“BASTA BIZZE, BIMBOMINKIA” - CON UN TWEET PER RENZI, GASPARRI RISPONDE ALLA BOCCIATURA DELLA BARIATTI, CANDIDATA DI FORZA ITALIA. MA SILVIO PLACA TUTTI: NON TEMO L’ASSE DEL PD CON I GRILLINI
Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”
«Presidente, alla Bariatti sono mancati anche i voti di qualcuno dei nostri. In alcuni casi s’è trattato del maltempo, come nel caso della Gelmini che è dovuta correre a Milano. In altri, probabilmente, il maltempo c’entra poco…». Alle 17 in punto, quando la bocciatura della candidata forzista alla Consulta s’è consumata già da quaranta minuti, il report telefonico trasmesso da Montecitorio a Palazzo Grazioli è votato alla massima prudenza.
Allarme sì, visto che un patto tra Pd e Cinquestelle ha prodotto per la prima volta un risultato concreto. Allarme rosso ancora no, dato che – almeno ufficialmente – da Forza Italia predicano cautela.
Eppure, il voto sui giudici della Corte Costituzionale rischia di produrre degli effetti collaterali anche sulla delicata partita della legge elettorale. Effetti che riguardano proprio la tenuta di Forza Italia. Sarà un caso ma, a pochi minuti dalla bocciatura della Bariatti, Maurizio Gasparri prende il telefonino e twitta 140 caratteri al vetriolo diretti a Renzi. «Premio di lista non lo votiamo. Patto? Sul testo votato alla Camera».
Al periodo mancano due articoli determinativi, perché il vicepresidente del Senato risparmia lo spazio per un hashtag – diretto all’inquilino di Palazzo Chigi – che si ferma a cinque caratteri dall’attacco frontale. #BastaBizzeBimbom…». Ed è nulla se si considera che il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, ha passato la giornata a ripubblicare messaggi del suo Mattinale tipo «Diciamo no ai ricatti di Renzi» e «Scopriamo il bluff di Renzi». Senza dimenticare che, sulla tenuta di Forza Italia, pesano come un macigno i 32 parlamentari (di cui ben 17 senatori) ufficialmente iscritti all’area che fa riferimento a Raffaele Fitto.
raffaele fitto silvio berlusconi
Di fronte a uno scenario dominato dai più oscuri presagi, però, Berlusconi insiste nella richiesta di tempi supplementari. «Credo ancora nel patto del Nazareno», ha risposto l’altra sera a cena. Fosse per lui, la partita sul nuovo Italicum sarebbe forse già chiusa. Ma c’è da fare i conti con un partito che pare in rivolta. E, soprattutto, con l’incubo che subentri una corsia privilegiata tra Pd e i Cinquestelle.
Eppure quando gli comunicano dell’ultimatum della Boschi, il Cavaliere – di fronte ai suoi – si abbandona a un sorriso. «Non ho paura dell’accordo tra Renzi e i grillini». D’altronde, è il ragionamento berlusconiano, «il presidente del Consiglio ricorderà benissimo la fine che ha fatto Bersani quando provò a fare un accordo con loro e non con me…». E quando Verdini avrebbe fatto notare al gotha forzista che «il premier potrebbe cercare la maggioranza sull’Italicum coi transfughi del M5S al Senato», l’ex Cavaliere ha fatto spallucce. Come a dire, «è un bluff».
È possibile che i due, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, si sentano al telefono domenica per verificare se ci sono passi in avanti. «Noi collaboriamo con il presidente del Consiglio alle riforme più urgenti, quelle che ci chiede anche l’Europa. Ma sulla ricetta economica del governo siamo all’opposizione», ha spiegato il Cavaliere a Manfred Weber, capogruppo del Partito popolare europeo a Bruxelles, che oltre ad aver pranzato con lui per tre ore di fila, ha approfittato del suo soggiorno romano per vedere anche il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin.
Il tutto mentre nei confini azzurri si moltiplicano i messaggi in codice rivolti a Palazzo Chigi. «Sul patto con Renzi non tutto è perduto», s’è lasciata scappare ieri Maria Rosaria Rossi alla Camera. Mentre Giovanni Toti, un altro della cerchia ristretta, sostiene che «per nove volte abbiamo accolto proposte di modifica del partito democratico senza avanzarne, sulla decima devono ascoltare anche noi».
MATTEO RENZI E DENIS VERDINI
Paolo Romani Renato Brunetta Matteo Salvini Giovanni Toti foto Lapresse
Dietro le quinte non c’è solo l’accordo da sottoscrivere con l’inquilino di Palazzo Chigi. Ma anche un cambio della guardia nella squadra dei «negoziatori». Paolo Romani, infatti, si prepara a sostituire Denis Verdini nel ruolo di ambasciatore. Una scelta che sarebbe stata concordata anche col senatore toscano, che con il capogruppo al Senato ha da sempre buonissimi rapporti.