migranti - scontri sull isola di kos

KOS DA PAZZI - NELL’ISOLA GRECA DI KOS, DOVE HANNO TROVATO RIFUGIO 7 MILA MIGRANTI, LE PRATICHE DI RICONOSCIMENTO DELLA POLIZIA SOTTO IL SOLE COCENTE SONO DEGENERATE IN SCONTRI TRA AGENTI E RIFUGIATI - IL SINDACO: “SITUAZIONE INSOSTENIBILE, PRIMA O POI SI VERSA SANGUE…”

Isidoro Trovato per "Corriere della Sera"

 

MIGRANTI - SCONTRI SULL ISOLA DI KOSMIGRANTI - SCONTRI SULL ISOLA DI KOS

Non c'è aiuola della città di Kos, capoluogo dell' omonima isola, che non abbia una tenda. E nelle tende trovano rifugio i circa 7.000 migranti che da settimane si riversano qui nel Dodecaneso. Ieri le autorità hanno deciso di concentrare circa 1.500 migranti nello stadio cittadino per l' identificazione e il disbrigo pratiche.

 

Ma la situazione è presto sfuggita di mano allo sparuto gruppo di poliziotti che avrebbero dovuto gestire l' attesa. Gli immigrati, in gran parte siriani ed afghani, erano ammassati gli uni contro gli altri sotto il sole torrido in una lunga fila in cui c' erano anche tante donne con i figli piccoli in braccio. «Vogliamo i documenti, vogliamo mangiare!», scandiscono in inglese.

MIGRANTI - SCONTRI SULL ISOLA DI KOS MIGRANTI - SCONTRI SULL ISOLA DI KOS

 

In questi casi basta una scintilla: l' impazienza di qualche facinoroso, il nervosismo dei poliziotti, qualche donna che si è sentita male, la diversità di lingua. Alcuni migranti hanno cominciato ad inveire contro gli agenti, poi si sono fatti più minacciosi e sono volate le prime pietre.

 

I poliziotti hanno reagito prima con spintoni e poi con i manganelli. Alla fine, per non essere sopraffatti, hanno usato gli estintori che hanno fatto scattare il panico e un fuggi fuggi generale che ha coinvolto nella calca donne e bambini.

 

MIGRANTI - SCONTRI SULL ISOLA DI KOS  MIGRANTI - SCONTRI SULL ISOLA DI KOS

Del resto da settimane sull' isola si avverte un clima di tensione: nell' ultimo periodo i migranti passavano i giorni ammassati sul lungomare davanti al municipio in attesa di un visto per l' Europa continentale.

 

Anche il sindaco di Kos, Giorgos Kyritsis, che aveva più volte rivolto appelli al governo greco chiedendo assistenza immediata, afferma che «la situazione è insostenibile. C' è un reale pericolo di situazioni fuori controllo. Sarà versato del sangue».

 

Solo 4 chilometri di mare separano Kos dalle sponde turche di Bodrum (l' antica Alicarnasso), una vicinanza che incoraggia continui sbarchi di siriani in fuga dalla guerra e afghani che scappano da Isis e miseria.

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Il punto è che approdano in una terra già in ginocchio: a Kos ogni speranza greca di sopravvivenza è legata al turismo e la crisi economica lascia tutti i giorni nuove cicatrici. In giro per l' isola si vedono alberghi, ristoranti, supermercati e negozi chiusi ma ancora arredati (come se fossero stati abbandonati in tutta fretta).

 

Lo scenario surreale è simile a quello che lascia un terremoto: parte dell' isola vive per i turisti, un' altra sembra essere stata travolta da un' invisibile calamità che inaridisce e desertifica.

 

In mezzo a tutto ciò, ci sono le ondate dei migranti che creano emergenza continua. Lungo le strade sono proprio i turisti a portare abiti e viveri alle famiglie ammassate tra aiuole e panchine.

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I greci hanno paura, non ce l' hanno con i migranti ma sanno che se quest' estate gli incassi del turismo saranno bassi sarà difficile superare indenni un altro inverno, e la prossima estate le insegne spente saranno molte di più.

 

Intanto però nell' isola ogni giorno approdano circa 800 persone. L' Agenzia europea per il controllo delle frontiere Frontex ha reso noto che, solo a luglio, sono arrivati sulle rive delle spiagge greche circa 50.000 migranti, concentrati nelle isole di Kos, Lesbos, Chios e Samos con un aumento di circa il 750% rispetto allo stesso periodo dell' anno scorso.

 

Troppo, anche se pare che la polizia in assetto antisommossa sarà schierata a Kos e che squadre di agenti dalle isole vicine saranno inviate come rinforzo. La situazione resta esplosiva, i greci non possono che chiedere aiuto all' Europa. E stavolta non si tratta solo di soldi.

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