LA RESISTIBILE FUGA DELLA ‘GALLINA NERA’ – IL ROMANZO CRIMINALE DI CUTRÌ CATTURATO NEL COVO SENZA ACQUA, NÉ LUCE – LA MADRE: ‘ORA GLIELA FARANNO PAGARE’ – ALL’OLIMPICO STRISCIONE CHOC IN GLORIA DEL FRATELLO UCCISO

Paolo Berizzi per ‘La Repubblica'

Dormiva vestito "gallina nera", sui massetti di cemento. Per giaciglio un tappeto di cartoni intrisi di olio e sugo di pomodoro e i cuscini del divano; la Magnum 357 con i colpi in canna; sparse ovunque confezioni di pasta e scatolette di cibo e pagine della
Prealpina sulla sua non irresistibile fuga. Finita molto prima di quanto doveva durare.

Quando alle 2.35 di notte i Rambo del Gis piombano nel covo di Inveruno e lo abbagliano con le granate accecanti, Domenico Cutrì si era coricato da un paio d'ore. Con il suo ultimo complice e amico di infanzia, Luca Greco, uno che per coprirlo si era già beccato una condanna a tre anni, hanno chiuso il sesto giorno di latitanza scaldando ali di pollo in un fornelletto da campeggio, rollando una canna e ascoltando dalle brandine i rumori intorno. Cani braccati. Cani rabbiosi e disperati. C'erano dei cani, veri, e abbaiavano, anche a Cellio, nel vercellese, dentro e fuori il penultimo covo abbandonato in fretta e furia dalla banda martedì. Perché «Cutrì si era incazzato, e lì non si sentiva sicuro».

Ma questa volta i cani sono loro: Mimmo l'evaso in fuga, infine rintanato in un trilocale a due passi dalla casa di famiglia a Inveruno, e Luca che è uno dei sette del commando di Gallarate. Uno dei sette - otto con Carlotta Di Lauro, l'unica donna - che per amicizia, amore, paura, prestigio, accettano di entrare nel Romanzo criminale casereccio dei fratelli Cutrì. Mimmo e Nino. Nino che venerava Mimmo ed è morto per liberarlo nella sparatoria con le guardie carcerarie.

Dice l'investigatore: «Due criminali carismatici e violenti che si atteggiano a boss». E della banda: «Pensavano di diventare la Uno Bianca, ma senza essere poliziotti ». L'hanno pensato per sei giorni. Sei giorni durante i quali le speranze dell'ergastolano Domenico Cutrì detto "gallina nera" - lo chiamano così i suoi complici intercettati al telefono - si sfaldano come i pezzi del suo esercito un po' raffazzonato. Fino allo
show down di sabato notte.

Sono trascorse 130 ore dalla sanguinosa evasione di fronte al tribunale di Gallarate. Contate otto secondi. Tanto dura il blitz delle teste di cuoio del Gruppo Intervento Speciale dell'Arma. Otto secondi e Cutrì, che sta dormendo, forse lessato dalla marijuana, non ha nemmeno il tempo di muovere un muscolo: quando si accorge di cosa sta succedendo è già pancia a terra, i ferri ai polsi, ancora rintronato dalle flash bang dei commandos d'assalto. «Un'operazione chirurgica», dice il comandante del Ros di Milano, Giovanni Sozzo.

I carabinieri di Gallarate, Varese e Milano - coordinati dal pm di Busto Arsizio Raffaella Zappatini - individuano l'ultima tana di Cutrì tra giovedì e venerdì. Via Villoresi è il terzo covo utilizzato dalla banda dopo l'evasione. Il terzo in meno di una settimana. Ma è un "ripiego". Non era previsto che l'evaso finisse a Inveruno. L'appartamento - offerto dall'imprenditore Franco Cafà, amico di famiglia dei Cutrì, anche lui arrestato - è un fuoriprogramma imposto dagli eventi. Prima la morte di Nino, il capo del gruppo. Poi la "disfatta" di Cellio, il paesino sui monti in provincia di Vercelli. Doveva essere più di un rifugio.

