TELEPASSIVI O INTERNET ATTIVI? - COL WEB, SI ENTRA NELLE STORIE CON TUTTE LE FORME COMUNICATIVE: VOCE, IMMAGINI, SCRITTURA - PER LO SCRITTORE FRANK ROSE “CHI ASCOLTA NON RIMANE UN SOGGETTO PASSIVO, MA SI TUFFA NELLA TRAMA DIVENENDO LUI STESSO UN ELEMENTO ATTIVO, UNA SORTA DI AUTORE. SUCCEDE IN “LOST”, COSÌ COME NELLE PUBBLICAZIONI SU TABLET, DOVE C’È INTERAZIONE TRA LIBRO AUTORE E LETTORE. UNA SPECIE DI GIOCO DI RUOLO”…

Francesco Semprini per "La Stampa"

Il racconto al tempo di Internet trasforma il lettore in autore, abbatte le barriere compartimentali della narrativa più tradizionale, e influenza se stesso grazie a un grande gioco di ruolo che vede nell'interazione multidirezionale la componente più vivace del copione. Il messaggio arriva da Frank Rose, che, partendo dal suo The Art of Immersion, offre una panoramica a tutto tondo sull'evoluzione del modo di fare cultura e spettacolo.

Cosa intende per immersione?
«E' eloquente la scelta del titolo fatta con la casa editrice Codice per la pubblicazione in Italia, ovvero Immersi nelle storie . Ho trascorso dieci anni a studiare le interazioni tra media e tecnologia e mi sono accorto del grande cambiamento in atto, ovvero la rottura delle barriere con cui le storie venivano raccontate».

Intende una rottura degli schemi, ma in quale direzione?
«Il distacco è a 360°, tra realtà e fiction, autori e audience, racconto e gioco. E in questa rottura degli schemi il ruolo centrale è svolto da Internet».

E questo ha cambiato anche il modo di fare narrazione....
«Ogni innovazione comunicativa cambia la struttura e le regole della narrazione, e ogni cambiamento a cui abbiamo assistito ha portato a un grado di coinvolgimento maggiore del destinatario come si è visto con la radio, il cinema e la tv. Grazie ad Internet il processo di interazione è diventato quasi completo, perché il web è un compendio di tutte le forme comunicative, voce, immagini, scrittura.

Inoltre, forte dei tanti meandri di connessione, il web stimola l'impresa partecipativa, ovvero chi ascolta non rimane un soggetto passivo, ma si tuffa nella trama divenendo lui stesso un elemento attivo, una sorta di autore. Questo rappresenta la rottura con la canonicità della narrazione».

Lei parla di cambiamento a tutto tondo, può fare un esempio per la tv?
«Uno degli esempi più nitidi è Lost serie tv definita più volte complicata, non lineare, accusata di lasciare in sospeso troppi aspetti, tale da spingere chi lo guarda a chiedersi non cosa succederà, ma cosa è appena successo.

E' il suo punto di forza perché spinge i telespettatori a convergere nella rete per capire il senso dello show, il messaggio, trovare le spiegazioni che il video ha lasciato in sospeso, scavare nello show per capirne il senso.

In questo un ruolo centrale lo ha avuto "Lostpedia", la Wikipedia della serie, che crea la connessione tra gli spettatori. Una tv del genere prima di Internet era impensabile, come lo era il fatto che l'evoluzione delle storie raccontate sia influenzata dagli spettatori».

Vuol dire che chi guarda può decidere come andrà a finire?
«Talvolta gli autori trovano spunti dai suggerimenti che gli spettatori depositano come copioni sul Web. Ne è un ottimo esempio, nel cinema, The Dark Knight , il secondo capitolo della trilogia di Christopher Nolan che prima dell'uscita del film è riuscito a estendere la produzione su altri media, creando una sorta di puzzle interattivo. Questo ha permesso agli autori di cogliere spunti per i personaggi, in particolare per il Joker».

A proposito di Dark Knight , la strage alla prima del terzo episodio non pone il rischio letale di eccessiva immersione?
«Episodi del genere accadevano anche prima di Internet. Si tratta di forme degenerative che dipendono da follie individuali o malesseri diffusi comuni a tempi diversi».

A proposito di narrativa, l'immersione è anche nella scrittura?
«Senza dubbio i racconti di John Lanchester sul cambiamento sociale di Pepsy Road a Londra, o alcune storie di Anthony Zuiker, il creatore della serie Csi ne sono un esempio. Si tratta di scritti che contengono al loro interno indicazioni per andare sul web e avviare un'interazione tra libro, autore e lettore che oggi con tablet e app sta diventando ancora più incisiva. Una sorta di moderno gioco di ruolo».

E' un po' lo stesso principio dell'informazione digitale?
«Ci sono delle affinità, basti vedere le iniziative del Guardian in questo senso con la sua piattaforma di giornalismo aperto , ma mi sembra anche La Stampa con Hangover è una forma di immersion. Questo non indica un'abdicazione della responsabilità degli editori, solo una maggiore partnership coi lettori».

I duri e puri temono una perdita di identità, finanche una dittatura del Web...
«Non credo, il web è una voce pluralista ma avrò modo di parlarne ancora».

Ci sarà un sequel di Art of Immersion ?
«Mi sono rimesso al lavoro, questa volta sarò io ad immergermi, per capire l'interazione tra digitale e fisicità».

 

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