GRILLUSCONI? - A ME SEMBRA ‘NA STRONZATA MA A MOLTI, DA FERRARA A CECCARELLI, GRILLO SEMBRA UNA SORTA DI BERLUSCONI 2.0 (OVVIAMENTE NELLE FORME, NELLE RAPPRESENTAZIONI, NON CERTO SUL PIANO DEI CONTENUTI) - BEPPE È UN COMICO DI PROFESSIONE E IL POMPETTA LO È DI VOCAZIONE, ENTRAMBI SANNO COMUNICARE, PARLANO ALLA PANCIA E DANNO AL PUBBLICO L’IMPRESSIONE DI CONTRAPPORSI AL SISTEMA - IL BANANA STA ALLA TV COME GRILLO STA AL WEB…

1- LE ANALOGIE TRA GRILLO E BERLUSCONI VISTE ANCHE DA DESTRA
Da "la Repubblica"

Il Cavaliere apprezza molto l'attore sul piano comunicativo, per esempio. E dichiara di osservarlo da tempo con grande interesse. Il coordinatore del Pdl lombardo Mantovani ha persino affermato: "Grillo mi ricorda il Berlusconi del ‘94". Anche Giuliano Ferrara li ha trovati somiglianti nell'esigenza di cambiare identità, mestiere, esistenza, insomma tutto.

2- TRA MODELLO TELE-POPULISTA E USO POLITICO DELL´UMORISMO VITE PARALLELE DI BEPPE E SILVIO
Filippo Ceccarelli per "la Repubblica"

E adesso non è per assecondare la mania; non è più tempo, oltretutto, di imputare a Silvio Berlusconi, sempre e comunque, tutto ciò che accade in Italia. E però.

Però, con il necessario distacco, e un filo di sorpresa per gli esiti beffardi che riserva la cronaca elettorale, è certo possibile ipotizzare e in qualche modo anche sostenere che la vittoria di Beppe Grillo se l´è chiamata proprio lui, il Cavaliere, pardòn lo «Psiconano», e per giunta in ideale e funzionale continuità. Detta altrimenti: nessuno più di lui gli ha preparato il terreno, e con il miglior concime possibile.

Aspettino un attimo, i grillini, prima di indignarsi. Idee, passioni, speranze e programmi del M5S non c´entrano nulla con Berlusconi. Ma sappiano anche che l´ex premier, sia pure con quel tanto di vampiresco tipico degli uomini di potere, si guarda bene dal demonizzare Grillo. Tutt´altro. Lo conosce da una vita, è da un po´ che lo studia e in privato dice anche di apprezzarne la «lezione», soprattutto sul piano comunicativo, su cui peraltro lui non si può considerare un principiante.

Alcuni dei suoi vanno oltre: tra i primi ha osato il paragone il direttore del Giornale Sallusti; mentre il coordinatore del Pdl lombardo Mantovani (per capirsi: quello che da sindaco ha dedicato un monumento a Mamma Rosa) l´ha detto chiaro e tondo: «Grillo mi ricorda il Berlusconi del ‘94».

Giulianone Ferrara è più problematico, ma l´altro giorno ha scritto un´analisi molto sottile e convincente sul fatto che entrambi, l´Attore e il Cavaliere, sentono il bisogno di combattere la noia e quindi di cambiare identità, mestiere, esistenza, insomma tutto.

E però la faccenda è anche ben politica. E dice che Grillo non farebbe così paura se l´Italia non uscisse proprio adesso da quella che il senatore-professore Quagliariello, con intenti cerimoniosi, designò a suo tempo come «l´età berlusconiana». Nella storia del potere, in effetti, non mancano mai gli apprendisti stregoni. E per tornare all´oggi si tende a dimenticare che Beppe Grillo è un professionista dello spettacolo, e ancor più un comico.

Ecco. Con tutto che pure questo può suonare per tutti come uno scomodo ricordo, mai come dinanzi al trionfo grillino torna in mente l´immane, incredibile quantità di battute, battutine, scene, scenette, barzellette, vocette, e scherzetti, doppi sensi, imitazioni, mimi, cucù di cui si è nutrita la vita pubblica nella suddetta età - senza contare il contributo di Bossi e della commedia eroicomica padana.

Ora, il potere del giullare viene da lontano e se in tempi di riemersioni arcaiche ritorna con i dovuti aggiornamenti, vorrà pure dire qualcosa. Ma è sicuro e si può documentare che ridere e far ridere è stata per l´ex presidente del Consiglio un´occupazione terribilmente seria. La cifra e il segreto che rendevano Berlusconi unico e inconfondibile. C´è un libro assai convincente, Il re che ride di Simone Barillari (Marsilio, 2010) che in maniera abbastanza neutrale mette a fuoco la comicità del Cavaliere per concludere che si tratta di un sistema usato per lanciare messaggi e costruire il senso e il consenso. Uno strumento di dominio, insomma, ma anche un mezzo di sottomissione.

Vale la pena di ripeterlo: la politica è fatta di interessi reali, e Grillo non è Berlusconi. Ma se sul piano dei contenuti i due restano inconciliabili, su quello delle forme, dei simboli, delle rappresentazioni e di tutto quanto fermenta nel pentolone dell´immaginario, hanno parecchio in comune. Anche troppo. Un approdo da autodidatti della politica. Un partito personale. Un evoluto modello carismatico. Un afflato populista, anzi tele-populista. Un che di ribaldo, di piratesco, di sovversivo addirittura, che consente al grande pubblico indifeso di identificarli come personaggi che hanno dichiarato guerra al sistema.

L´uso dell´umorismo investe ovviamente il linguaggio: ma è esattamente la loro padronanza a rendere sia Grillo che Berlusconi del tutto invulnerabili dinanzi all´arma del ridicolo. Con il che possono dire qualsiasi cosa e sostenere qualsiasi sguardo. Inoltre entrambi parlano facile, somministrano volgarità, si rivolgono alla pancia, si esprimono con il loro stesso corpo, cambiano costume di scena e la loro migliore virtù consiste nell´abilità di riscaldare l´atmosfera, non di rado suscitando meraviglia. Più che soluzioni, del resto, sollecitano emozioni.

In qualche modo si può pensare che Berlusconi ha seminato ciò che Grillo si appresta a raccogliere nello stesso campo. Eppure, più che una somiglianza, l´impressione è che si tratti di un superamento. Ma qui c´entra la tecnologia, molto più forte di qualunque potente. Grosso modo, ogni epoca ha il suo mezzo di comunicazione che a sua volta seleziona leader e sagoma modelli di potere. Il Cavaliere è padre e figlio della televisione; il Comico ha la stessa complicata parentela con la rete. Uno è verticale, ma in uscita; l´altro orizzontale, in entrata. In questi casi si spera in un miglioramento, ma poi bisogna sempre vedere.

 

 

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