“PER UNA DOSE DI CRACK DA 20 EURO FACEVO DI TUTTO” – EMERGONO NUOVI PARTICOLARI SULLA CASA DEI “FESTINI” A TORINO, DOVE UNIVERSITARIE E MADRI INSOSPETTABILI CON PROBLEMI DI TOSSICODIPENDENZA SI PROSTITUIVANO “A CHIAMATA”. RICEVEVANO DROGA IN CAMBIO DELLE PRESTAZIONI SESSUALI – IL RACCONTO IN AULA DELLA STUDENTESSA DI PSICOLOGIA CHE HA DENUNCIATO: “STAVO LÌ QUATTRO GIORNI DI FILA E AVEVO RAPPORTI CON 30 O 40 CLIENTI AL GIORNO” – A GESTIRE IL BUSINESS CRIMINALE LA TRANSGENDER MONIQUE. LE INTERCETTAZIONI: “NE HO UNA FAVOLOSA, FISICO DA CAPOGIRO, MA VUOLE 30 EURO”
1 – LA PIAGA DEL CRACK, SESSO IN CAMBIO DI DOSI: STUDENTESSE E CLIENTI AI FESTINI DELL’ORRORE
Estratto dell’articolo di Elisa Sola per https://torino.repubblica.it/
C’è la studentessa di psicologia che dal tardo pomeriggio all’alba del giorno dopo incontra 40 clienti. Uno dopo l’altro. Ognuno di loro vale una fumata di crack. E la fumata diventa più lunga a seconda di quello che lei è disposta a fare. C’è la barista che stacca dal locale di piazza Vittorio alle undici e mezza di sera. E che finito il turno, per arrivare alla casa del crack più in fretta, paga un taxi: «Così ci metto solo 9 minuti».
C’è la madre di una bambina: contattata in serata perché serve una «puttana» (come vengono letteralmente definite le giovani nelle intercettazioni) in più al festino, dice: «Non posso, sono con mia figlia». Ma dopo 10 minuti richiama: «Posso stare mezz’ora». E dopo quella mezz’ora, fumati i 20 euro di crack che le spettano, supplica: «Se resto ancora un po’, cosa riesci a darmi ancora?».
Sono studentesse universitarie, lavoratrici, madri. Sono donne insospettabili le vittime del crack. Invischiate a tal punto nella dipendenza di una delle droghe più devastanti – ma anche più vendute a Torino – da restare quattro giorni consecutivi in un alloggio fetido, per drogarsi e prostituirsi. Anzi, per prostituirsi e drogarsi.
Perché riguardo alla scansione delle azioni, dei tempi e dei ruoli, Monique, la donna transgender che gestiva clienti, pusher e tossicodipendenti distrutte, era inflessibile. Tanto da contare il sesso al minuto. E dal saperlo trasformare in grammi di “roba”.
il palazzo di via urbino a torino dve avvenivano i festini con droga e sesso
[…] E Monique, da vera maniaca del controllo, presenziava a ogni incontro. Il sesso era spesso di gruppo, nella sua casa. Le ragazze, mai sole con il cliente. Lei guardava. O partecipava. Mentre gestiva centinaia di telefonate. Quelle che hanno consentito, tra l’altro, alla pm Chiara Maina di risalire a molti personaggi del popolo del crack.
Ieri si è concluso il filone dibattimentale del processo scaturito da una lunga indagine svolta dai carabinieri. Sul banco degli imputati c’erano i due presunti complici di Monique, condannata in abbreviato a due anni e otto mesi di reclusione e 3mila euro di multa per sfruttamento della prostituzione. Sono stati entrambi assolti […]
TORINO PROSTITUZIONE E DROGA IN UN APPARTAMENTO
«Non sono un santo – ha detto l’imputato rendendo dichiarazioni spontanee – ma non sfrutto le persone. Adesso vado al Serd, ho smesso. Non c’era gente che diceva fai questo o quello. Eravamo solo dei drogati». Oltre ai due assolti e a Monique, due spacciatori che rifornivano la casa hanno patteggiato pene a oltre un anno di reclusione. A uno sono contestate oltre 108 cessioni di droga.
Via Urbino 33. La Torino del crack è al piano terra di un palazzo di mattoni rossi. Oltre il cancello bianco che delimita l’aiuola condominiale di erbetta all’inglese. Oltre le due colonne grigie. «Poi giri a destra e sei arrivato» raccontava una ragazza sentita dai carabinieri, che hanno osservato per settimane, grazie alle telecamere, l’incessante processione.
