IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - INTELLIGENTE, ONESTO, MAI COMPIACIUTO, A COSTO DI DIVENTARE RUVIDO SE NON SCOSTANTE, IL CINEMA DI MAZZACURATI È COSÌ

Marco Giusti per Dagospia

Una delle cose che mi sono piaciute di più degli ultimi film di Carlo Mazzacurati, che ci ha lasciati troppo presto a 57 anni dopo una inesorabile malattia, è l'inizio di "La giusta distanza", un bellissimo, civilissimo film che ha presentato al Festival di Roma nel 2007. Vediamo dall'alto la bassa padana, la campagna, le piccole città, le persone che la abitano.

Probabilmente dalla giusta distanza, come spiega lo stesso titolo. Ecco, quasi tutto il cinema di Mazzacurati, intelligente, onesto, mai compiaciuto, privo di qualsiasi cosa potesse sembrare troppo facile, troppo accattivante a costo di diventare ruvido se non scostante, è così. Ogni problema, ogni personaggio, ogni storia sembra come che abbia il bisogno di essere inquadrato o tendere a essere inquadrato da una giusta distanza. Non solo morale.

Distanza che è ovviamente quella del regista, ma è anche quella che dovrebbe avere lo spettatore per osservare bene il racconto. Tutti i personaggi dei suoi film, piccoli e grandi, spesso sbandati o in crisi, sono avvolti da questo sguardo giusto e equilibrato. Da quelli de "Il Toro", uno dei suoi film più famosi con Diego Abatantuono e Roberto Citran, che vinse il Leone d'Argento a Venezia nel 1994 a quelli che popolano il meno drammatico "La passione" nel 2004.

Nato a Padova e cineclubbaro, e quindi ovviamente amico e allievo di Piero Tortolina, che ha formato un'intera generazione di cineasti e cinefili, me compreso, Carlo Mazzacurati, dopo il primo corto autoprodotto in 16 mm, "Vagabondi", si sposta a Roma e entra presto in amicizia con Nanni Moretti.

Un po' di più, anzi, visto che nel 1987, con "Notte italiana", scritto assieme a Franco Bernini e girato interamente a Padova e nel padovano, ha l'onore di diventare il primo regista lanciato e prodotto dalla Sacher Film, la società di produzione formata da Moretti e dal suo socio Angelo Barbagallo.

Anche quando i due produttori si separeranno, Mazzacurati rimarrà amico di entrambi, attore nei film del primo, come "Il caimano", e regista di film prodotto dal secondo, fino all'ultimissimo, che deve ancora uscire, "La sedia della felicità", con Valerio Mastandrea e Isabella Ragonese, che diceva di aver girato pensando agli insegnamenti cinematografici del suo vecchio amico Tortolina, anche lui da poco scomparso.

In quasi tutti suoi film, di solito scritti o con Franco Bernini o con Umberto Contarello, Mazzacurati mette in scena personaggi in fuga, o instabile, alla ricerca di un proprio centro, da soli o assieme a altri. Il suo è un cinema non solo fortemente d'autore, e più interessato a trattare la provincia, i paesi piccoli, i personaggi emarginati, ma anche poco interessato a allargarsi a un pubblico più popolare.

Anche i suoi film che partono da soggetti non originali, come "Il prete bello", tratto dal romanzo di Parise, o "La lingua del Santo", remake di "A cavallo della tigre" di Luigi Comencini, sono impostati nella medesima direzione. I suoi più riusciti, come "Un'altra vita", "Vesna va veloce", "Il toro", ci parlano di una generazione in fuga, senza una centralità, di solitudini che si incontrano.

Mazzacurati ha diretto gran parte dei maggiori attori italiani, come Antonio Albanese e Fabrizio Bentivoglio in "La lingua del Santo", Stefano Accorsi e Maya Sansa in "L'amore ritrovato", Silvio Orlando, Giuseppe Battiston e Corrado Guzzanti in "La passione", Diego Abatantuono in "Il toro", ma è sempre stato molto legato ai suoi primi attori, Marco Messeri, protagonista di "Notte italiana", ad esempio, e Roberto Citran, protagonista de "Il prete bello", che lo seguiranno in gran parte dei suoi film. Ha anche girato tre bellissimi documentari su letterati del 900, Andrea Zanzotto, Luigi meneghello e Mario Rigoni Stern.

Già malato è riuscita a girare e portare al Festival di Torino il suo ultimo film, "La sedia della felicità", tratto dal celebre romanzo "Le dodici sedie" di Ilf e Petrov che ha avuto molte versioni cinematografiche (tra queste "Il mistero delle dodici sedie" di Mel Brooks" e "Una su 13" di Nicholas Gessner), addirittura una commedia, che dovrebbe uscire in sala il prossimo aprile.

Mazzacurati è stato un autore di punta di un cinema italiano serio e rigoroso, un tempo avremmo scritto morettiano, ma non era solo così, che non sempre ha trovato il successo di pubblico, e magari neppure lo ha mai cercato. Certo, ha portato avanti fino alla fine con coerenza e caparbietà la sua personale idea sul cinema e sulla nostra società. In questi anni pieni di inutili commedie ambientate in un paese dove c'è ben poco da ridere non era poco.

 

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