scholz meloni gentiloni macron sanchez

PATTO DI IN-STABILITÀ – I PAESI FRUGALI CONTINUANO A METTERE I BASTONI TRA LE RUOTE: PROSEGUE LA RISSA TRA I GOVERNI SUI NUOVI PARAMETRI DEL PATTO DI STABILITA’ - L’UE TEME IL FLOP E MEDITA UN “DISPOSITIVO DI TRANSIZIONE” PER SCONGIURARE IL RITORNO ALLE VECCHIE REGOLE (RAPPORTO DEFICIT/PIL NON OLTRE IL 3%, RAPPORTO DEBITO/PIL NON OLTRE IL 60%) - LA GERMANIA PROVA A SBLOCCARE LA RIFORMA: DOMANI ARRIVERÀ SUL TAVOLO INFORMALE DELL’ECOFIN LA PROPOSTA DI MEDIAZIONE FRANCO-SPAGNOLA CHE PREVEDE DI…

Claudio Tito per repubblica.it - Estratti

olaf scholz in un bar di piazza di pietra a roma 1

La Germania sblocca la riforma del Patto di Stabilità. O meglio: per la prima volta non dice no. Domani arriverà sul tavolo informale dell’Ecofin la proposta di mediazione franco-spagnola.

 

Certo, non tutto è definito e i ministri dell’Economia domani dovranno comunque lavorare ancora per arrivare al via libera. Eppure il segnale lanciato dalla Cancelleria tedesca ha aperto uno squarcio di ottimismo. L’obiettivo è di chiudere il pacchetto entro l’anno.

 

Il punto di partenza rimane la richiesta tedesca di inserire nella nuova governance economica dei parametri oggettivi che garantiscano controllo del deficit e calo del debito. Nei mesi scorsi la cifra dell’1 per cento di tagli era vista come un totem inviolabile. Un obiettivo pesante che renderebbe inutile la riforma del Patto.

sanchez macron

 

La soluzione franco-spagnola, allora, prevede di lasciare sostanzialmente inalterato il “muro” germanico sull’1 per cento. Ma verrebbe articolato in maniera diversa.

La riduzione dell’eventuale debito in eccesso rispetto al parametro del 60 per cento nel rapporto con il Pil (l’Italia è sopra il 145 per cento e la Francia si avvicina al 110, tanto per fare due esempi), scatterà solo una volta messo a posto il disavanzo.

Ossia i Paesi che hanno sia deficit sia debito oltre i tetti stabiliti (quello del deficit è il 3 per cento in rapporto al Pil), dovranno prima contenere il disavanzo annuale e solo dopo dovranno o potranno avviare la parabola discendente del debito

 

(...)

 

 

MACRON SCHOLZ

PATTO DI STABILITA’

Estratto da open.online

 

È passato un anno esatto da quando la Commissione Ue guidata sul tema da Paolo Gentiloni ha presentato la sua proposta di riforma del Patto di Stabilità: fuor di gergo tecnico, il nuovo insieme di regole comuni per la gestione delle economie dei Paesi Ue. Meno rigidità rispetto ai vecchi “parametri di Maastricht”, dimostrasi irrealistici alla prova dei fatti e delle crisi, più flessibilità nel monitoraggio da parte della Commissione delle politiche economiche di ciascun Paese, in cambio di un impegno rinnovato in ciascuna capitale (a iniziare da quelle del Sud..) alla sostenibilità dei conti pubblici.

 

Poteva non essere definitiva e perfetta, la proposta della Commissione, si è sgolato a seguire per mesi Gentiloni, ma i governi dei 27 dovevano arrotolarsi le maniche, negoziare con buona volontà e chiudere un accordo entro la fine del 2023. Impensabile, anche per la credibilità degli stock di debito pubblico più “delicati” sui mercati, prolungare ancora la sospensione del Patto decretata a marzo 2020 sull’onda dello shock economico-sanitario della pandemia. Eppure è proprio all’opposto che rischia seriamente di finire la saga del “nuovo” Patto di Stabilità. Senza un accordo concluso e approvato da tutte le parti prima della fine dell’anno, e dunque senza un nuovo framework di regole operativo dal 1° gennaio 2024.

