MEGLIO LA MORTE - NOA POTHOVEN, LA 17ENNE OLANDESE CHE SI E’ LASCIATA MORIRE DI FAME, NON VOLEVA CHE LA SUA VOLONTÀ FOSSE VIOLATA: SI E’ OPPOSTA AI RICOVERI COATTI E ALLE VESTI CONTENITIVE CHE VEDEVA COME UNA “UMILIAZIONE” - IL SUO SCRITTO: “APRO GLI OCCHI A FATICA. UNA CAMERA D'OSPEDALE, UN SACCO DI GENTE ATTORNO AL MIO LETTO. MI SI RICHIUDONO SUBITO. NON CAPISCO CHE COSA STIA SUCCEDENDO…”
1 - NOA E LA RIBELLIONE AI RICOVERI «COSÌ È UMILIANTE»
Elena Tebano per il “Corriere della sera”
C'è stato un prima e un dopo per Noa Pothoven, la ragazza di 17 anni vittima di violenze sessuali che domenica scorsa è morta per aver rifiutato cibo e acqua, dopo aver chiesto invano l'eutanasia. È il trattamento a cui era stata sottoposta, contro la sua volontà, per impedire che l' anoressia le provocasse il collasso degli organi interni. Noa lo aveva spiegato a chi la conosceva, lo ha scritto nel libro pubblicato a novembre scorso, «Winnen of leren» («Vincere o imparare»): non voleva che la sua volontà fosse violata.
Si è opposta con tenacia all'«umiliazione», come la definiva lei, dei ricoveri coatti, all'«orrore» delle vesti contenitive che dovevano evitare si facesse male con le sue mani, alle udienze davanti ai giudici che la facevano «sentire una criminale, anche se non ho mai rubato una caramella in vita mia», al «trauma» dell' isolamento.
Ma nonostante i venti ricoveri, un internamento giudiziario in ospedale durato sei mesi, anni di terapie che non sono riuscite ad aiutarla, il suo deperimento era tale che i medici dell' ospedale Rijnstate di Arnhem le hanno indotto un coma farmacologico, le hanno inserito un sondino naso-gastrico per l' alimentazione forzata e somministrato farmaci in vena attraverso una flebo. È stato il punto di non ritorno.
A dicembre scorso ha compiuto 17 anni, subito dopo si è insediata una commissione che ha riunito i medici dell' ospedale Rijnstate, quello di famiglia, il suo pediatra, lo psichiatra che la seguiva e poi la stessa Noa, il padre Frans e la madre Lisette. La legge olandese prevede che per le decisioni mediche che riguardano i minori fino a 12 anni siano responsabili i loro genitori, che tra i 12 e i 16 si debba sentire il parere del minore consultando la famiglia, che dopo i 16 anni gli adolescenti abbiano sia il diritto di decidere autonomamente sia quello al rispetto della privacy (quindi possono tenere i genitori all' oscuro di tutto), a patto che siano in grado di capire le conseguenze delle loro scelte.
La commissione dell'ospedale, a inizio anno, ha accertato che Noa era capace di prendere decisioni sulla sua salute, che il suo desiderio di rifiutare alimentazione forzata e flebo e di avere invece cure palliative per morire «in modo umano» era legittimo. Anche se il padre e la madre erano convinti che «non volesse davvero morire, ma solo smettere di soffrire», hanno dovuto accettare la sua scelta.
È difficile soltanto immaginare la sofferenza che l'ha portata a farla. Trapelava nelle grandi cicatrici rosa che le solcavano i polsi fino alle mani. Dai tentativi di suicidio che si sono ripetuti prima e dopo i ricoveri. Domenica Noa se ne è andata nel modo in cui voleva. È impossibile pensare che sia stata una vittoria, la parola che aveva scelto per il suo libro. Forse deve essere una lezione, perché non si ripeta più. Ieri ci sono stati i funerali in forma privata.
2 - «RIAPRO GLI OCCHI COSA SUCCEDE?»
Testo di Noa Pothoven
Apro gli occhi a fatica. Una camera d'ospedale, un sacco di gente attorno al mio letto. Mi si richiudono subito. Non capisco che cosa stia succedendo. «Ehi, rieccoti qui» dice piano una voce. La luce accecante mi fa sbattere le palpebre, dopodiché socchiudo leggermente gli occhi. La voce è quella di mio padre. I miei genitori sono seduti accanto al letto. «Che cosa succede?» chiedo. «Sei stata in coma. Ieri e oggi. I farmaci per il coma non funzionavano bene, ne servivano troppi, quindi ti hanno già svegliata» dice la mamma. Tossisco e butto fuori del catarro. Ho del muco nei polmoni e un tubo infilato nel naso.
«Tra un attimo la dottoressa torna di nuovo».
«Cosa intendi con "di nuovo"?».
«Ti eri già svegliata prima, ma pensava che te ne saresti dimenticata».
Gli occhi mi si chiudono un' altra volta.
«Ehi, ciao». La pediatra entra nella camera.
Sorrido e rispondo al suo saluto.
«Avrai pensato molto...». «Eh sì».
«Oggi c' è stato un grande consulto. C' erano anche alcuni medici specializzati in terapia intensiva infantile, che hanno protestato con forza quando hanno saputo di quanti farmaci avevi bisogno per restare tranquilla. Ti sei svegliata due volte durante il coma, probabil-mente perché il tuo corpo si era abituato a tutti quei farmaci. E quindi abbiamo deciso di svegliarti già oggi. Devi restare ancora un po' in ospedale, con la flebo e col sondino naso-gastrico. Se ti rifiuti, ti portano in un posto dove ti legano al letto» dice Fenna. «Durante il consulto c' erano anche il tuo psichiatra e i coordinatori delle tue cure. Come procediamo ora? Dove vuoi andare quando il tuo corpo riprenderà a funzionare?».