KAFKA-RAI, DI TUTTO E DI PIU' – METTI BISIGNANI A VIALE MAZZINI, TRA "MOBILITY MANAGER" E "CONNECTED COMPANY", RIUNIONI CLANDESTINE AL BAR E STANZE BLINDATE – LA MISSIONE IMPOSSIBILE DI CAMPOSANTO DALL’ORTO SCHIACCIATO DALLA BUROCRAZIA RAI
Luigi Bisignani per Il Tempo
La «connected company» o il «mobility manager»: è questo il drammatico dilemma in cui si arrovella Antonio Campo Dall'Orto, il neo dg della Rai mentre passa nervosamente le mani tra i suoi bei capelli appena brizzolati, che gli conferiscono un'aria rassicurante, a metà fra un giovane Alain Delon e un putto di Giotto.
CDA RAI GUBITOSI MAGGIONI CONSIGLIO AMMINISTRAZIONE VIALE MAZZINI BORIONI
Ma ancora non si da una risposta. Tormenta gli occhiali, con quella montatura rossa che fa un po' dandy, ma non riesce proprio a districarsi nella giungla di procedure, moduli e protocolli che il suo predecessore Luigi Gubitosi, una delle scelte civiche più indovinate di Mario Monti, gli ha lasciato in dote. E nemmeno sa come dire al suo padrino, Matteo Renzi, che ammodernare la Rai e liberarla dalla burocrazia, gli sembra una missione quasi impossibile, tanto quanto liberarla da modelli produttivi superatissimi.
Come fosse un militare in Afghanistan, il premier Renzi l'ha spedito a viale Mazzini con regole d'ingaggio ben precise: guardare al futuro, all'Italia che cresce che si muove attorno al mondo digitale di domani.
E Dall'Orto, instancabile cinquantenne veneto e non toscano, un'aria accattivante e modi suadenti, ci crede, fermamente.
Il nuovo dg, con una esperienza in strutture agili come Mtv e La7, ha scoperto che la Rai segue regole astruse nel nome della trasparenza e si è reso conto che difficilmente riuscirà a portare avanti, come ripete spesso, processi sociali attraverso l'innovazione e lo sviluppo inclusivo, ispirandosi al motto di Expo Dubai 2020: «Connecting minds, creating the future» (Connettere menti, creare il futuro).
Appena arrivato, Campo Dall’Orto ha chiesto chi è il manager per le nuove tecnologie e gli hanno fatto capire che un uomo chiave è invece il «mobility manager». E chi sarà mai il «mobility manager»? E che fa il «mobility manager»? Per ora, ad esempio, ha inventato il tesserino per le biciclette. Se un dipendente Rai ha una bicicletta deve avere, oltre al suo tesserino, anche quello per la bici, con tanto di matricola collegata.
CAMPO DALL'ORTO GIUSEPPE FIORELLO RIZZO NERVO 06
Il suo equivalente nella complessa gestione della modulistica si occupa invece degli uffici. E qui siamo al paradosso. Stanze vuote e chiuse a chiave, corridoi deserti. Mentre registi senza studio, autori interni Rai senza programmi e inviati senza trasferte sono costretti a riunioni semi-clandestine nei bar della stazione di Saxa Rubra o da Settembrini o da Vanni, nel quartiere Prati, perché il manager della modulistica, una specie di San Pietro, non riesce mai a trovare la chiave giusta per aprire porte, magari chiuse da anni.
mattarella maggioni campo dall orto
Sulle stanze e gli uffici Rai c'è una letteratura fiorente, che si rifà ad un vecchio e molto capace dirigente, Gianfranco Comanducci, che ne ha fatto il suo punto di maggior guerra psicologica, arricchendo tanti psicoanalisti romani cui si rivolgevano per le cure gli uomini Rai con la «sindrome degli spazi».