 

GIORGIA MELONI E OLAF SCHOLZ

Lo ha confermato alla vigilia della doppia riunione dei ministri economici Ue – l’Eurogruppo oggi, l’Ecofin domani – un alto funzionario Ue, ammettendo all’Ansa che a Bruxelles si lavora di fatto già al piano B. «Fino a quando non avremo le regole pienamente incorporate in ogni aspetto del processo sarà inevitabile avere degli elementi di transizione il prossimo anno». Tradotto, in assenza di un accordo tra i 27 la Commissione sarà costretta a escogitare un “diversivo” normativo in grado di coprire la falla, evitando il ritorno in vigore delle vecchie, odiate regole del Patto (rapporto deficit/Pil non oltre il 3%, rapporto debito/Pil non oltre il 60%, ritmo incalzante dei percorsi di riduzione per chi è oltre quest’ultimo).

 

 

I nodi del contendere e la mediazione impossibile della Spagna

meloni gentiloni

Un bel pasticcio, di cui oltre ai grattacapi strettamente giuridici sarà interessante capire le modalità di comunicazione/spiegazione alle opinioni pubbliche Ue, quando mancheranno sei mesi alle elezioni europee 2024. Ma tant’è: le trattative tra gli Stati membri sono tanto al palo – dopo che si sono di fatto ri-formati gli schieramenti contrapposti di Paesi “austeri” e “frugali” – che la Spagna, titolare della presidenza di turno del Consiglio Ue, non sarà in grado di presentare neppure a questa riunione dell’Ecofin una nuova proposta legislativa in grado di mettere d’accordo tutti.

 

Lo aveva promesso e ci aveva sperato, il governo (peraltro ad interim) di Madrid. Ma non ci sono evidentemente le condizioni. Sul tavolo dei ministri dunque, a meno di clamorose sorprese, planerà soltanto un documento informale contenente alcune landing zones, ipotesi di “zone di atterraggio” sui nodi principali del contendere. Come noto, essenzialmente due: la richiesta di parametri quantitativi espliciti per i percorsi di riduzione del debito pubblico dei Paesi più esposti, chiesta da mesi dalla Germania e da altri Paesi nordici, da un lato. La richiesta di scorporare le spese per investimento dal computo del deficit, o almeno una loro parte: quelle legate ai fondi Pnrr, ad esempio, e/o quelle per gli investimenti in difesa richiesti dalla Nato e dalla guerra in Ucraina. Richiesta questa che sta a cuore in primis all’Italia.

olaf scholz giorgia meloni 2

 

(...)

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – PUTIN NON PERDE MAI: TRUMP ESCE A PEZZI DALLA TELEFONATA CON “MAD VLAD”. AVEVA GIÀ PRONTO IL DISCORSO (“HO SALVATO IL MONDO”) E INVECE HA DOVUTO FARE PIPPA DI FRONTE AL NIET DEL PRESIDENTE RUSSO ALLA TREGUA DI 30 GIORNI IN UCRAINA – ZELENSKY COTTO E MANGIATO: “SE NON SEI AL TAVOLO DEL NEGOZIATO, SEI NEL MENÙ” – LE SUPERCAZZOLE DEL TYCOON SU IRAN E ARABIA SAUDITA E LA PRETESA DELL’EX AGENTE DEL KGB: ACCETTO IL CESSATE IL FUOCO SOLO SE FERMATE GLI AIUTI ALL’UCRAINA. MA TRUMP NON POTEVA GARANTIRE A NOME DELL’EUROPA – DOPO IL SUMMIT A GEDDA DI DOMENICA PROSSIMA CI SARÀ UNA NUOVA TELEFONATA TRA I DUE BOSS. POI L’INCONTRO FACCIA A FACCIA…

