CEPPO LA QUALUNQUE – IL SARS COV 2 È MUTATO 33 VOLTE DA QUANDO È APPARSO IN CINA NEL DICEMBRE 2019: E’ QUESTO IL RISULTATO DEGLI STUDI DELLA RICERCATRICE LI LANJUAN, LE CUI ANALISI HANNO PORTATO ALLA CHIUSURA DI WUHAN - LA PANDEMIA, DUNQUE, PUÒ AVERE TASSI DI INFEZIONE E LETALITÀ DIVERSI DA PAESE A PAESE, E QUESTA POTREBBE ESSERE UNA SPIEGAZIONE DELLE DIFFERENZE DEI DATI SULLA MORTALITÀ ANCHE SE…
Mariella Bussolati per "it.businessinsider.com"
Il coronavirus non è uno solo. Come fanno anche altri virus continua a mutare, producendo diversi risultati, per esempio la diversa severità dell’infezione nei Paesi che ne sono stati colpiti. E’ questo il risultato di una ricerca appena pubblicata da Li Lanjuan, una dei più stimati ricercatori cinesi.
un dottore visita una paziente a wuhan
E’ grazie alla sua analisi e ai suoi consigli se Wuhan è stata chiusa in una notte per cercare di contenere il virus. Secondo i risultati dello studio il Sars CoV 2 è stato capace di mutare 33 volte da quando è apparso in Cina nel dicembre 2019.
La parola mutazione mette spesso paura.
Nell’immaginario che dipende anche dai racconti di fantascienza, si pensa sempre porti a qualcosa di molto più potente e mortale. In realtà questo genere di cambiamenti sono pare del ciclo naturale di vita di qualsiasi organismo, e in particolare di quelli più piccoli e ancora di più di quelli formati da una sola stringa di Rna, come il Covid-19. La maggior parte di queste variazioni sono mortali per il virus stesso, perché se non sono utili vengono eliminate.
Nathan Grubaugh, un ricercatore del Dipartimento di Epidemiologia della Yale University (Usa), ha scritto su Nature un articolo intitolato Perché non dovremmo preoccuparci delle mutazioni che avvengono durante una epidemia. Grubaugh fa notare che un virus, per diventare più letale, deve cambiare molti tratti genetici contemporaneamente, un’operazione che gli riesce difficile fare in un lasso di tempo così limitato.
Forse la sua nocività non peggiora, ma Li Lanjuan ha scoperto che i cambiamenti riguardano aspetti così rari che finora non erano stati studiati e che possono influire sulla infettività. In particolare possono produrre effetti diversi sulle cellule e la carica virale. Alcuni sono effettivamente più pericolosi di altri.
Per esempio una varietà particolarmente aggressiva ha dimostrato di essere capace di generare una carica virale 270 volte più alta di altre verietà, e di uccidere le cellule più velocemente. In particolare ceppi più aggressivi sono stati riscontrati in Europa e a New York, che hanno avuto tassi di mortalità simili, mentre altri più leggeri hanno infettato altre parti degli Stati Uniti, come per esempio lo stato di Washington. Proprio quello proveniente da quest’area era quello diffusosi sulla nave da crociera Gran Princess. Altri generi hanno colpito la California.
La pandemia insomma può avere tassi di infezione e letalità diversi da Paese a Paese, e questa potrebbe essere una spiegazione delle differenze, sebbene la mortalità dipenda anche da fattori come età, condizioni di salute e perfino il gruppo sanguigno. Chi ha il gruppo A è più sensibile, chi ha lo 0 meno.
Questo avviene perché ci possono essere cambiamenti funzionali nella proteina spike, quella attraverso cui viene attaccata la cellula. Per verificare questi meccanismi sono state infettate cellule con i diversi tipi e ne è stato analizzato l’effetto.
TRASPORTO DI UN PAZIENTE CON IL CORONAVIRUS
Secondo Lanjuan individuare la mutazione locale potrebbe aiutare meglio nell’azione contro il virus. Le medicine che si stanno sperimentando infatti sono molto importanti, così come lo è la ricerca dei vaccini. Ma è evidente che se le possibili forme del virus cambiano, dovrebbero essere efficaci per tutte, altrimenti si corre il rischio di un fallimento.
Altre ricerche sulle mutazioni sono state compiute al Campus Biomedico di Roma. Domenico Benvenuto, studente e ricercatore al 6 anno di medicina, il primo a individuare la struttura del coronavirus, e Massimo Cicozzi, docente di statistica medica ed epidemiologia, hanno stabilito che una sequenza che regola l’autofagia, dunque la possibilità di contagiare, assente in Cina, è risultata invece presente poi in America ed Europa.
Un’altra ricerca effettuata con Robert Gallo riguarda invece la polimerasi, l’enzima necessario per la replicazione. Sono state individuate 8 mutazioni, alcune prevalenti in Europa, altre presenti esclusivamente in Nord America. Dai dati sembrerebbe che il virus stia diventando meno efficiente lasciando dunque supporre che stia perdendo di potenza. E’ solo una ipotesi, ma di sicuro per un patogeno non è utile uccidere tutti i propri ospiti, mentre potrebbe trovare più conveniente trasformarsi diventando meno letale.
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