ALMENO UN GRAN FILM LO ABBIAMO VISTO IN QUESTA CANNES FREDDA E PIOVOSA E FINORA UN PO' DELUDENTE. PERCHE' "INSIDE LLEWYN DAVIS" DEI FRATELLI COEN, COPROTAGONISTA UN GATTO ROSSO, E' UNO DI QUEI FILM CHE VORREMMO NON VEDER MAI FINIRE

Marco Giusti per Dagospia

Cannes. Quinto giorno. Almeno un gran film lo abbiamo visto in questa Cannes fredda e piovosa e finora un po' deludente. Perche' "Inside Llewyn Davis" dei fratelli Coen e' molto più bello di quanto ci si potesse aspettare.

Non solo un omaggio alla New York del Village del 1961 e alla scena folk del tempo, e non solo una sorta di ritratto di uno dei suoi protagonisti, il cantante folk-blues Dave Van Ronk, scomparso pochi anni fa dopo averci lasciato incompiuto il suo libro di memorie, "The Mayor of MacDougal Street" (2005), dal quale gran parte del film e' ispirato.

Ma e' tutto questo riletto pero' alla luce della grande favola ebraica sul fato che era "A Serious Man" e della circolarita' omerica del loro Ulisse sulla via del ritorno di "O Brother, Where Art Thou?". E non a caso il gatto rosso coprotagonista si chiama Ulisse, e anche lui trovera' la strada di casa.

Strada che ha perso quando Llewyn ha aperto la porta della casa dei Gorfein, suoi amici intellettuali e benestanti del West Side, e in due si sono ritrovati in mezzo a una strada. Grande trovata di sceneggiatura e forse piccolo omaggio al gatto di "Colazione da Tiffany", uscito guarda caso proprio nel 1961.

Ma gia' quando, nella prima scena del film, sentiamo Oscar Isaac cantare "Hang Me Hang Me", pezzo forte di Dave Van Ronk, illuminato dalla luce di Bruno Delbonnel ("Faust", "Dark Shadows") al Gaslight Cafe' del Village, abbiamo gia' capito che questo Llewyn Davis ci ha conquistato e percepiamo che e' uno di quei film che vorremmo non veder mai finire.

Anche se non c'e' una vera storia da seguire, perche' in tutto il film siamo impegnati solo a accompagnare Llewyn e Ulisse in giro per la meravigliosa New York del tempo, in incontri d'amore e di lavoro spesso assurdi e sempre poco concludenti. Ma tutti teneri, ironici, affettuosi.

C'e' Jean, Carey Mulligan in versione mora, incazzata perche' Llewyn l'ha messa incinta, e lei vive con Jim, Justin Timberlake, col quale forma una coppia folk di successo, Jim e Jean, appunto.

C'e' un buffo cantante soldato, Troy, dal sicuro avvenire, un cantante cowboy, Al, Adam Driver, che nasconde ben altra identita' e che lo ospitera' sul divano. C'e' il vecchio manager di Llewyn, Mel, e gli ha pubblicato due dischi invenduti ed e' pronto a regalargli il cappotto.

L'arrapato gestore del Gaslight, che si chiama Poppy Corsicato, proprio in onore del regista napoletano, che spiega il successo di Jim e Jean perchè meta' del pubblico si vuole scopare Jean e l'altra meta' Jim.

E la buffa coppia formata dallo sprezzante John Goodman e dal suo autista Garrett Hedlund, che recita poesie del tempo, che lo porteranno a Chicago, dove Llewyn si esibira' di fronte al potente discografico Bud Grossman, cioe' F. Murray Abrahams, che gli dira' che non fara' mai fortuna.

E c'e' l'ombra di un partner suicida, col quale cantava "If I Had Wings Like Noah's Dove", la canzone preferita di Carl Sandburg. E ci sono le canzoni che Llewyn si porta dietro, fondamentali per il vero Van Ronk e per la storia che seguiamo, in quanto parte del racconto e mai sottofondo.

Cosi' sentiamo "Green Rocky Road", "The Shoals of Herrings" di Ewan MacCall che Llewyn canta al vecchio padre. Ma più della ricostruzione della scena musicale del tempo, che e' perfetta, con tanto di riferimenti ai Clancy Brothers, a Tom Paxton, a Peter La Farge, a Paul Clayton, il film e' costruito su due elementi fondamentali.

L'innocenza del tempo e di tutti questi personaggi, perfettamente coscienti del loro valore, e in qualche modo tutti racchiusi nel personaggio di Llewyn, che crede sempre a quello che fa, e la linea del fato che lo portera' a aprire porte e a scoprire cose inaspettate che si collegheranno secondo un disegno cabalistico.

Un figlio perso e uno ritrovato. Un gatto scomparso e poi riapparso dal nulla. Ma e' proprio lui? Intanto sul palco del Gaslight Cafe', dopo di lui, si esibisce il cantante che fara' la carriera che Llewyn non fara' mai, Bob Dylan, nella vita un fratello minore per Van Ronk, che canta "Farewell".

Mentre Dylan diventera' una star Llewyn si prendera' un pugno in un vicolo. Del resto nei primi anni ‘70, quando suo fan assoluto, lo intervistai per "Il Manifesto" a Rapallo, non saremmo stati in più di trenta a ascoltare Dave Van Ronk, che mi parlo' a lungo di quel periodo, di Dylan e di come era morto Peter La Farge.

Ma era come se in quegli anni fosse accaduto qualcosa che avrebbe per sempre cambiato la loro vita, ma che la avesse per sempre fissata lì, in quel periodo irripetibile. Di tutto questo e di molto altro ci parla con grande liberta' e candore "Inside Llewyn Davis", finora il miglior film visto a Cannes.

 

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