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CACCIA ALL’UOMO NERO DI GINEVRA - RICERCATRICE ITALIANA UCCISA IN SVIZZERA, SFUMA LA PISTA DELLA RAPINA: SOSPETTI SU UN RAGAZZO AFRICANO CHE AVEVA FREQUENTATO - GLI AMICI: "CI RACCONTÒ DI UN GIOVANE SENEGALESE DIVENTATO POSSESSIVO"
Gianni Santucci per il “Corriere della Sera”
Non può far paura una strada che si chiama avenue de la Croisette, con il prato sulle aiuole lungo i marciapiedi, le palazzine a tre piani, gli appartamenti abitati da medici e studenti, l' ospedale e l' università poco distanti, a ridosso del centro di Ginevra, che resta una città in cui furti sì, ne capitano, spesso qualche borseggio e qualche rapina, ma la violenza feroce di strada no, non è fatto comune.
Non può far paura una strada così e per questo lunedì sera Valentina Tarallo, 29 anni, ricercatrice della provincia di Torino, in avenue de la Croisette camminava da sola, verso casa, che sta al civico 12. Le mancava da percorrere qualche decina di metri e stava passando in un tratto dove il lampione è rotto. È stata aggredita intorno alle 23, è morta tre quarti d' ora dopo. Ma non è stata una rapina, sembra.
Perché se gli investigatori svizzeri lavorano in silenzio, c' è un' intera comunità di italiani a Ginevra che in queste ore sta mettendo in ordine i particolari della vita di questa ragazza che viveva qui dal 2012 e che, oltre a studiare, aveva cercato anche di aiutare le persone, fare la volontaria come da sempre faceva a La Loggia, il suo paese. E dunque anche per questo era un po' speciale, tra i quasi 40 mila italiani che vivono a Ginevra.
Alcuni ragazzi con cui Valentina scambiava passaggi in auto Torino-Ginevra, un gruppo di car pooling che tutti i fine settimana fa su e giù per dividere le spese del viaggio, hanno raccontato: «L' ho portata io a Ginevra domenica sera, sono senza parole»; e ancora: «Porca miseria, anche io ho portato Valentina più volte a Torino».
E infine il particolare che, per come si stanno indirizzando le indagini, potrebbe essere decisivo. In uno dei viaggi, la ricercatrice aveva parlato «di un ragazzo africano al quale si era avvicinata, all' inizio lo aveva aiutato, poi era nata un' amicizia, forse l' inizio di una storia, ma lei si era presto allontanata, perché erano troppo diversi, lui era diventato un po' possessivo, molto geloso».
VALENTINA TARALLO CON LA SORELLA
I testimoni dell' aggressione, almeno un paio, hanno parlato di un giovane africano, sui trent' anni, molto alto. La polizia avrebbe così identificato l' amico della dottoranda in Microbiologia molecolare: un ragazzo senegalese, 36 anni, già noto.
RAPINA OMICIDIO A GINEVRA VALENTINA TARALLO
E poi c' è quell' aggressione che sembra più un agguato, l' uomo che scappa senza prendere il portafogli, l' arma che è una spranga lunga sessanta centimetri presa probabilmente da un cantiere poco lontano, abbandonata sull' asfalto dopo i colpi sferrati contro la giovane ricercatrice, apparsi da subito troppi e troppo violenti per essere la degenerazione balorda di una rapina.
Infine, un testimone avrebbe raccontato di aver visto un uomo che corrisponde alla descrizione aggirarsi in strada qualche ora prima, nel tardo pomeriggio, vicino casa di Valentina, suonando anche più volte ai citofoni.
Ieri il console generale a Ginevra, Andrea Bertozzi, ha assistito Generoso Tarallo e Mattea Di Carlo, i genitori della ricercatrice; un padre e una madre quasi annichiliti da quando hanno ricevuto la telefonata dalla Svizzera, hanno saputo che era capitata una disgrazia alla figlia che era «il loro orgoglio».
E che è stata uccisa mentre camminava sulla sua strada di ragazza buona e intelligente ed estroversa, come racconta Luca Macchia, amico dai tempi del volontariato a La Loggia: «Era solare e piena di gioia. Regalava sorrisi. Per dieci anni ho visto Valentina all' oratorio. Era davvero, e lo è sempre stata, una persona gioiosa, propositiva. Piena di grinta».
L' altro pezzo della vita di Valentina lo racconta il professor Franco Merletti, suo docente, direttore del laboratorio di epidemiologia della facoltà di Biotecnologie dell' Università di Torino:
«Ricordo bene Valentina, bisogna considerare il fatto che in generale le strutture italiane di un certo livello consigliano sempre di frequentare un periodo all' estero per fare ricerca. La sua scelta di emigrare era un indicatore di serietà e di volontà di imparare delle cose nuove, di conoscere un nuovo mondo professionale. Noi la seguivamo da qui. Sapevamo che era apprezzata e che lavorava bene, eravamo contenti». Valentina Tarallo è morta a cinque minuti di distanza, a piedi, dall' università in cui aveva scelto di studiare.
( ha collaborato Elisa Sola )