche di sistema, il pallido Nagel dovrebbe buttare gli occhi all'indietro per ricordare come il suo istituto abbia aiutato Agnelli, Pirelli, Orlando, Pesenti, Berlusconi e tanti altri per difendere il fortino di interessi privati ,tipicamente italiani, che agli occhi di Cuccia e dei suoi discepoli (compresi Nagel e Pagliaro) non avevano il profilo di "una fesseria". E varrebbe la pena sentire dalla sua voce una risposta definitiva sul fiume di denaro concesso fino a poco tempo fa ai Ligresti che oggi in sede giudiziaria esibiscono il "papello" dove in calce c'è la sigla del pallido Nagel.

Adesso, e di colpo, la difesa dell'italianità è una fesseria, una favola di cui il numero uno di Mediobanca vuole liberarsi. Ormai il suo orizzonte è un altro e non vuole avere i tratti del provincialismo dove i soldi si danno in base alle relazioni personali e politiche. Che poi questo provincialismo riaffiori con l'ingresso recente dell'ex-sindaco di Bologna Giorgio Guazzaloca nel consiglio di amministrazione di piazzetta Cuccia, questo è un dettaglio infimo, come del tutto marginale agli occhi del rottamatore Nagel è la dimensione terribilmente domestica del suo istituto che non ha alcun ruolo significativo nel contesto internazionale.

Resta il fatto che il movimentismo di Nagel agita inevitabilmente l'animo mistico di Abramo-Bazoli e del suo amico Cesarone Geronzi che nelle scorse ore si è chiesto: "esiste un'azienda in difficoltà sottoposta alle cure di Mediobanca che alla fine si sia salvata?".

Il sistema sta crollando e ,messi tutti in fila, i problemi di Zaleski, Zunino, Modiano,Nagel e del paggetto marchigiano del lusso, è chiaro che per Abramo Bazolo e Intesa sono in vista mesi difficili.

 

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