IL LAVORO SALVA L’AMORE – UNA VOLTA A CASA, LE STORIE SI SCONTRANO CON LA VITA PRATICA: TI RIFIUTI DI CAMBIARE UNA LAMPADINA? ALLORA VUOL DIRE CHE SEI UNO STRONZO

Annalena Benini per "Il Foglio"

In bagno la sera ci si lavano i denti al buio da una settimana: la lampadina è saltata e nessuno la cambia. Si attende il ritorno del padre pendolare, che dovrà occuparsene nel fine settimana, insieme ad alcune altre cosette: l'anta dell'armadio fa un rumore insopportabile, ci pensi tu vero, questo comodino Ikea lo montano anche i bambini, ci pensi tu vero, dalla doccia esce un solo potentissimo getto d'acqua in diagonale che va a piantarsi sullo specchio di fronte, devi pensarci tu, magari domenica. E la maniglia: mi è rimasta in mano la maniglia della porta di casa, pensaci tu, però attento che bisogna far combaciare le viti.

Un uomo si può dimenticare, può inventare scuse, fingere un malore, ma difficilmente dirà: non sono capace. Costretto al fai da te della domenica non soltanto dalle pressioni psicologiche famigliari, ma anche da un vago senso di orgoglio per la propria manualità, l'uomo mediamente imbranato vive ogni atto pratico, anche minimo, come un gesto eroico.

Purtroppo non permanente, come ha raccontato sul Guardian un giornalista che ha aggiustato il lampadario penzolante della cucina, rompendo però il fondamentale porta lampadina: così adesso il lampadario è più saldo di prima, ma spesso, di solito all'ora di cena, la lampadina cade e si frantuma sul tavolo della cucina, seminando vetri dentro le patate appena sbucciate.

Succede con i cassetti che escono dalle guide, succede con le mensole per i libri e con il lavandino che gocciola: gesti primari di quotidiana manutenzione prendono la forma di prodezze ed entrano a far parte dei ricordi di famiglia, diventano lo spettacolo della virilità, intaccata dallo specchio che scivola giù dieci minuti dopo che è stato montato. Ma pochi hanno la forza interiore di dire: non ho mai giocato con il Meccano, non so piantare un chiodo, l'ultima volta è crollato il tramezzo, lasciami in pace ti prego, chiamiamo qualcuno.

I matrimoni, le relazioni, perfino le storie clandestine a un certo punto si trovano di fronte alla prova della manualità: mentre scappi dalla porta sul retro potresti per favore dare un'occhiata alla caldaia? Le relazioni ne risentono, perché il rifiuto di occuparsi della vita pratica è percepito come un mancato atto d'amore (se non ti importa di questi fili scoperti che pendono dal soffitto significa che non ti importa di me), ma soprattutto, in caso invece di volontario martirio manuale, ne risentono gli oggetti, le case, le caldaie.

Una di queste, nei giorni in cui è arrivato un po' di freddo, sembrava non funzionare più. Il termostato mostrava una scritta allarmante, mai vista prima: OFF. Che cosa può essere, pensaci tu. La caldaia è stata spenta, accesa, smontata, studiata in tedesco, la temperatura alzata, abbassata, tutti i pulsanti esistenti sono stati spinti e si è anche tentato di ottenere risultati con il vecchio metodo dei fiammiferi, provocando il falò di tutti i documenti della caldaia. Questo OFF è veramente strano, bisognerà cambiare tutto vedrai, ci metteranno mesi, dovremo scaldarci con la stufa elettrica della zia di Checco Zalone.

Finalmente, quando il fai da te non funziona, resta l'unica, liberatoria soluzione: telefonare al caldaista, all'idraulico, al fabbro, e arrendersi. "C'è scritto OFF, ho fatto di tutto, credo sia da buttare". "Le consiglio di cambiare le pile del termostato prima di farsi prendere dal panico". "Ah". Una volta accettata la complessità del reale, ci si può anche inventare di avere, eroicamente, aggiustato la caldaia.

 

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