C’E’ POSTA PER TE. ANZI NO - GOOGLE IN SOCCORSO DEGLI INTERNAUTI PIU’ IMPULSIVI OFFRE 30 SECONDI PER ANNULLARE L’INVIO DI UNA MAIL DOPO AVER PREMUTO IL FATIDICO TASTO. COSÌ MESSAGGI FRETTOLOSI E SBAGLIATI NON LASCERANNO TRACCIA

Stefano Bartezzaghi per “la Repubblica”

 

GOOGLE GMAILGOOGLE GMAIL

Conta fino a dieci, prima di inviare. Questo è uno dei comandamenti che la prudenza dovrebbe impartire a chi comunica via email, per lavoro o altro, cioè a chiunque. Succede però che siamo iracondi, superbi, frettolosi (cioè avari del nostro tempo), lussuriosi, negligenti: la prudenza non è sempre alla portata dei nostri stati nervosi e quindi ci dimentichiamo dei suoi precetti. A lenimento di tali vizi ora potremo contare, e fino a trenta, anche dopo avere inviato.

 

Il servizio Gmail di Google sta infatti per offrire ai suoi numerosissimi utenti un comando con cui, dopo aver schiacciato il tasto fatale e per mezzo minuto, potremo annullare l’invio di una email.

 

L’uso che faremo di questo comando sarà un interessante indicatore a proposito di due sindromi che sino a qui hanno movimentato i nostri rapporti professionali e personali.

La prima, e meno importante, è la maldestrezza con cui ci serviamo dei nostri dispositivi. Specialmente da quando esistono i comandi touch, le dita vorrebbero spostare e invece cliccano, in modo da far partire i nostri messaggi prima che li abbiamo terminati o corretti.

 

Si fa una figuraccia, ma normalmente tutto finisce con una email più accurata e sentite scuse. Ben più grave è invece l’invio di email gravi scritte in stato di alterazione, specie nell’ira. A volte è proprio premere il tasto dell’invio che ci calma, e ci fa venire il sospetto di avere esagerato.

 

GMAIL GOOGLE 4GMAIL GOOGLE 4

Non sempre il nostro ravvedimento, per quanto operoso, verrà accolto con la pur relativa indulgenza della giustizia e della fiscalità italiane: gli interlocutori sanno essere ancor meno flessibili, specie dopo aver subìto invettive, meritate o no che siano.

 

Dovendo scrivere un’email grave, è saggio non riempire il campo dell’indirizzo, o svuotarlo se stiamo rispondendo a un’email precedente. Questo per scongiurare l’invio maldestro (la sindrome 1 descritta sopra), reso ancora più probabile dal nostro indignato pestare convulso sulla tastiera. In quanto alla sindrome 2, ciò che a volte ci sfugge è che tutto il campo che va dall’email all’instant messaging rende paradossale il vecchio detto latino “verba volant, scripta manent”.

 

Queste forme di comunicazione hanno infatti tutta l’immediatezza delle conversazioni orali (oltretutto arrivano oramai a essere davvero “in tempo reale”) e ci invitano all’informalità che a queste si addice. Tuttavia restano scritte: il tono delle nostre urla svanisce nell’aria, la minaccia dei caratteri in maiuscolo resta sulla carta sia pure virtuale su cui l’abbiamo impressa.

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Gli insulti vocali che si susseguono si cancellano l’un l’altro, quelli scritti formano un paragrafo che i nostri vecchi educatori disapproverebbero con severità. Lo sfondone grammaticale passa quasi liscio nel parlato, nello scritto salta all’occhio del lettore. Quindi scriviamo come se parlassimo, tuttavia scriviamo.

 

I nostri scripta prima volant (dalle nostre dita), ma poi manent (sul monitor del nostro interlocutore): il tempo di dimezzamento del loro potenziale tossico è molto superiore a quello di uno sfogo verbale a distanza, cioè di una telefonataccia.

 

Certo è curioso che da un universo tecnologico che ha finora sollecitato al massimo la nostra impulsività ora appaiano dispositivi di contenimento. Forse è un antico riflesso di prudenza, appunto: il giorno dopo aver inventato l’acceleratore, qualcuno ha inventato il freno; il weekend successivo alla settimana in cui è stata creata l’automobile, qualcuno ha pensato al guard-rail. Mettendola così, il comando “annulla invio” è arrivato sin troppo tardi.

GMAIL RITIRO MAILGMAIL RITIRO MAIL

 

Si può pensare che ciò sia successo quando è caduta l’illusione che al controllo di impulsi e istinti potessimo pervenire da soli. Il comando e i trenta secondi concessi al nostro ripensamento in extremis sono alla fine un altro modo di manifestarsi della nostra comune speranza: quella di avere una chance in più.

 

Proroghe, deroghe, riapertura dei termini, chiusure di occhi singoli, condoni e, infine, invii annullati: non solo scrivo una lettera che forse non dovrei scrivere, ma la invio anche. Datemi però trenta secondi per ripescarla dalla cassetta in cui l’ho gettata. Forse non era il caso, forse ci ripenso.

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