protesta indios brasile

“NON LASCIAMO LA NOSTRA TERRA” - IN BRASILE PARTE LA RIVOLTA DEGLI INDIOS CON ARCHI E FRECCE CONTRO I TAGLI AL BILANCIO DELLA FONDAZIONE PER GLI INDIGENI - VARIE TRIBU’ SI SONO ACCAMPATE DAVANTI AL PARLAMENTO A BRASILIA PER PROTESTARE: “LULA NON HA MANTENUTO LE PROMESSE E DILMA ROUSSEFF…”

Sara Gandolfi per il “Corriere della Sera”

 

protesta degli indios in brasileprotesta degli indios in brasile

Con archi e frecce contro i gas lacrimogeni della polizia. Migliaia di indigeni si sono dati appuntamento martedì sulla Esplanada dos Ministérios di Brasilia, cuore del potere politico, e hanno messo in scena un «funerale simbolico» per ricordare la strage dei loro antenati morti difendendo le terre ancestrali e le numerose vittime - 13 solo nel 2016 - uccise negli ultimi anni. Poi hanno tentato di entrare nel palazzo del Congresso ed è partita la carica delle forze dell' ordine. Per alcune ore i prati davanti alla sede del Parlamento brasiliano sono diventati un campo di battaglia.

protesta degli indios in brasile protesta degli indios in brasile

 

«Da qui non ce ne andiamo», avvertono gli indigeni che restano accampati nella capitale, in uno dei più imponenti assembramenti delle tribù native, ribattezzato «Terra Livre» (terra libera). Protestano contro i pesanti tagli al bilancio del Funai, la Fondazione nazionale degli indigeni, e contro un emendamento costituzionale in fase di approvazione, la Pec 215, che dà l' ultima parola sulla demarcazione delle loro terre al Parlamento, dominato dalle lobby dell' agro-business.

 

protesta degli indios in brasile   protesta degli indios in brasile

Il «cacique» della tribù Guaraní-Kaiowá Ladio Veron, intervistato dal Corriere , non salva nessuno dei politici «bianchi»: «La mia gente ha avuto fiducia a suo tempo in Lula, diceva che ci avrebbe riconsegnato almeno parte delle nostre terre - ricorda -. Abbiamo lavorato per la sua campagna, ha vinto e non ha mantenuto le promesse: sotto la sua presidenza e sotto quella della sua erede, Dilma, non è stata demarcata nessuna area kaiowá. In cambio, sono stati assassinati molti dei nostri leader».

protesta degli indios in brasile    protesta degli indios in brasile

 

Ladio è il figlio del «cacique» Marcos Veron, brutalmente ucciso nel 2003 dai sicari dei latifondisti, nel Mato Grosso do Sul. La situazione non è cambiata: «Abbiamo recuperato un pezzo di terra di 96 ettari, stiamo ammassati lì ma non abbiamo assistenza medica, né scuola. Soffriamo ogni giorno attacchi, minacce, intimidazioni, i fazendeiros usano anche i droni che volano continuamente sopra le nostre baracche. Con il governo di Michel Temer va anche peggio di prima: stanno smantellando il Funai, collocando i latifondisti nei Ministeri e ora vogliono impedire la demarcazione delle terre indigene».

 

protesta degli indios in brasile     protesta degli indios in brasile

La Pec 215 potrebbe bloccare le future demarcazioni e ridurre la dimensione dei territori esistenti, aprendoli ad attività minerarie, nuove strade, basi militari e altri progetti di sviluppo che potrebbero essere letali per i popoli indigeni. Il testo, che da 16 anni rimbalza da una Camera all' altra in attesa dell' approvazione, vieta anche l' ampliamento delle terre già demarcate e garantisce un indennizzo ai proprietari delle aree all' interno delle riserve.

 

protesta degli indios in brasile      protesta degli indios in brasile

In Brasile, ricorda la Ong Survival International che ha lanciato una petizione internazionale, vivono circa 900 mila indigeni, divisi in 240 tribù, da quelle più popolose come i Guaraní e gli Yanomami al piccolo popolo degli Akuntsu, rimasti solo in quattro. Il 13% del Paese è considerato terra indiana, dalle foreste pluviali tropicali alle praterie dell' interno. Ma il Brasile, assieme al Suriname, è l' unico Stato sudamericano a non riconoscere i diritti di proprietà sulla terra agli indigeni e il processo di demarcazione non è mai realmente decollato.

 

protesta degli indios in brasile  protesta degli indios in brasile

«Da qui non ce ne andiamo», assicurano gli indigeni fuori dai palazzi del potere. Parteciperanno anche loro al grande sciopero generale del 28 aprile indetto dai sindacati per protestare contro la riforma del lavoro del governo Temer. In Brasile sarà la paralisi.

