"LI HA AMMAZZATI IN CASA, SENZA UN PERCHÉ" - A TORINO STRAGE TRA DISPERAZIONE E ANGOSCIA: UN UOMO DI 83 ANNI HA UCCISO LA MOGLIE, IL FIGLIO DISABILE E I VICINI, COLPEVOLI DI AVERLI "TRASCURATI". POI HA VEGLIATO I CORPI PER OTTO ORE E QUANDO SONO ARRIVATI I CARABINIERI SI È SPARATO IN BOCCA, SENZA RIUSCIRE A TOGLIERSI LA VITA - IN CASA TROVATO UN BIGLIETTO IN CUI SI RACCONTA IL MIX DI INVIDIA E DISAGIO...
Lodovico Poletto per “La Stampa”
Le finestre chiuse al sesto piano e la gente che guarda su mentre suonano le campane della chiesa per la messa delle 10: «Lì, lì: vedi che ci sono i carabinieri». Francesca che fila via abbracciata ad un'amica dopo una notte in piedi e l'orrore negli occhi: «Li ha ammazzati in casa, senza un perché».
I pettegolezzi che si sprecano giù davanti al bar Dei Portici: «Lui era fuori di testa». No, questa non è una storia di «fuori di testa». Il sangue versato l'altra notte in questo palazzo di sei piani, nel centro di Rivarolo Canavese - 12 mila abitanti della seconda cintura di Torino - è qualcosa di più.
È una storia di disperazione e di angoscia. Di gelosia e di generosità. È la storia di un uomo di 83 anni, Renzo Tarabella, padre di un ragazzo disabile psichico, Wilson, 51 anni, che ha ammazzato il figlio e la moglie, Maria Grazia Valovatto, e poi ha rivolto l'arma contro chi gli aveva teso la mano per anni, i vicini e padroni dell'alloggio dove abitava: Osvaldo Dighera, 74 anni e Liliana Heidempergher, 70 anni.
osvaldo dighera e la moglie liliana heidempergher
«Colpevoli» di aver trascurato il suo dolore, per dedicarsi ad una gioia: occuparsi della loro figlia, Francesca, diventata mamma. E, come tutte le neo mamme, bisognosa di attenzioni.
Ecco, alla fine è tutto lì. E il biglietto trovato nella casa della strage dai carabinieri racconta di questo confuso mix di sentimenti. Di abbandono. Di vendetta e di disperazione. Renzo Tarabella ha scritto tutto questo, a modo suo, dopo aver sparato.
Poi, per otto ore, ha vegliato i cadaveri. In silenzio. Mentre in questo palazzo di sei piani andavano e venivano su e giù per le scale i carabinieri. Cercavano Osvaldo e Liliana: spariti misteriosamente sabato sera. Alle 7.
Ecco tutto è cominciato come la storia di una misteriosa scomparsa di due pensionati. È iniziato così, con nonna Liliana, ex maestra elementare del paese, che telefona alla figlia Francesca: «Dov'è papà, non è ancora tornato: ho già messo in tavola la cena». Lo cerca da lei perché Osvaldo ha accompagnato a casa la figlia e la nipotina. Carico di borse della spesa.
Ma Osvaldo, a quell'ora, è già morto. Riverso sul pavimento del salotto di casa Tarabella, ammazzato con un colpo di pistola. La maestra Liliana, intanto, esce di casa, va dalla figlia che abita lì accanto. Si parlano dal balcone: «Magari ha fatto due passi in centro, chissà».
È strano, Liliana lo cerca. Quando rientra, scompare. I tempi a questo punto si fanno incerti. Francesca cerca i genitori. Al telefono non rispondono. Da casa sua vede le luci della cucina accese. Appena torna suo marito dal lavoro gli lascia la bimba e va a controllare.
In casa, non c'è nessuno. I telefoni sono muti. Sul tavolo ci sono i piatti, le posate e i bicchieri: tutto apparecchiato per la cena. Rivarolo è un posto dove alla fine ci si conosce tutti, in un modo o nell'altro. Sparire così è impossibile.
I carabinieri arrivano presto. Sembra una fuga. Al peggio non pensa nessuno. La città è vuota. Le strade pure. La gente è barricata in casa. Inizia a piovere. Li cercano per ore in centro e fuori paese, dove c'è il fiume che ha un nome che mette paura: Orco.
Solo dopo mezzanotte, le attenzioni si concentrano nell'unico appartamento da cui non risponde nessuno. Quello di Renzo Tarabella. Di lui, a quell'ora, si sa già molto. Si sa che Osvaldo e Liliana hanno aiutato per anni quella famiglia a prendersi cura del figlio disabile. Si sa che, forse c'erano stati degli screzi perché adesso che erano diventi nonni, i genitori di Francesca ci occupavano meno di loro.
carabinieri sul luogo della strage
Alle 3 di notte arrivano i pompieri per sfondare la porta dell'appartamento chiuso. Un colpo di pistola. Renzo Tarabella si è sparato in bocca. Finisce in ospedale. È vivo. Sul tavolo c'è la lettera che non svela nulla di questa strage nata senza motivo. Ma che racconta di questo mix di invidia e di angoscia.
Ore dopo è tutto chiaro. I carabinieri hanno ricostruito. Il procuratore di Ivrea, Ferrando, ha ordinato gli accertamenti. Francesca guarda dalla finestra della casa dei genitori i lampeggianti blu dei carabinieri. Non era un mistero. Era solo follia.