stanley kubrick fear and desire

KUBRICK PRIMA DI KUBRICK – LA STRANA STORIA DEL REGISTA ALLA MOSTRA DI VENEZIA SI ARRICCHISCE DI UN NUOVO CAPITOLO: IL FILM “SHAPE OF FEAR” ANDÒ AL LIDO NEL 1952, MA NON NELLA SEZIONE PRINCIPALE – UNA SCELTA CHE MANDÒ IN AGITAZIONE L’ALLORA 23ENNE KUBRICK CHE SCRISSE DUE LETTERE, RITROVATE ADESSO NELL’ARCHIVIO STORICO DELLA BIENNALE, IN CUI CHIEDEVA AL DIRETTORE DELLA MOSTRA IL PERCHÉ DELL’ESCLUSIONE… - VIDEO

 

Fulvia Caprara per “la Stampa”

 

stanley kubrick 2

La strana storia di Stanley Kubrick alla Mostra di Venezia acquista un nuovo capitolo, grazie al ritrovamento di un carteggio conservato nell'Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale. Al centro del ritrovamento l'esordio del regista geniale, titolo Shape of Fear (poi divenuto Fear and Desire), selezionato per partecipare alla rassegna fuori concorso, con una proiezione fissata alle 10 del mattino, nel Palazzo del Cinema al Lido, nella sezione «Festival del film scientifico e del documentario d'arte».

fear and desider di stanley kubrick 9

 

La parte più interessante della vicenda riguarda l'immagine di un Kubrick 23enne, già fotografo affermato, ma anche regista in ansia per la valorizzazione della sua opera, preoccupato della giusta collocazione, alle prese con il distributore newyorkese Joseph Burstyn, all'epoca impegnato nella missione di scovare cinema di qualità europeo per poi lanciarlo negli Stati Uniti, e con l'allora direttore della Mostra Antonio Petrucci cui il regista scrisse ben due lettere chiedendo informazioni e dando spiegazioni sul film.

 

stanley kubrick 3

Insomma, anche Kubrick non è sempre stato Kubrick, anche lui ha dovuto misurarsi con la trepidazione legata ai giudizi dei critici e alla forma definitiva della pellicola: «Caro signor Petrucci - scrive l'autore il 26 agosto del 1952 - sarei molto felice di sapere quale è stata la reazione al mio film Shape of fear. Il fatto di cui mi ha informato, ovvero che "caratteristiche e lunghezza" del film hanno impedito di farlo inserire nella sezione principale, mi hanno lasciato molto in dubbio su cosa esattamente lei abbia in mente. E poiché non ho più sentito nulla di quell'"invito speciale in concorso" di cui lei aveva parlato quando accettò il film, può ben capire lo stato di confusione in cui ora io mi trovo».

 

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Guidato dal fiuto necessario a scoprire il talento eccezionale di Stanley Kubrick in erba, il distributore Burstyn presentava al direttore Petrucci «un giovane» che, a suo parere, aveva realizzato «uno dei più bei film che ho visto negli ultimi anni, un film che potrebbe suscitare grandi discussioni e potrebbe essere la grande sorpresa del tuo festival». Petrucci non si convinse del tutto e comunicò con un telegramma la sua decisione di proiettare il film in una data antecedente al periodo di svolgimento della manifestazione, una specie di pre-apertura, come si direbbe oggi, che poi fu il motivo per cui di Shape of fear non c'è traccia nei cataloghi che, fin da allora, riportavano fedelmente l'elenco delle opere ammesse alla passerella principale.

 

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Eppure la storia contiene tutti i segnali premonitori dell'ispirazione dell'autore, temi poi sviluppati in Orizzonti di gloria e in Full metal jacket che, in quel caso, erano trattati in forma di «apologo sull'insensatezza della guerra, una guerra astratta, immaginaria, tra due nazioni volutamente non identificate». Protagonisti della vicenda quattro militari sopravvissuti all'abbattimento del loro aereo, finiti in territorio nemico, sopraffatti dal panico e per questo spinti a compiere gesti di violenza come la cattura di una ragazza incontrata per strada. Gli scenari appaiono quanto mai attuali e negli interpreti, Steve Coit, Frank Silvera, Virginia Leith e il futuro regista Paul Mazursky, si possono facilmente immaginare attori dei nostri tempi.

 

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Kubrick non fu mai del tutto contento della sua opera prima scritta dal Premio Pulitzer Howard Sackler, arrivata in Italia solo nell'89, grazie al programma Fuori orario in onda su Rai 3: «Il mio film Paura e desiderio - ha raccontato Kubrick nel'70, in un'intervista a Joseph Gelmis pubblicata nel libro Non ho risposte semplici. Il genio del cinema si racconta (minimum Fax) - fu finanziato soprattutto dai miei amici e parenti che, ovviamente, ho ripagato in seguito...». La pellicola, svela ancora Kubrick, «fu girata sui monti di San Gabriel, fuori da Los Angeles, io facevo da operatore, da regista e quasi tutto il resto, la nostra troupe consisteva in tre operai messicani che trasportavano le attrezzature... il film fu proiettato nel circuito d'essai e alcune delle recensioni furono incredibilmente buone, ma non è un film che ricordo con orgoglio, se non per il fatto di averlo completato».

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La ricostruzione del percorso, frutto delle ricerche collegate alla pubblicazione del nuovo libro di Gian Piero Brunetta La Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia (la presentazione del volume, frutto della collaborazione tra la Biennale e Marsilio editore, è fissata per il 9 luglio a Venezia, in occasione della giornata dedicata ai 90 anni della rassegna) completa la parabola originale delle presenze-non presenze di Kubrick in laguna. Pur preferendo il Lido alla Croisette, Kubrick non ci mise piede né in occasione di quel lontano debutto né 45 anni dopo, quando gli era stato assegnato il Leone d'oro alla carriera - e lui spiegò di essere troppo occupato nelle riprese di "Eyes wide shut" - né nel 1999, per l'anteprima roboante di quell'ultimo gioiello, protagonisti Tom Cruise e Nicole Kidman. Sono passati tanti anni, la leggenda continua.

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