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AMORE ACIDO – IL PADRE DI BARBINI SMONTA LA STORIA DI ALEXANDER SUCCUBE DI MARTINA: “LUI LA INCITAVA A LANCIARE L’ACIDO SU MIO FIGLIO” – “PIETRO URLAVA E CORREVA, L’UOMO CON IL CAPPUCCIO GRIGIO STRINGEVA UN MARTELLO”
Elisabetta Andreis e Gianni Santucci per www.corriere.it
«Mi trovavo a circa 8-10 metri di distanza e ho potuto osservare la reazione immediata di Pietro che ha iniziato a togliersi i vestiti di dosso e, vedendomi arrivare, è corso nella mia direzione urlandomi “papà scappa, papà scappa”. Pietro ha cominciato a scappare anche lui, mi ha superato senza fermarsi e ho avuto la chiara sensazione che fosse in preda al terrore e al panico. Ho distintamente visto che l’uomo con il cappuccio grigio stringeva un martello in mano e stava rincorrendo mio figlio».
Sono le 2.30 della notte, 29 dicembre, quando il padre di Pietro Barbini firma il suo verbale nelle stanze dell’Ufficio prevenzione generale della questura. Suo figlio a quell’ora è ricoverato nel reparto Grandi ustionati del Niguarda. L’acido gli sta deturpando il suo volto. Il racconto di Gherardo Barbini è secco, descrittivo, come si addice a un atto di indagine.
alexander boettcher in tribunale
Ma a rileggerlo oggi restituisce il dramma di una famiglia che aveva appena trascorso un Natale sereno in montagna, e di un padre che ha assistito a una feroce aggressione contro il figlio. Questa testimonianza sarà il documento chiave dell’inchiesta guidata dal pm Marcello Musso a carico di Martina Levato, 23 anni, studentessa della Bocconi, e del suo complice/amante Alexander Boettcher, 30 anni.
L’INCITAMENTO
Il verbale si apre con le telefonate che Pietro, 22 anni, riceveva da giorni da un’inesistente ditta di spedizioni per la consegna di un pacco. Telefonate strane. Per questo il padre, alle 17 di quella domenica, ha deciso di accompagnarlo all’appuntamento, civico 14 di via Giulio carcano, zona Cermenate. Arrivati sul posto, il racconto prosegue così: «Mio figlio è sceso dalla macchina per andare a controllare sul citofono, mentre io ho fermato l’autovettura qualche metro più avanti.
alexander boettcher in tribunale
Sono sceso e, poco prima di raggiungere Pietro, ho visto due persone, un uomo e una donna, che gli si stavano avvicinando da dietro». Sono Boettcher e Martina, «quest’ultima aveva in mano due recipienti, contenenti un liquido che la stessa ha lanciato in faccia a mio figlio».
Un’aggressione assurda, premeditata, crudele (aggravante contestata dall’accusa); una frazione di secondo che ha distrutto per sempre la vita di un ragazzo e della sua famiglia. In un verbale integrativo depositato l’8 gennaio dall’avvocato Paolo Tosoni, il padre di Pietro ha aggiunto alcuni particolari alla sua testimonianza: Alexander e Martina attraversavano la strada, la ragazza reggeva con cautela i recipienti, probabilmente indossava dei guanti; Boettcher l’ha spinta e incitata nel momento in cui lei ha scagliato l’acido.
alexander boettcher e martina levato
L’INSEGUIMENTO
Nel momento in cui vede Pietro spogliarsi e scappare, il padre perde di vista Martina (che verrà arrestata poche ore più tardi nella casa dei suoi genitori, a Bollate). In quel momento l’uomo pensa solo ad aiutare il figlio: «Ho quindi iniziato a rincorrere la persona che lo stava aggredendo e ho cercato di attirare l’attenzione dei presenti urlando a squarciagola di chiamare la polizia. L’inseguimento è durato circa 20-25 secondi e si è concluso nei pressi del civico 29 della stessa via (la distanza è di circa 140-150 metri, ndr ), in quanto mio figlio si è fermato e voltandosi è riuscito a buttare a terra l’aggressore.
Con il mio aiuto e quello di un passante siamo riusciti a disarmare l’uomo e a bloccarlo». Pochi secondi dopo, in via Carcano arrivano le volanti della polizia e l’ambulanza. Il tempo trascorso nell’inseguimento ha permesso all’acido di «attaccarsi» sulla pelle del ragazzo, provocando effetti devastanti.
L’ALIBI
Quando i poliziotti arrivano a casa di Martina e le chiedono cosa abbia fatto nel pomeriggio, lei risponde di essere andata a casa di un amico verso le 17. Gli investigatori contattano questo ragazzo, che descrive con grande precisione spostamenti e orari della sua giornata. Poi aggiunge: «Alle 18.30-18.45 mi sono svegliato a causa dello squillo del citofono, ho risposto ed era tale Martina, fidanzata di un mio conoscente di nome Alexander Boettcher.
La ragazza era molto agitata e scossa, mi ha detto di essere venuta da me perché non riusciva a contattare il fidanzato... Quando si è presentata da me aveva il cappuccio calzato in testa, era molto sciupata in viso e sembrava avesse pianto». La versione di Martina è crollata in quel momento, con quelle parole. Anche se non ce n’era bisogno: il padre di Pietro l’aveva già riconosciuta.