ERAVAMO “CHARLIE”, NON SIAMO LARS - NESSUNO SI FILA IL VIGNETTISTA SVEDESE NEL MIRINO DEL KILLER, NÉ PUBBLICA LA SUA VIGNETTA CON MAOMETTO: GIÀ CI SIAMO STUFATI DELLA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE? - LA POLIZIA DANESE ARRESTA DUE PERSONE DOPO GLI ATTENTATI

1. COPENAGHEN: POLIZIA CONFERMA L'ARRESTO DI DUE PERSONE

 (ANSA) - La polizia danese ha confermato questa mattina l'arresto di due persone nella giornata di ieri in relazione al doppio attentato a Copenaghen.

 

 

2. TUTTI CHARLIE MA NON TUTTI LARS VILKS

Cesare Martinetti per “la Stampa

 

attentato a copenhagen   lars vilksattentato a copenhagen lars vilks

Eravamo tutti Charlie. Ma perché non siamo tutti Lars Vilks? Eppure questo vignettista svedese che sabato pomeriggio doveva cadere sotto i colpi di un killer che diceva di sparare nel nome di Allah, era nella lista dei «ricercati» di Al Qaida accanto a quello di Stéphane Charbonnier, «Charb», il direttore di Charlie Hebdo caduto il 7 gennaio della carneficina di Parigi. Eppure Lars era finito in quella lista per la stessa ragione per la quale c’era finito Charb, per le sue vignette su Maometto.

 

Non è morto, a differenza di Charb e degli altri tre di Charlie. I colpi di mitra erano veri, però, e lui s’è salvato perché più fortunato dei suoi colleghi o semplicemente perché il killer era meno organizzato dei micidiali fratelli Kouachi di Parigi. Non ci dovrebbero essere differenze nella valutazione del gesto, nella determinazione dell’obbiettivo e la solidarietà dovrebbe essere uguale.

Copenaghen, sparatoria contro Lars Vilks autore vignette su Maometto  51862c9Copenaghen, sparatoria contro Lars Vilks autore vignette su Maometto 51862c9


E se molti – non tutti – giornali il giorno dopo la sparatoria di Parigi hanno pubblicato alcune – non tutte – le vignette di Charlie Hebdo, perché nessuno ha pubblicato o annunciato di voler pubblicare le vignette, o meglio «la» vignetta di Lars Vilks? Quella vignetta – che La Stampa non pubblicherà – che è valsa a Vilks minacce di morte e una vita sotto scorta, raffigura un cane smagrito e apparentemente pulcioso che invece della testa ha il viso di Maometto. Accanto a lui un cartello avverte: «Islam means human & animal rights», «Islam significa diritti umani e animali». Nella raffigurazione l’animale è Maometto e non bisogna dimenticare che nella tradizione islamica il cane è un animale impuro.


Ecco, veniamo al dunque. Per solidarietà con Charlie Hebdo e per rivendicare i principi della nostra società - diciamo così – «liberal democratica», molti giornali pubblicarono allora le vignette del settimanale francese. Molti, non tutti, per esempio non gli anglosassoni e non gli americani. Non solo. Non tutte le vignette vennero pubblicate, ma una selezione che escludeva – per esempio – le più crude, le più grossolane e le più – diciamo pure – oscene perché Charlie era questo.

Lars Vilks autore vignette su Maometto Lars Vilks autore vignette su Maometto

 

La solidarietà e l’effetto di difesa dei principi venne comunque affermato con fermezza e passione autentica. Come dire: la differenza tra noi e voi è che da noi tutti hanno il diritto di parola e di immagine. È il pubblico che sceglie se leggere o non leggere, guardare o non guardare, divertirsi o irritarsi. Non c’è il Califfo e nemmeno il Papa che abbia il diritto di dire ciò che si pubblica e cosa no. Certo, qualcuno si offenderà, in Francia, per esempio, la blasfemia non è reato. Se ci sono gli estremi per una denuncia, i giudici dei nostri Stati di diritto sono lì apposta per decidere.

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Torniamo a Lars Vilks e alla sua vignetta su Maometto. Perché nessuno ha pensato di pubblicarla per solidarietà col disegnatore svedese? Diamo una risposta non convenzionale: quella vignetta è orrenda, non fa ridere, non contiene satira, non fa discutere, non solleva una riflessione o una discussione. Eppure, per quello stesso principio di solidarietà ribadiamo qui che Lars Vilks aveva diritto di pubblicare il suo brutto disegno. E noi di dire che non ci piace.

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Il punto non è lui, ma siamo noi. Il perbenismo che ha censurato le vignette più crude di Charlie Hebdo sui nostri giornali è quel mal sottile che ci impedisce di vedere fino al fondo le cose e alla fine di sottovalutarle. Secondo un sondaggio pubblicato da Le Monde, più del 60 per cento dei francesi si sente in guerra. Copenaghen e la profanazione delle tombe al cimitero ebraico dell’Alsazia devono farci capire che quella guerra riguarda anche noi.


Twitter @cesmartinetti

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