DOVE STA ANDANDO L’INDUSTRIA EDITORIALE? ALLA LETTERA DI PAOLO DI PAOLO A DAGOSPIA, RISPONDE FULVIO ABBATE: “DEL DESTINO DELL’EDITORIA POCO MI IMPORTA, FACCIO MOLTO PIÙ CASO ALLA TIMIDEZZA INTERESSATA DI MOLTI SUOI ESPONENTI, ASSERRAGLIATI A PROTEGGERE UN CLAN CHE HA COME OBIETTIVO LA DIFESA DELLE PROPRIE RENDITE DI POSIZIONE, CIOÈ IL CONTROLLO DELLE ISTITUZIONI DOVE SI PRESUME ABBIA LUOGO LA PRODUZIONE DELL’ATTIVITÀ LETTERARIA E DELLE SUE “VETRINE”. SONO TRASCORSE SETTIMANE DALLA FINE DI "PIÙ LIBRI PIÙ LIBERI", SEGNATA DAL CASO CAFFO, E NESSUNA RISPOSTA È GIUNTA DALLA TITOLARE, CHIARA VALERIO. CIÒ AVVIENE NELLA CONVINZIONE CHE IL SILENZIO PORTI A DIMENTICARE L'ACCADUTO, E TUTTO POSSA CONTINUARE INDISTURBATO PER IL CLAN EDITORIAL-LETTERARIO TUTTO”
FULVIO ABBATE FRONTE DEGLI INGESTIBILI
Lettera di Fulvio Abbate a Dagospia
Caro Roberto, approfitto del tuo indispensabile portale per rispondere a Paolo Di Paolo, scrittore, che ha la gentilezza di chiamarmi in causa a proposito dello stato di salute di ciò che in modo immaginifico è detta “società letteraria”, soprattutto dopo i fatti della fiera romana della piccola e media editoria di un mese fa, il caso Caffo e, su tutto, il silenzio protervo della sua intestataria, Chiara Valerio.
La domanda che Di Paolo pone è semplice: dove sta andando l’industria editoriale? Permettimi di aggiungere che del suo destino poco mi importa, faccio molto più caso alla timidezza interessata di molti suoi esponenti, lì asserragliati a proteggere un clan che ha come obiettivo, presuntamente etico, la difesa delle proprie rendite di posizione, cioè il controllo delle istituzioni dove si presume abbia luogo la produzione (e relativo scambio) dell’attività letteraria stessa e delle sue “vetrine”. Aggiungo: sotto la signoria di ciò che ho definito amichettismo. Il fatto che tutto questo mostri un intento “di sinistra” rende l’insieme ancora più desolante, anzi, risibile.
Le domande, le attese, sono semplici: mi aspetterei che Di Paolo si associasse alla richiesta di dimissioni di Chiara Valerio da PLPL, invece devo notare che il silenzio di quest’ultima viene persistentemente coperto e assecondato, confermando una strategia di continuità nel controllo del territorio di cui stiamo trattando. La sensazione è dunque che a Di Paolo sia stato implicitamente richiesto di fare da mediatore, meglio, da “ambasciatore”, così da salvare il salvabile, di fronte all’irricevibilità della situazione data.
Ripeto: sono trascorse settimane dalla fine di "Più libri più liberi", e tuttavia nessuna risposta dirimente nel frattempo è giunta dalla titolare, Chiara Valerio, e dal resto della sua edificante comitiva, sui nodi che l'evento, al di là del caso del filosofo catanese Leonardo Caffo, ha posto all'attenzione.
Ciò avviene nella convinzione che il silenzio porti a dimenticare l'accaduto, e tutto possa continuare indisturbato per il clan editorial-letterario tutto. Magari con l'intento di una possibile trattativa con i nuovi arrivati del governo Meloni, circostanza, quest'ultima, per nulla difficile da immaginare, poiché a Roma il tentativo di tenere segreti i magheggi è, se non impossibile, comunque inutile, nulla si riesce a nascondere, soprattutto se esiste sempre chi giunge a riferire ogni dettaglio.
“Se viviamo, è per camminare sulla testa dei Re” (William Shakespeare, “Enrico IV”) non certo per aspirare d’essere accolti a “Fahrenheit” su Radiotre, sulle colonne di “Repubblica”, alla Scuola Holden o magari ottenere un podcast. La crepa è ormai aperta, il vaso di Pandora dell’amichettismo mostra i suoi cocci sul pavimento.
Onore al barone Ottavio Cappellani che ha mostrato il fiero coraggio del riso demolitore davanti all’interessata miseria culturale altrui. Vi risparmio le parole di ripensamento ricevuti da un'ex "figlia d'anima" della badessa Michela Murgia, da molti evocata come santo bene perduto, sia lei, se ne ha voglia, che racconti in prima persona del "sistema" di cui stiamo trattando. Davvero basterà accusare ancora l’altro di “invidia” et “rosicamento”, lessico plebeo, per perpetuare il silenzio?