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SCOPRITE IL BRACCIO: ARRIVA LA TERZA DOSE PER TUTTI - DAL PRIMO DICEMBRE LA POPOLAZIONE DAI 40 AI 60 ANNI SARA' CHIAMATA A FARE IL RICHIAMO - MA NON TUTTI SONO D'ACCORDO: PER L'INFETTIVOLOGO MATTEO BASSETTI E' UNA "FUGA IN AVANTI, E' TROPPO PRESTO" - MA A SPINGERE PER L'ACCELERAZIONE E' ANCHE LA CRESCITA DEI CONTAGI...

Valentina Santarpia per il "Corriere della Sera"

 

vaccino

L'annuncio era nell'aria da giorni, ma il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha atteso di essere di fronte al Parlamento per farlo: «Dal primo dicembre nel nostro Paese saranno chiamati per la terza dose anche chi ha tra i 40 e i 60 anni», ha detto ieri al question time alla Camera, confermando quindi «un ulteriore passo in avanti nella campagna vaccinale».

 

La decisione arriva da una valutazione precisa: «Riteniamo che la terza dose sia un tassello importante per la nostra strategia contro il Covid», ha spiegato Speranza. «Siamo all'83,7% di persone che hanno completato il ciclo vaccinale - ha proseguito -. Il richiamo a oggi è stato offerto a 2,4 milioni. Abbiamo iniziato da immunocompromessi, fragili, sanitari, over 60 e quelli che hanno avuto J&J che possono avere booster dopo sei mesi».

 

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E adesso toccherà anche ai 40-60enni: il richiamo andrà effettuato a sei mesi dalla conclusione del ciclo vaccinale primario con due dosi e si utilizzerà un vaccino a mRna. Ma di quanti soggetti parliamo? La platea dei 40-60enni è di 18 milioni e 437.505 persone, ma in realtà la seconda dose-dose unica è stata somministrata a poco più di 15 milioni e 200 mila cittadini, e saranno proprio questi ad essere interessati dal «booster». Nella fascia tra i 40 e i 49 anni infatti si è vaccinato l'80%, meno che tra i 50-59enni (84,6%) e meno della media nazionale.

 

LA TERZA DOSE DEL VACCINO ANTI-COVID

Dubbioso sulla decisione Matteo Bassetti, primario del reparto di malattie infettive dell'ospedale di Genova: «Fuga in avanti, è troppo presto». Ma a spingere verso l'accelerazione sono anche i dati dei contagi che crescono, in Italia più lentamente che in alcuni Paesi europei, ma comunque crescono.

 

Sono 7.891 i nuovi casi di Covid-19 registrati in Italia nelle ultime 24 ore, in aumento rispetto ai 6.032 del giorno prima, e il tasso di positività raddoppia quasi: è all'1,6%, rispetto allo 0,9% di martedì, anche se bisogna tenere conto che i tamponi sono stati 487.618, 158.589 in meno rispetto al giorno prima. Ieri ci sono state sessanta vittime.

 

Vaccini

Rispetto all'«ampliamento drammatico della pandemia» della Germania, denunciato ieri dal portavoce della cancelliera Angela Merkel, l'Italia sta arginando i contagi: e infatti dopo i 40mila positivi registrati ieri, Berlino cita proprio il nostro Paese come esempio virtuoso. «La quota dei vaccinati in Germania non è sufficiente a contrastare l'impeto del contagio del Covid - spiega il portavoce Steffen Seibert -. Se avessimo un 10-15% di vaccinati in più avremmo un'incidenza del virus inferiore» e i dati di Spagna, Portogallo e Italia «lo dimostrano».

 

vaccino

Quello che sta accadendo appena oltre il nostro confine dà un'idea chiara dei rischi che si corrono: «Si sta innalzando una quarta ondata, in maniera spaventosamente rapida», dice un portavoce del ministero della Sanità tedesco, aggiungendo che se l'attuale dinamica non sarà spezzata «rischiamo di assistere entro due settimane a un raddoppio dei nuovi contagi».

 

Tant'è vero che gli esperti tedeschi dell'Accademia nazionale leopoldina suggeriscono di estendere l'obbligo di vaccino a sanitari e docenti. Ma il confronto è reciproco. Intravedendo il rischio di un peggioramento del quadro, il governo Draghi spinge su più fronti: Speranza ha proposto, nel corso della cabina di regia a Palazzo Chigi, di estendere l'obbligo vaccinale per i sanitari anche per la terza dose.

 

matteo bassetti

Per ora è stata avviata soltanto la discussione, ma non sarebbero state mosse obiezioni alla proposta. E l'Ordine dei medici già approva: «Va fatta, tutti gli operatori sono pronti». Un'altra ipotesi su cui si sta lavorando è la modifica del green pass per i guariti, che attualmente dura 6 mesi invece dei 12 dei vaccinati.

 

«Le evidenze disponibili suggeriscono che il rischio di reinfezione può essere considerato basso se la successiva esposizione a varianti simili di Sars-CoV-2 si verifica entro 3-6 mesi dalla diagnosi iniziale», spiega il ministro. Ma la cautela in questa fase è d'obbligo.

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