ALLA DERIVA SENZA UNA PLAYLIST – L’ILLUSIONE DELLA LIBERTA’: CON I SERVIZI IN STREAMING POSSIAMO ASCOLTARE TUTTO, MA SE MANCANO INDICAZIONI E COMPILATION GIA’ PRONTE CI PERDIAMO – PER LA PRIMA VOLTA DAL 1998 TORNA A CRESCERE L’INDUSTRIA DISCOGRAFICA: +3,2%
Andrea Laffranchi per “CorrierEconomia - Corriere della Sera”
L’ illusione della libertà totale è tramontata subito. Che la rivoluzione digitale avrebbe trasformato il mercato musicale rendendoci liberi di ascoltare quello che volevamo si è rivelata un' utopia. Con i servizi di streaming, l' ultima frontiera nelle forme di fruizione della musica, abbiamo a nostra disposizione un catalogo sterminato. La nostra collezione potenziale cresce giorno dopo giorno.
apple developers conference 2015 4
Ogni settimana vengono aggiunte le nuove uscite e tranne qualche eccezione - anche i Beatles alla fine hanno ceduto e sono sulle piattaforme, gli eredi di Lucio Battisti invece non ne vogliono sentire parlare - c' è tutto: dalle hit del momento agli oldies , dalle nicchie di tendenza a oscuri prodotti folk di terre mai sentite nominare.
Le piattaforma come Spotify, Apple Music, TimMusic e Deezer offrono circa 30 milioni di brani da poter ascoltare on demand , quando vogliamo e dove vogliamo. Gran parte del repertorio rimane morto. Nessuno lo cerca, nessuno lo ascolta. Su Spotify una canzone su cinque del catalogo non è mai stata ascoltata: zero streaming.
La realtà La nostra attenzione e le nostre esperienze di ascolto si concentrano, con buona pace dei critici delle teorie della long tail, su una fetta ridotta. Lo spazio per la scoperta personale è potenzialmente infinito, però da soli ci perdiamo e abbiamo bisogno di qualcuno che ci indirizzi.
Una volta si andava nel negozio di dischi (fortuna o sfortuna, dipende dai gusti, finire in uno con un commesso rock-snob come quello descritto nel romanzo Alta Fedeltà di Nick Hornby) e ci si affidava alle radio o al passaparola degli amici. Quindi è arrivata la tv e avere il proprio videoclip in alta rotazione su Mtv era garanzia di successo.
Mtv ha cambiato pelle e musicalmente è morta, le radio hanno un pubblico sempre più vecchio e, soprattutto quelle italiane restie alla sperimentazione e legate alla format delle hit radio, rischiano sempre meno.
Dentro il web
La rete è la nostra guida scout. Con gli algoritmi che immaginando i nostri gusti ci suggeriscono cosa comprare su Amazon o iTunes, ma se una volta avete regalato Nilla Pizzi alla nonna siete fregati. Con YouTube che per la generazione millennials è diventata l' incubatrice di molti fenomeni, come l' hip hop da noi, che non riuscivano a essere intercettati dai media tradizionali.
Ora tocca ai servizi di streaming. La discografia è ormai un business digitale. Nel 2015 il settore è tornato a crescere dopo anni: +3,2% a livello mondiale. Non accadeva dal 1998, era pre-pirateria.
A trasformare il meno in più è stato l' avanzamento di Paesi prima tagliati fuori o ad alto tasso di pirateria come la Cina, e la crescita dei ricavi digitali (45% del totale) che per la prima volta nella storia hanno sorpassato quelli fisici (39%). All' interno del comparto digitale lo streaming (43%) si sta rapidamente sostituendo al download (45%) che perde fatturato.
In casa
L' Italia è una caso a parte: siamo il terzo Paese per crescita, dopo Cina e Argentina, ma siamo ancora legati alla fisicità del cd. Potrebbe essere ancora meglio. L' Ifpi, federazione mondiale dell' industria discografica, si lamenta di legislazioni ormai sorpassate che permettono a certi operatori, YouTube e Spotify anzitutto, di pagare cifre contenute per il licensing della musica quando invece questa è parte fondante del loro business.
L' obiettivo dichiarato del 2016 di Ifpi è di ridurre questo value gap con attività di lobbying, soprattutto negli Usa e in Europa. Con 68 milioni di abbonati ai servizi a pagamento nel mondo (erano 41 milioni nel 2014), senza contare quelli che lo usano nelle versioni free, lo streaming non solo è il futuro.
E' il presente. E lo è diventato con una rapidità mai vista in passato. Il cd ci ha messo anni a sostituire vinili e cassette, il download sta per essere soppiantato prima ancora di essere diventato il formato dominate. E la porta per scoprire nuova musica e nuovi artisti è ormai il nostro smartphone o il nostro computer. C' è il passaparola, anche quello online, che passa spesso per le playlist.
Ti fidi di un amico, di un personaggio, di un marchio e ascolti i suoi consigli. Il dibattito su come vengano realizzate le playlist è aperto: c' è un misto di algoritmi che studiano i gusti e di scelte di un esperto. A cavallo fra gli anni 50 e 60 negli Stati Uniti scoppiò lo scandalo payola , ovvero la pratica illegale attraverso cui le etichette pagavano le radio per spingere la programmazione dei loro pezzi.
Vizio ben ritratto anche in Vynil, la serie tv sul music business di fine anni Settanta creata da Martin Scorsese e Mick Jagger. Lo scorso anno Billboard , la più importante rivista di settore, quella che gestisce le classifiche ufficiali americane, ha amplificato le voci di corridoio sull' esistenza di un tariffario, da 2 ai 10 mila dollari, per piazzare un brano nelle scelte di un influencer.
Nessun discografico commenta ufficialmente, Spotify vieta la pratica (non solo per le sue liste ma anche per quelle di un abbonato comune) ma resta il fatto che finire nella playlist giusta vale quanto valeva essere in alta rotazione nella radio giusta.