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BOSSO DURO - DIMENTICATE GLI STRIMPELLATORI ALLA ALLEVI, EZIO BOSSO E' UN PIANISTA CHE TI RAPISCE E CHE NON SI FA FERMARE DALLA MALATTIA (E' DISABILE): DOPO 15 ANNI DI COLONNE SONORE, ESCE IL PRIMO MERAVIGLIOSO ALBUM (VIDEO)

EZIO BOSSO LIVE-VIDEO

Nadia Ferrigo per “la Stampa”

 

Per farsi cullare, rapire o ammaliare dalla sua musica basta salire al piano nobile di Palazzo Barolo a Torino.
 

Da mattino a sera Ezio Bosso studia e prova al pianoforte in una delle sale più belle dell' antica dimora che ospitò Silvio Pellico, sospeso tra la bellezza degli stucchi e lo stupore dei visitatori del palazzo.
 

Il suo album, incredibilmente il primo in 15 anni di colonne sonore, composizioni e collaborazioni, si intitola The 12th Room ed è composto da un disco di 12 brani e un secondo con una sonata che pur essendo divisa in tre movimenti non si interrompe mai.
 

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Altro che sala prove, sembra di stare dentro a una fiaba...
«Tre anni fa ho donato il mio pianoforte alla Fondazione Opera Barolo, così quando non sono a Londra mi trasferisco a vivere nel palazzo: resto a studiare e provare ogni giorno almeno otto ore. Suono finché reggo, a volte anche oltre».
 

A Torino ha suonato al Conservatorio, poi sarà a Londra, alla Union Chapel e il giorno di Natale a Betlemme. A gennaio a Casale Monferrato (il 16), a Longiano (22) e il 27 febbraio a Collegno.
«Ho scritto The 12th Room chiuso in una stanza, un luogo che diamo per scontato ma che abbiamo inventato noi: senza, non sappiamo più stare. Una tradizione antica narra la storia delle dodici stanze, da lì viene il nome dell' album: dodici che ricorderemo, dodici in cui verremmo ricordati. Solo nell' ultima riusciamo a vedere la prima, e siamo pronti per ricominciare. Come ogni mia ricerca, si è tradotta da sé in musica».
 

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Come solista e come direttore si è esibito nelle più importanti stagioni concertistiche internazionali: nella sua biografia ci sono anche le colonne sonore, tra cui «Io non ho paura» di Salvatores.
«Non amo essere etichettato come un compositore di colonne sonore, perché non lo sono: ne ho scritte sei, alla mia età Morricone ne aveva composte centinaia. Se me lo chiedono è colpa di voi giornalisti, che avete sempre bisogno di etichette. Quando viene fuori il classico "Com' è lavorare con Salvatores?", rispondo: perché non domandate mai a lui com' è lavorare con me?».

Ogni stanza ha la sua lettura, la sua vibrazione?
«La musica cambia se cambia la luce, l' aria. Non può che essere un' esperienza empatica, perché esiste solo nel momento in cui si è in due. Ognuno di noi può riconoscere la sua melodia, io cerco di dare alle persone gli stimoli per cercare il loro racconto, condividere la singolarità di ognuno, pensando a persone, non a un pubblico. Mi considero un tramite: non posso mai sapere come la mia musica sarà interpretata».

Dopo aver subito un intervento al cervello, deve fare i conti con una malattia autoimmune e degenerativa. Cambia il rapporto con il suo corpo, cambia anche quello con la musica?
«Ogni giorno ho bisogno di imparare a riconoscere il mio corpo, capire come assecondarlo. Ogni tanto scherzo dicendo che mi sono evoluto e mi sono spuntate le ruote: mi devo sempre assestare. Per esempio, per suonare il piano ho bisogno di uno sgabello molto alto, non ne esistono di così.

EZIO BOSSOEZIO BOSSO

 

I miei tasti sono più leggeri del normale, circa la metà. Sto lavorando a strumenti musicali che si possano adattare alla disabilità, perché nessuno debba rinunciare alla gioia della musica.
 

Abbiamo bisogno di mostrare la nostra fragilità: la malattia e la musica mi hanno insegnato che non c' è nessuno che deve vincere, che si deve mostrare più forte».

L' album è stato registrato con il pubblico, qual è il motivo della sua scelta?
«Nel disco suono la musica che amo e con cui sono cresciuto: la registrazione è la fotografia di un momento. Qualche tempo fa scrissi su Facebook un messaggio in codice per la donna che amo, sul mio desiderio di incontrarla presto, in tanti l' hanno inteso come un invito per seguire la registrazione in teatro.
 

Così è nata l' idea. Abbiamo registrato al Teatro Sociale di Gualtieri, in Emilia, un luogo con una storia bellissima a cui sono molto legato. Abbiamo pensato di aprire le porte delle registrazioni e allo stesso tempo raccogliere i fondi per sostenere la ristrutturazione del teatro: dai 10 ai 30 euro, offerta libera.

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Oltre ai 30 offrivo una birra con me, oltre ai 50 era compresa anche una cena. Amo coinvolgere le persone, anche durante le prove. Nell' album c' è anche il loro respiro. Si sente, ed è importantissimo».

 

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