BERLUSCONI È ALL’ANGOLO: RE GIORGIO NON INTENDE DARE LA GRAZIA, I SONDAGGI DANNO “FARSA ITALIA” SOTTO IL 20% E LO SPETTRO DEI DOMICILIARI ALEGGIA SU ARCORE ED È COSTRETTO DA VERDINI E LETTA ALLA NON BELLIGERANZA CON RENZI

Ugo Magri per ‘La Stampa'

Per ricevere conferma che (almeno nell'immediato) il Cavaliere non farà scherzi, e in particolare eviterà di rovesciare il tavolo delle riforme, Renzi ha dovuto attendere l'ora di pranzo, quando da lui si sono presentati in coppia Verdini e Gianni Letta nella loro veste di carabinieri berlusconiani. I due a loro volta erano reduci da un faticosissimo colloquio col «principale», e insomma recavano al premier notizie fresche.

Le notizie sono sinteticamente queste: il treno delle riforme procede, sebbene la sera prima Berlusconi fosse sceso dal Colle «incavolato come un picchio» (rivela fonte super-attendibile). Napolitano era stato ad ascoltare i suoi sfoghi sulla condanna ingiusta, sulla pena che mortifica un uomo di Stato, sull'umiliazione di essere affidato ai servizi sociali eccetera, senza minimamente battere ciglio.

«Un muro di gomma», è come Silvio ha raccontato poi l'atteggiamento del Presidente. Non che Berlusconi gli abbia chiesto espressamente la grazia: pare si sia limitato a rivendicare i propri meriti passati presenti e futuri, sottintendendo che andrebbero contraccambiati con un atto di altrettanta generosità nei suoi confronti (e chi vuole intendere, intenda).

Però Napolitano non gli ha dato corda, consigliandogli al massimo quello che già aveva suggerito pubblicamente lo scorso anno, cioè di distaccarsi dalla vita pubblica e di comportarsi con grande sobrietà, in modo da creare le condizioni per un eventuale provvedimento di clemenza che comunque, questo è sicuro, non potrebbe maturare nelle prossime ore. «Ne mancano le condizioni politiche», è stato il succo della riflessione presidenziale.

Dunque Berlusconi sulle prime non l'ha presa bene. Tanto che ieri mattina s'è fatto vivo con un autorevole senatore del suo partito per spingerlo a infilare qualche bastone tra le ruote delle riforme, in particolare a quella del Senato, dove oltre metà del gruppo forzista è pronto a firmare una proposta di Minzolini che fa a pugni con quella governativa. La notte aveva ingigantito gli incubi di Berlusconi, «non ho chiuso occhio» s'è confidato verso mezzogiorno con un amico: e non si sa se sia stata colpa del colloquio «duro e sincero» con Napolitano, oppure di un ginocchio dolorante.

Finché da lui, subodorando il peggio, si sono precipitati tra gli altri il consigliere politico Toti, l'avvocato Ghedini, più i due che avevano già da giorni appuntamento con Renzi e volevano sapere «che si fa? andiamo o non andiamo a Palazzo Chigi?».

Gli hanno fatto notare che, mandando all'aria le riforme, il primo a rimetterci sarebbe stato lui dal momento che Renzi avrebbe marciato lo stesso con una maggioranza risicata, per farsi poi approvare la nuova Costituzione a furor di popolo tramite un referendum confermativo. E così, finalmente, la ragione ha preso il sopravvento sulla «pancia» del Cavaliere. «D'accordo, andate pure da Renzi a trattare sul Senato e sul resto», ha detto sospirando a Letta e a Verdini.

Intanto i sondaggi di Forza Italia precipitano sotto il 20 per cento. «Lo so, e dipende dal fatto che io non posso andare in televisione a sfogarmi», è la spiegazione offerta a un visitatore allibito, «ma mandarci altri è inutile, tanto che stiamo come stiamo...».

 

 

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