
L’ALMERIA DEI GIUSTI - PISTOLERI, COW-BOY E CASCATORI A ROMA PER DIRE “ADIOS GRINGO” A GEMMA - ROBERT WOODS RACCONTA: “QUANDO PRENDEVO A PUGNI ROBERT MITCHUM IN VIA VENETO”
Video di Veronica Del Soldà per Dagospia
Marco Giusti per Dagospia
Cronache dell'Almeria, terza e ultima puntata.
"E' morto come Jimmy Dean", mi dice Ursula Andress stamane al funerale di Giuliano Gemma, in mezzo a una folla commossa di amici mentre la bara di Ringo esce sulle note della canzone dei titoli di testa di "Una pistola per Ringo", cioe' "Angel Face". E' un momento di grande commozione per tutti. C'erano tutti, da Franco Nero a Fabio Testi, da Bud Spencer a George Hilton, dai fratelli Dell'Acqua a Neno Zamperla a decine e decine di attori e cascatori.
Nessun attore di western italiano e' stato popolare e amato come Giuliano Gemma. Soprattutto dai suoi stessi colleghi. Perche' veniva dal basso, dalle cadute, le comparsate. In qualche modo li rappresentava tutti. E il successo di Ringo era visto come il loro stesso successo, il trionfo di chi veniva dal basso. "Era uno vero, uno di noi", dice giustamente la figlia Vera. "Adios, Gringo" leggiamo su una corona proveniente dalle borgate.
Come se Gringo e le borgate romane, alla fine, facessero parte dello stesso mondo. Riconosco anche Piero Morgia, il Pio di "Accatone" di Pier Paolo Pasolini e il Piero di "Mamma Roma", che con Gemma fece "Arizona Colt" di Michele Lupo. Non poteva finire meglio il nostro viaggio in Almeria. Con la celebrazione di uno dei suoi massimi eroi.
Siamo tornati solo due sere fa. E, alla fine, proprio l'altroieri, c'eravamo passati dalla Tucumcari di Sergio Leone, cioe' da quel che resta della vecchia Estation de La Calahorra, al centro di una pianura incredibile dove il regista giro' pure "C'era una volta il West".
Sul muro della stazione qualcuno ha scritto in rosso Viva Leone, altri frasi poetiche sui suoi film. E' come se ancora, dopo cinquant'anni, qualcosa fosse rimasto in questi posti, un'idea di cinema difficile da cancellare nella memoria di chi l'ha vissuta in prima persona e in chi l'ha vissuta da piccolo spettatore. A lungo, qualche giorno fa, avevamo cercato nella ramblas di Tabernas con Lucio Rosato, ultimo rimasto della banda Duncan, il grande set delle prime scene di "Navajo Joe", girato da Sergio Corbucci tra qui e Guadix.
Chi le riconosce piu'? Anche Monica Randall, che giro' da queste parti "Gli eroi del West" di Steno, tra i primi titoli del genere, ricorda un canyon gigantesco che ora non ritrova piu'. Ci imbattiamo perfino in un set di "Scalps" di Bruno Mattei, tardissimo western anni '70. Come i vecchi ragazzi vedono uno spettacolo di stuntmen vengono presi dalla voglia di rimontare a cavallo anche loro. Robert Woods trova perfino un cavallo giusto per la sua altezza. L'ultima sera prima di partire, mi racconta delle scazzottate per Via Veneto col suo amico Robert Mitchum.
"L'ultimo pugno pero' l'ho dato io", mi dice. Mitchum si infuocava solo se uno lo riconosceva. Bei tempi. Come quando Jimmy Coburn gli lascio' in regalo, sotto una pianta dell'Hilton a Roma, un bel pacco di roba da fumare che aveva portato dalla Spagna. "Era James Coburn, chi lo fermava alla frontiera? Non come Ty Hardin che si fece sei mesi per spaccio nelle carceri spagnole. Ma la trasportava dentro un pullmino dipinto da hippy. Come potevano non fermarlo?".
Robert ha fatto tutto un film fumato e sotto acido, il geniale "El Puro", amato da tutti i fan, diretto da Eduardo Mulargia, ma in realta' tutto scritto da lui. Qua, nel deserto, e' come se fosse tornato a rivivere quei tempi, come quando giocava a Gin Rummy con Telly Savalas. Lo ascolterei per ore e ore. E qualcosa lega le sue storie ai ricordi dei tanti spagnoli che ho incontrato qui e a quelli dei pistoleri che sono venuti a dare l'ultimo saluto a Ringo a Piazza del Popolo.