Il crack lo fumavano tutti, clienti e donne costrette a vendersi per il bisogno di droga. «Quand’è che mi organizzi una serata? Due puttane, io porto il resto», diceva un cliente al telefono. E Monique rispondeva: «Due ci sono già. Ovviamente non puttane che si fanno pagare. Fanno quello che facciamo noi».
E quello che facevano loro, che facevano tutti, in quella casa lurida con le feci di cane sui fogli di giornale sparsi a terra nel bagno, era fumare il crack. Anche i pusher, dopo le consegne, si drogavano. E anche loro, a volte, facevano sesso. Ordinando, come gli altri, quello che volevano. «Ne ho qui una favolosa, magra, fisico da capogiro, ma vuole 30 euro! Cosa le dico?”» chiedeva il “capo”.
TORINO PROSTITUZIONE E DROGA IN UN APPARTAMENTO
Se la donna era in crisi d’astinenza, il suo corpo valeva di meno: era la regola spietata per chi stava toccando il fondo. Un rapporto sessuale poteva scendere anche sotto i 20 euro, quando di solito costava 50.
«Prima lo facevo, prima potevo fumare – rivela una studentessa –. Ho conosciuto almeno dieci ragazze che si prostituiscono per Monique. È una prostituzione strana, nel senso che non c’è mai un’entrata di soldi. Il denaro che la ragazza guadagna viene subito investito nel crack che si fuma. Stavo a casa di Monique anche per quattro giorni di fila e avevo rapporti con 30 o 40 clienti al giorno. Tutto il denaro me lo fumavo subito. Tutto in crack».
2 – LA TESTIMONIANZA DELLA STUDENTESSA DI PSICOLOGIA: “NELLA CASA DEL CRACK, PER UNA DOSE FACEVO TUTTO”
Estratto dell’articolo di Elisa Sola per https://torino.repubblica.it/
il palazzo di via urbino a torino dve avvenivano i festini con droga e sesso
Arriva in aula accompagnata dai carabinieri. Parla biascicando con una franchezza disarmante: «Studiavo psicologia e per pagarmi il crack mi prostituivo. Facevo uso di stupefacenti. Li assumo ancora. Il crack è così. Pensi solo a quello e ne vuoi sempre di più. Se mi dicevano fai quello, io per il crack facevo quello. Anche per 5 euro».
La prima studentessa – anzi ex, «ho lasciato gli studi a causa della droga» - che due anni fa ha denunciato il giro di prostituzione e di spaccio nella casa del fumo a cento metri dalla Dora, parla per quattro minuti. E pronuncia 15 volte la parola “crack”. […]
TORINO PROSTITUZIONE E DROGA IN UN APPARTAMENTO
Lei è una testimone importante, ma per un po’ di volte, chiamata al processo, non si è presentata. La pm Chiara Maina, che l’ha sentita già in fase di indagine, le chiede cosa succedesse nell’alloggio di via Urbino 33. Era il 2022 e lei era nel tunnel del crack già dal 2017. Oggi non ne è uscita.
Parla lenta, affaticata. Premette: «Non mi piace prostituirmi. Non mi piace l’atto sessuale, ma quando fumo il crack ne voglio sempre di più. E se non ne ho, se non me lo danno subito, perdo l’embolo. Per questo lo faccio. A quelle feste ci sarei andata comunque, perché per il crack faccio qualsiasi cosa». Silenzio in aula.
[…] «Era Monique che mi invitava a feste dove mi offrivano da fumare e io andavo. Altre volte arrivavo io col mio cliente. Anche Monique partecipava ai festini, facendo uso di crack anche lui. Dei clienti, alcuni andavano con lui, o con me, altri fumavano e basta».
Dal suo racconto si riesce a immaginare la casa dell’orrore. Le palline nella carta stagnola, la puzza e le nuvole di fumo. Il via vai continuo di chi fa sesso per avere la droga. «I clienti chiamavano, venivano e avevano rapporti con tutti, Monique o anche io, o altre. Pagavano il crack e basta. Si mettevano lì e fumavano. Il crack purtroppo ti porta a volerne sempre di più».
[…]
L’ultima domanda riguarda il suo ex fidanzato, che era indagato. Stavate insieme? Le chiedono. Sorride: «Stare insieme col crack è già una cosa che fa ridere. Stai insieme a uno fino a quando finisce il pezzettino. Quando finisce, io non ti conosco e me ne vado da un’altra parte. Se potevo evitare di fare sesso con lui, e fumare soltanto, lo facevo. Se dovevo fare sesso lo facevo». Se ne va da sola, senza i carabinieri. Non c’è più bisogno di loro. Ha già detto cosa doveva dire. Cose che tutti hanno fatto fatica a sentire.