Di che sindrome si tratta, visto che in Rai da mattina a sera si parla solo di omicidi e delitti? Se tu hai una pianta, un divanetto e una finestra sei su nelle quotazioni. Se, invece, finisci senza pianta, finestra e divanetto, e magari pure vicino ai bagni sei giù, e devi andare in analisi o cercarti l'appoggio almeno di un viceministro che ti faccia ridare un cactus o un bonsai o quantomeno due moduli in più. Per chi non lo sapesse il modulo è l'unità di misura del potere in Rai, altro che cyber spazio!
Dopo un simpatico blitz di Luigi Gubitosi, alle 5,54 di un famoso mattino, come fosse un caporale di ronda, che ovviamente non ha trovato nessuno nei posti di comando (vice direttori, redattori capo solitamente seguono da casa le trasmissioni del primo mattino e della notte perché è più comodo) è scattato un controllo poliziesco agli ingressi principali.
Ma in compenso c'è una folla di dipendenti semi-sconosciuta che ha uffici in piccoli appartamenti sparsi per Roma. Lì si può benissimo fingere di arrivare e fingere di uscire in qualsiasi momento o ancora viverci, come se fosse una garçonniere.
In questi appartamenti, però, almeno i redattori non lavorano con l'incubo, oltre che degli orari, anche delle stampanti. Pare che, al grido di «alt agli sprechi» Luigi Gubitosi abbia speso una cifra considerevole per ottimizzare il servizio: stampanti ultramoderne collegate solo in punti strategici per evitare sprechi di carta.
In migliaia vagano per i corridoi e per i piani alla ricerca della super stampante giusta, che grazie a dei super collegamenti wi-fi più delle volte si inceppa. C'è chi sussurra che quello delle stampanti centralizzate è stato solo un modo per poter in qualsiasi momento controllare ogni singolo dipendente e magari trovarlo in fallo, fargli una contestazione formale e poi cacciarlo perché ha stampato una ricerca per il figlio.
Perché se è vero che Gubitosi è stato il direttore generale che negli ultimi 15 anni ha fatto entrare più esterni in Rai, è anche vero che è quello che ha iniziato una vera purga staliniana, soprattutto nei confronti dei giornalisti. Nella veste di spietati esecutori, due persone chiave: il capo del personale, Valerio Fiorespino, e quello dell’ufficio legale, Salvatore Lo Giudice. Li chiamano «epurator» e sono riusciti perfino ad accanirsi contro Lorenza Lei, ex dg e Presidente della Sipra, a cui per molti motivi devono la vita.
Gubitosi ha lasciato una Rai piena di moduli e procedure. Talmente complesse che i giornalisti si lamentano, anche perché il più delle volte gli uffici che devono autorizzare le trasferte degli inviati e delle troupe fanno orari d’ufficio, chiudono il venerdì e riaprono il lunedì.
Altro esempio: un giornalista della Radio che deve partire di corsa come inviato in un altro paese deve avere il benestare scritto, con tanto di moduli, dal corrispondente locale che, felice di non fare il servizio, deve però giustificare per iscritto il motivo reale del diniego. E se invece è un inviato in zona di guerra meglio pagare profumatamente il sevizio di un free lance perché l’autorizzazione arriverà a conflitto finito .
Ma tutte queste regole hanno favorito l’efficienza e la trasparenza della Rai? Sembra proprio di no, visto che sempre più programmi e servizi vengono appaltati all'esterno. L'elenco sarebbe troppo lungo.
Chissà se per rendere più semplice la vita degli inviati la Presidente Monica Maggioni, con grande passato riuscirà a far passare un principio che ha introdotto nel suo precedente incarico di direttore di Rainews 24: dotare e rendere autonomo ogni giornalista con un super zainetto attrezzato per ogni evenienza?
Campo Dall'Orto ci sta seriamente pensando, perché con la Maggioni, al di là delle chiacchiere, ha stretto una forte intesa. Certamente chiederà un parere ai «mobility manager» e agli «epurator», sempre se deciderà di conservarli ai loro posti o a Roberto Rao un casiniano che sta cercando di far entrare per ridimensionare Costanza Esclapon una delle favorite del vecchio dg.