donald trump dazi giorgia meloni

DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL SENATO LA TRUMPIANA DE’ NOANTRI, GIORGIA MELONI, HA SPARATO UN’ALTRA DELLE SUE SUBLIMI PARACULATE - DOPO AVER PREMESSO IL SOLITO PIPPONE (‘’TROVARE UN POSSIBILE TERRENO DI INTESA E SCONGIURARE UNA GUERRA COMMERCIALE...BLA-BLA’’), LA SCALTRA UNDERDOG DELLA GARBATELLA HA AGGIUNTO: “CREDO NON SIA SAGGIO CADERE NELLA TENTAZIONE DELLE RAPPRESAGLIE, CHE DIVENTANO UN CIRCOLO VIZIOSO NEL QUALE TUTTI PERDONO" - SI', HA DETTO PROPRIO COSI': “RAPPRESAGLIE’’! - SE IL SUO “AMICO SPECIALE” IMPONE DAZI ALLA UE E BRUXELLES REAGISCE APPLICANDO DAZI ALL’IMPORTAZIONE DI MERCI ‘’MADE IN USA’’, PER LA PREMIER ITALIANA SAREBBERO “RAPPRESAGLIE”! MAGARI LA SORA GIORGIA FAREBBE MEGLIO A USARE UN ALTRO TERMINE, TIPO: “CONTROMISURE”, ALL'ATTO DI TRUMP CHE, SE APPLICATO, METTEREBBE NEL GIRO DI 24 ORE IN GINOCCHIO TUTTA L'ECONOMIA ITALIANA…

donald trump cowboy mondo in fiamme giorgia meloni friedrich merz keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT: IL LATO POSITIVO DEL MALE - LE FOLLIE DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HANNO FINALMENTE COSTRETTO GRAN PARTE DEI 27 PAESI DELL'UNIONE EUROPEA, UNA VOLTA PRIVI DELL'OMBRELLO MILITARE ED ECONOMICO DEGLI STATI UNITI, A FARLA FINITA CON L'AUSTERITY DEI CONTI E DI BUROCRATIZZARSI SU OGNI DECISIONE, RENDENDOSI INDIPENDENTI - GLI EFFETTI BENEFICI: LA GRAN BRETAGNA, ALLEATO STORICO DEGLI USA, HA MESSO DA PARTE LA BREXIT E SI E' RIAVVICINATA ALLA UE - LA GERMANIA DEL PROSSIMO CANCELLIERE MERZ, UNA VOLTA FILO-USA, HA GIA' ANNUNCIATO L'ADDIO ALL’AUSTERITÀ CON UN PIANO DA MILLE MILIARDI PER RISPONDERE AL TRUMPISMO - IN FRANCIA, LA RESURREZIONE DELLA LEADERSHIP DI MACRON, APPLAUDITO ANCHE DA MARINE LE PEN – L’UNICO PAESE CHE NON BENEFICIA DI ALCUN EFFETTO? L'ITALIETTA DI MELONI E SCHLEIN, IN TILT TRA “PACIFISMO” PUTINIANO E SERVILISMO A TRUMP-MUSK...

steve witkoff marco rubio donald trump

DAGOREPORT: QUANTO DURA TRUMP?FORTI TURBOLENZE ALLA CASA BIANCA: MARCO RUBIO È INCAZZATO NERO PER ESSERE STATO DI FATTO ESAUTORATO, COME SEGRETARIO DI STATO, DA "KING DONALD" DALLE TRATTATIVE CON L'UCRAINA (A RYAD) E LA RUSSIA (A MOSCA) - IL REPUBBLICANO DI ORIGINI CUBANE SI È VISTO SCAVALCARE DA STEVE WITKOFF, UN IMMOBILIARISTA AMICO DI "KING DONALD", E GIA' ACCAREZZA L'IDEA DI DIVENTARE, FRA 4 ANNI, IL DOPO-TRUMP PER I REPUBBLICANI – LA RAGIONE DELLA STRANA PRUDENZA DEL TYCOON ALLA VIGILIA DELLA TELEFONATA CON PUTIN: SI VUOLE PARARE IL CULETTO SE "MAD VLAD" RIFIUTASSE IL CESSATE IL FUOCO (PER LUI SAREBBE UNO SMACCO: ALTRO CHE UOMO FORTE, FAREBBE LA FIGURA DEL ''MAGA''-PIRLA…)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO…