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LA FESTA DELLE BELVE – NELLO STATO ISLAMICO NOTTE DI FESTEGGIAMENTI PER LE STRAGI DI BRUXELLES – NEL RESTO DEL MONDO ARABO CHOC E INCREDULITA’: “NOI SOGNIAMO L’EUROPA E QUESTI VOGLIONO UCCIDERLA, SONO DEI PAZZI CHE HANNO AVUTO TROPPO”

Karima Moual - Giordano Stabile per "La Stampa"

 

ISIS IN FESTAISIS IN FESTA

«Nel Califfato quella di ieri è stata una notte di festeggiamenti. Ma nel mondo arabo, dal Marocco alla Siria cresce la rabbia contro «i pazzi cresciuti nel grembo dell’Europa e che ora cercano di distruggerla, travolgendoci tutti». E molti si chiedono di una generazione arrivata «sana» nelle metropoli europee e lì diventata terrorista. E soprattutto, come sia possibile che l’Islam radicale non sia stato monitorato e contrastato. 

 

la metro distrutta a bruxellesla metro distrutta a bruxelles

Sono le contraddizioni che lo Stato islamico ha sfruttato per colpire al cuore l’Occidente. Come dopo il 13 novembre a Parigi, è il momento delle celebrazioni. Per strada e sul Web. Oltre a cortei di auto, sparatorie in aria, omaggi agli shuhada, i martiri, a Raqqa, a Deir ez-Zour militanti dell’Isis sono scesi nelle strade a distribuire dolcetti e caramelle ai passanti in segno di giubilo.

 

Mentre sugli account islamisti su Twitter continua il trionfalismo. Foto e video degli attacchi commentati soprattutto nel segno «Adesso tocca a voi». Fra i tweet più condivisi, quello che contiene un breve video di Osama bin Laden che spiega il concetto: «Li trattiamo alla stessa maniera. Se qualcuno uccide le nostre donne, i nostri bambini, noi uccidiamo i loro. Finché non smettono». 

BRUXELLES MINUTO DI SILENZIO 2BRUXELLES MINUTO DI SILENZIO 2

 

È la propaganda dell’Isis che martella sul concetto «noi contro di loro». E cerca di trascinare nella sua logica tutto il mondo musulmano. «Noi sogniamo l’Europa e questi criminali, che sono cresciuti nel suo grembo, cercano di ucciderla travolgendoci tutti», ribatte Said. Ha 23 anni, vende dischi a Bab Merraksh alle porte della vecchia Medina di Casablanca. Indossa un cappellino da rapper e jeans calati, si arrangia come tanti altri con la sua bancarella e, anche per questo, non riesce a trattenere la sua rabbia verso «quei pazzi che si sono fatti esplodere, forse perché hanno avuto troppo». 

 

Tra i vicoli non si parla d’altro ormai perché, spiega Amina, «Bruxelles è come una provincia di Casablanca o potrebbe essere il contrario. C’è sempre un parente, un conoscente partito da qui. Ieri - prosegue - appena appresa la notizia ho subito chiamato mio fratello per sapere come stava. La mia vicina è corsa all’Internet point più vicino e ha telefonato a una sua amica».

BRUXELLES MILITARI AEROPORTOBRUXELLES MILITARI AEROPORTO

 

«I nostri occhi ormai hanno fatto l’abitudine alle immagini di attentati e di guerra», continua Chokri, un altro ragazzo che lavora nella vecchia Medina, e spiega: «Sono anni che Al Jazeera ci trasmette corpi martoriati di donne, uomini e bambini senza distinzione. Certo, vedere il terrore nel cuore dell’Europa fa sempre un altro effetto. Se sono arrivati fin lì, ingannando l’intelligence, allora davvero non c’è speranza». 

 

Le immagini dell’attentato passano nelle tv delle ville della Corniche, ma anche dalle antenne paraboliche delle vicine baraccopoli di fronte alla grande moschea sul mare. Miseria e lusso che si sfiorano senza mai toccarsi. Sui mega schermi al plasma dei caffè, la cronaca passa prima in lingua araba, poi in berbero e infine in francese: il terrore tradotto. 

 

i profughi pregano per bruxellesi profughi pregano per bruxelles

L’origine maghrebina di alcuni attentatori ha acceso il dibattito: «Noi qui facciamo un lavoro scrupoloso di contrasto alla radicalizzazione e, poi, giovani nati e cresciuti in Europa vengono travolti nella rete del fondamentalismo. La verità è che questi sono i figli e il frutto marcio dell’Europa. È inutile continuare a tirar fuori l’origine dei genitori», si sfoga Hassan. 

 

Mentre ci accompagna anche la radio nella sua auto racconta di Bruxelles: «Ancora nessuno da lassù, in Europa, riesce a spiegarci perché ci troviamo gente che emigra dal Marocco con la mentalità aperta e sana - spiega un analista politico - per poi tornare dopo qualche anno nel nostro Paese indottrinata, con usi e costumi che non hanno nulla a che vedere con la cultura e la tradizione delle proprie origini», e poi aggiunge: «Emigrano marocchini e ci tornano salafiti. Quei giovani terroristi, cresciuti nella libertà e nella democrazia sono la scheggia impazzita di qualcosa che non funziona in Europa». 

feriti fuori la metro a bruxellesferiti fuori la metro a bruxelles

 

Anche in Siria, appesa a una fragile tregua e in prima linea nella guerra all’Isis, sotto accusa è l’Europa. Gli attentati vengono letti in chiave pro o contro Assad. Gli alawiti accusano i Paesi del Golfo di aver riempito di salafiti il Paese che «adesso stanno andando in Europa», complice o passiva. E citano la “profezia” di Assad di qualche mese fa: «Gli europei si illudono se pensano che i terroristi si fermeranno in Siria. Arriveranno da loro». Per i sunniti, invece, «il vero terrorista è Assad» ed è colpa sua se l’Isis è diventato forte e ora colpisce l’Europa. 

 

esplosione aeroporto di bruxellesesplosione aeroporto di bruxellesaeroporto bruxelles durante esplosioneaeroporto bruxelles durante esplosioneARTIFICIERE  DI BRUXELLES Najim Laachraoui ARTIFICIERE DI BRUXELLES Najim Laachraoui GRANDE MOSCHEA DI BRUXELLES BELGIO ISLAMGRANDE MOSCHEA DI BRUXELLES BELGIO ISLAM

In Libano la comunità cristiana si è schierata invece compatta con Bruxelles. I giornali sia in francese sia in arabo, titolano «L’Isis attacca la capitale dell’Europa». E «L’Orient-Le Jour» paragona i terroristi agli scarafaggi «che sono sempre un passo avanti rispetto ai pesticidi e trovano il modo di infilarsi nella maglia debole» del sistema di sicurezza. 

feriti attentato bruxellesferiti attentato bruxelles

 

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