LA CUPOLA RISCALDATA - SI GIRA LA SECONDA STAGIONE DI “UNDER THE DOME”, TRATTA DAL RACCONTO DI STEPHEN KING: “ERO INVIDIOSO DI ‘WALKING DEAD’, VOLEVO ANCHE IO ANDARE AVANTI PER TANTE STAGIONI”

Silvia Bizio per ‘La Repubblica'

Si gira la seconda stagione della serie fantascientifica Under the dome, tratta dal romanzo di Stephen King The dome, uscito nel 2009, ed è lo stesso scrittore, autore dell'episodio pilota della prima stagione, a mettere la firma sui primi due episodi della seconda. Sviluppata da Brian K. Vaughan (fumettista e sceneggiatore, produttore di alcune stagioni di Lost), Under the dome è andata in onda nel giugno scorso in America, e in Italia su RaiDue a luglio.

La serie racconta la vita degli abitanti di una piccola città del Maine che, improvvisamente e inspiegabilmente, si trovano intrappolati sotto una misteriosa cupola trasparente e indistruttibile, che ricopre completamente la città. Senza Internet, cellulari e telecomunicazioni di alcun tipo, gli abitanti se la devono vedere con un crescendo di tensione, tra politici inetti, risorse in esaurimento, e problemi di sicurezza. Abbiamo intervistato il popolarissimo Stephen King via Skype proprio mentre si trova in Sud Carolina per le riprese di Under the dome.

Mr. King, aveva già in testa l'intera storia di questa serie?
«Rispetto al romanzo originale ci sono differenze, ma le ho approvate tutte, erano necessarie per rendere questo uno show adatto alla televisione. Alcuni personaggi fanno lavori diversi, e i tempi delle azioni sono più lunghi rispetto a quelli del libro. Tuttavia la sostanza resta la stessa, e con mia grande soddisfazione in questi nuovi episodi iniziamo a far luce sui problemi che si stanno sviluppando nella città, dalla sovrappopolazione, all'esaurimento delle riserve di cibo, all'inquinamento.

Sono felice, perché invidiavo le serie come Trono di spade e Walking Dead che vanno avanti per tante stagioni e si evolvono insieme agli spettatori. E' una bella sfida, la seconda stagione di qualsiasi serie è sempre ostica, non hai mai la certezza che il pubblico ritorni, ma senza sfide non so vivere».

Che differenze ci sono tra scrivere un romanzo e sceneggiare una serie tv?
«A dire il vero il processo di scrittura in sé è molto simile. Inizi a visualizzare i personaggi ed entri nel loro mondo. Anzi, quando scrivo una sceneggiatura è ancora più duro per me alzarmi dalla scrivania e ritornare alla realtà, perché entro nel vivo dell'azione. Diventa un mondo parallelo, vedo con l'occhio della telecamera».

Lei ama scrivere di incubi, conflitti, poteri soprannaturali, ma nella vita reale, di cosa ha paura?
«Non sono un tipo pauroso, penso di aver passato tutte le mie paure nei libri che ho scritto. Spesso mi chiedono se nella mia infanzia ho vissuto delle esperienze molto negative che mi hanno fatto crescere così, ma a dire il vero, no. Ho sempre avuto una grande immaginazione, e per me scrivere è una psicoanalisi all'inverso. Se uno ha delle paure va da uno psicoanalista e paga 120 dollari l'ora per superarle; io invece le metto su carta e vengo anche pagato per questo.

E poi mi piace spaventare la gente! Credo che l'unico evento traumatico che mi ha davvero spaventato è stato nel 1999 quando venni investito da un'automobile. Ho rischiato di morire, e peggio ancora di diventare un vegetale. Sono stati anni in cui erano il dolore e la depressione ad avere il sopravvento nelle mie giornate, avevo deciso di smettere di scrivere. Per fortuna mi sono ripreso, i dolori si sono attenuati, le idee hanno ricominciato a circolare nella mia testa, ed eccomi qui oggi».

Che rapporto ha con il cinema e il mondo di oggi?
«Cerco di non perdere mai il contatto con il mondo vero, con la cultura popolare, con i giovani, con il cinema e la televisione. Vedo molti film. Non ricordo un film che abbia davvero odiato... Ad essere sincero uno sì, Transformers, sono uscito dalla sala dopo 20 minuti per quanto era brutto e rumoroso. Ma cerco di essere aperto a tutti i generi. Quest'anno ho davvero apprezzato Blue Jasmine e American Hustle ».

Come gestisce le idee e il lavoro quotidiano?
«C'era un tempo in cui avevo la testa talmente piena di idee che mi sentivo scoppiare. Quasi odiavo scrivere un romanzo perché avrei voluto scriverne altri mille in contemporanea. Scrivere un romanzo è come essere sposato, devi essere fedele al tuo libro come a tua moglie.

Se camminando per strada vedi una bella ragazza te la devi dimenticare, così se ti viene in mente una nuova idea devi riporla temporaneamente e concentrarti su quello che stai facendo. Tanto, se sono idee buone, si può star sicuri che resteranno vive nella testa. Oggi, a 66 anni, ho sempre tante idee, ma è diverso rispetto al vulcano che ero a 40 anni. I miei due figli, entrambi scrittori, sono sempre pieni di idee, ricordano me quando ero giovane, pieno d'entusiasmo».

 

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