Ultimi Dagoreport

donald trump dazi giorgia meloni

DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL SENATO LA TRUMPIANA DE’ NOANTRI, GIORGIA MELONI, HA SPARATO UN’ALTRA DELLE SUE SUBLIMI PARACULATE - DOPO AVER PREMESSO IL SOLITO PIPPONE (‘’TROVARE UN POSSIBILE TERRENO DI INTESA E SCONGIURARE UNA GUERRA COMMERCIALE...BLA-BLA’’), LA SCALTRA UNDERDOG DELLA GARBATELLA HA AGGIUNTO: “CREDO NON SIA SAGGIO CADERE NELLA TENTAZIONE DELLE RAPPRESAGLIE, CHE DIVENTANO UN CIRCOLO VIZIOSO NEL QUALE TUTTI PERDONO" - SI', HA DETTO PROPRIO COSI': “RAPPRESAGLIE’’! - SE IL SUO “AMICO SPECIALE” IMPONE DAZI ALLA UE E BRUXELLES REAGISCE APPLICANDO DAZI ALL’IMPORTAZIONE DI MERCI ‘’MADE IN USA’’, PER LA PREMIER ITALIANA SAREBBERO “RAPPRESAGLIE”! MAGARI LA SORA GIORGIA FAREBBE MEGLIO A USARE UN ALTRO TERMINE, TIPO: “CONTROMISURE”, ALL'ATTO DI TRUMP CHE, SE APPLICATO, METTEREBBE NEL GIRO DI 24 ORE IN GINOCCHIO TUTTA L'ECONOMIA ITALIANA…

donald trump cowboy mondo in fiamme giorgia meloni friedrich merz keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT: IL LATO POSITIVO DEL MALE - LE FOLLIE DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HANNO FINALMENTE COSTRETTO GRAN PARTE DEI 27 PAESI DELL'UNIONE EUROPEA, UNA VOLTA PRIVI DELL'OMBRELLO MILITARE ED ECONOMICO DEGLI STATI UNITI, A FARLA FINITA CON L'AUSTERITY DEI CONTI E DI BUROCRATIZZARSI SU OGNI DECISIONE, RENDENDOSI INDIPENDENTI - GLI EFFETTI BENEFICI: LA GRAN BRETAGNA, ALLEATO STORICO DEGLI USA, HA MESSO DA PARTE LA BREXIT E SI E' RIAVVICINATA ALLA UE - LA GERMANIA DEL PROSSIMO CANCELLIERE MERZ, UNA VOLTA FILO-USA, HA GIA' ANNUNCIATO L'ADDIO ALL’AUSTERITÀ CON UN PIANO DA MILLE MILIARDI PER RISPONDERE AL TRUMPISMO - IN FRANCIA, LA RESURREZIONE DELLA LEADERSHIP DI MACRON, APPLAUDITO ANCHE DA MARINE LE PEN – L’UNICO PAESE CHE NON BENEFICIA DI ALCUN EFFETTO? L'ITALIETTA DI MELONI E SCHLEIN, IN TILT TRA “PACIFISMO” PUTINIANO E SERVILISMO A TRUMP-MUSK...

steve witkoff marco rubio donald trump

DAGOREPORT: QUANTO DURA TRUMP?FORTI TURBOLENZE ALLA CASA BIANCA: MARCO RUBIO È INCAZZATO NERO PER ESSERE STATO DI FATTO ESAUTORATO, COME SEGRETARIO DI STATO, DA "KING DONALD" DALLE TRATTATIVE CON L'UCRAINA (A RYAD) E LA RUSSIA (A MOSCA) - IL REPUBBLICANO DI ORIGINI CUBANE SI È VISTO SCAVALCARE DA STEVE WITKOFF, UN IMMOBILIARISTA AMICO DI "KING DONALD", E GIA' ACCAREZZA L'IDEA DI DIVENTARE, FRA 4 ANNI, IL DOPO-TRUMP PER I REPUBBLICANI – LA RAGIONE DELLA STRANA PRUDENZA DEL TYCOON ALLA VIGILIA DELLA TELEFONATA CON PUTIN: SI VUOLE PARARE IL CULETTO SE "MAD VLAD" RIFIUTASSE IL CESSATE IL FUOCO (PER LUI SAREBBE UNO SMACCO: ALTRO CHE UOMO FORTE, FAREBBE LA FIGURA DEL ''MAGA''-PIRLA…)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO… 

picierno bonaccini nardella decaro gori zingaretti pina stefano dario antonio giorgio nicola elly schlein

DAGOREPORT - A CONVINCERE GLI EUROPARLAMENTARI PD A NON VOTARE IN MASSA A FAVORE DEL PIANO “REARM EUROPE”, METTENDO COSI' IN MINORANZA ELLY SCHLEIN (E COSTRINGERLA ALLE DIMISSIONI) È STATO UN CALCOLO POLITICO: IL 25 MAGGIO SI VOTA IN CINQUE REGIONI CHIAVE (CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA, TOSCANA E VENETO) E RIBALTARE IL PARTITO ORA SAREBBE STATO L'ENNESIMO SUICIDIO DEM – LA RESA DEI CONTI TRA “BELLICISTI” E “PACIFINTI”, TRA I SINISTR-ELLY E I RIFORMISTI, È SOLO RINVIATA (D'ALTRONDE CON QUESTA SEGRETERIA, IL PD E' IRRILEVANTE, DESTINATO A RESTARE ALL'OPPOSIZIONE PER MOLTI ANNI)