Nei piani era una sorta di buen retiro della banda: un posto dove stabilirsi a lungo, da dove "ripartire" cambiando identità e iniziando una seconda vita criminale puntellata - è l'ipotesi degli investigatori - da rapine e colpi tra Lombardia e Piemonte. A dicembre 2013 Carlotta Di Lauro, fidanzata di Antonino "Nino" Cutrì, risponde a un annuncio di affitto utilizzando una falsa identità. «Vado a vivere in montagna - dice alla madre - ho trovato casa là, è un posto tranquillo, staremo bene (lei e il figlio di 5 anni,ndr.)».

La baita è lontana dal centro abitato. Perfetta per la sua reale funzione. È deciso: dopo l'assalto di Gallarate la banda Cutrì si sposta seguendo questo itinerario. Prima la
casa di corte di Gallarate (la base logistica della banda: da lì partono per l'assalto; lì nascondono armi, parrucche, maschere, palette e falsi tesserini di polizia e carabinieri).

Poi tutti a Cellio. A attrezzare la baita ci pensa lei, la Di Lauro. In questi mesi ha fatto la spola tra Cuggiono e Cellio con un furgone a noleggio. Porta mobili, vestiti, scorte di cibo, centinaia di videocassette e dvd tra cui "Gomorra" e "Duri a morire", una playstation; e poi borsoni con dentro documenti e carte giudiziarie riguardanti la famiglia Cutrì (oltre alla condanna all'ergastolo di Domenico per l'omicidio di Trecate, tutti a partire da Nino hanno una scia di precedenti).

È lunedì sera: Cutrì è evaso da poche ore. La banda arriva a Cellio. Carlotta Di Lauro sta aspettando e ha sentito alla radio che il fidanzato, Nino, è morto nel Far West di Gallarate. All'assalto avevano preso parte in sette: oltre a Nino, il fratellino Daniele Cutrì, Aristotele Buhne che scappa a Napoli, Luca Greco, Cristian Lianza, Danilo Grasso e Davide Cortellesi. Tutti arrestati.

Che succede tra lunedì e martedì a Cellio? Le cose per la banda si complicano.
Uno del gruppo ha un pitbull che abbaia: altri cani della zona lo seguono nei latrati. Nel gruppo sale la tensione. Chi decide è Mimmo Cutrì.

È ossessionato dalla sicurezza dei suoi covi fin dalla latitanza tra 2006 e 2009 (quando viene arrestato e condannato alla massima pena per avere fatto uccidere un giovane polacco colpevole di uno sguardo di troppo rivolto alla sua fidanzata). A casa dei genitori c'è uno scatolone pieno di telecamere. E quindi? Per Mimmo il covo di Cellio è "bruciato". «Andiamo via da qui, ripulite tutto», ordina ai suoi complici. È martedì. Cutrì e Luca Greco se ne vanno: direzione Inveruno.

Il repulisti è affidato a Lianza, Grasso e Cortesi. Ecco il primo di due errori grossolani. Trasportano una valigia con cibo, documenti e farmaci. Il manico si rompe. Mentre abbandonano la valigia, il vicesindaco del paese li nota, avverte i carabinieri e i tre vengono fermati. Due di loro "cantano". Ma la pozza intorno se la fa Cutrì.

Dal telefono del compare Luca Greco parte una telefonata a Franco Cafà, l'imprenditore che fornisce il covo di Inveruno (una casa in costruzione). È il secondo errore. I Ros sentono la voce di Cutrì. Il gioco è fatto: Cafà è pedinato, entra nella palazzina di via Villoresi. Quando gli investigatori hanno la certezza che Cutrì è nell'appartamento, scatta il blitz. L'evaso e il fratello Daniele adesso sono rinchiusi nel carcere di Opera. «Un figlio morto e due in carcere possono bastare », è l'appello lanciato ai familiari da Gianluigi Fontana, procuratore di Busto Arsizio. Nei giorni scorsi la mamma di "gallina nera" aveva affermato di essere contenta che il figlio fosse libero. Ieri si è sfogata con i parenti: «Povero Mimmo, era innocente, adesso gliela faranno pagare».

 

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